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Piccola storia di regime

Publie le venerdì 28 maggio 2010 par Open-Publishing

Il Direttore dell’Ufficio scolastico regionale dell’Emilia Romagna ha inviato una circolare a tutti i dirigenti provinciali delle scuole, esortandoli ad "astenersi da dichiarazioni o enunciazioni che in qualche modo possano ledere l’immagine dell’amministrazione pubblica". hiarazioni o enunciazioni che in qualche modo possano ledere l’immagine dell’amministrazione pubblica".

Questa circolare, che all’interno del sistema scolastico, suona come un diktat, è anticostituzionale e fascista.
E’ contro i principi stessi su cui in uno stato democratico deve fondarsi una scuola democratica e che sono la verità, la libertà di espressione, la scelta critica e informata, la dignità della persona, il suo diritto e dovere di difendersi da leggi inique.

Chi ha emanato quella circolare si chiama Marcello Limina e rientra nella schiera sempre più grossa dei servi del potere, i Minzolini, i Vespa, i Capezzone, gli Angeletti, i Rotondi, i Giovanardi, i Luigi Grillo, i Bonanno, i Ghedini…

“Chi lavora per lo Stato, non può criticare il Governo!” ha detto il Limina, frase perfettamente fascista, che dimentica che lavorare per lo stato non significa asservirsi alla cricca temporaneamente dominante, ma difendere i valori e i diritti dei cittadini, tra i quali il diritto alla verità è primario in una scuola che si rispetti.

Piccoli fascisti crescono per diventare i gerarchi di domani.

Scrive bitzquoidiano.it

“Se i dipendenti della scuola non possono criticare il ministro, altrettanto varrà per i dipendenti dei Trasporti, della Sanità, insomma per tutti i dipendenti pubblici. Quindi se ne deduce che chi prende uno stipendio dallo Stato deve consegnare al governo, che non è la stessa cosa, la sua fedeltà e il suo silenzio. Fedeltà politica e silenzio politico. Sempre la storia insegna senza eccezioni che sono i regimi a chiedere questo tipo di fedeltà. Quando lo fece il fascismo l’Italia non ebbe grandi problemi: tra centinaia di migliaia di insegnanti e professori universitari a non giurare fedeltà furono un paio di decine. Stavolta c’è qualche problema in più: Daniela Turci, la preside cui Limina imputa «disonestà contrattuale», aveva detto di non condividere la riforma Gelmini. E qualcuno in Italia ritiene sia ancora un diritto farlo, qualcuno ancora più di un paio di decine. Ma la voglia di regime avanza e si diffonde.
In Rai hanno rifiutato di mandare in onda il promo, a pagamento, del film Videocracy. La Rai ha messo nero su bianco il perché del suo no: il film parla di politica. Tanto tempo fa era appeso nei negozi e negli uffici un cartello che diceva e ammoniva: «Qui non si parla di politica». Cartello che sta tornando di moda. Una moda vintage ma non tanto.”

Sinora i difensori di B dicevano che non c’era regime in quanto Repubblica o Unità continuavano a pubblicare o Guzzanti, Biagi, Dandini o Santoro continuavano a parlare.
Ora cosa dicono? O va loro ancora tutto benissimo?

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