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Rifondazione Comunista: Congresso unitario
Publie le lunedì 11 luglio 2011 par Open-Publishing1 commento
Il Comitato Politico Nazionale di Rifondazione Comunista, svoltosi il 9 e 10 luglio, ha avviato positivamente il percorso congressuale. Sono state elette la commissione politica (presidente Paolo Ferrero) e la commissione regolamento (presidente Claudio Grassi). E’ stato votato un importante ordine del giorno critico nei confronti dell’accordo sindacale, è stato presentato e discusso un contributo sul superamento delle correnti e sono stati votati altri ordini del giorno.
La sfida, tutt’altro che semplice, è quella di fare un congresso come quello che Rifondazione Comunista realizzò nel 1999. All’indomani della scissione di Cossutta e Diliberto il gruppo dirigente del partito – al cui interno convivevano provenienze e culture politiche molto diverse – seppe unirsi per rilanciare il partito e la sua proposta politica. Oggi – in una condizione di ancor maggiore debolezza, all’ indomani di un’altra pesante scissione – sarebbe un grave errore fare un congresso di contrapposizione. Un gruppo dirigente minimamente responsabile deve far prevalere le ragioni dell’unità: è questo quello che vogliono la stragrande maggioranza delle compagne e dei compagni che, in una condizione difficilissima, nei territori, lavorano per il nostro partito. Ed è questo quello che il Comitato politico nazionale ha deciso, dando mandato alla Commissione Politica e alla Commissione Regolamento di lavorare affiché si determini questo esito.
Questo percorso è stato condiviso da tutta la segreteria nazionale. Lo scenario dovrebbe essere quindi quello di un congresso dove si confrontano due documenti. Uno sostenuto dalla segreteria nazionale e uno proposto dai compagni di Falce e Martello. Ovviamente non vi è nulla di predefinito. Fa parte della storia di Rifondazione Comunista, dalla quale non vogliamo assolutamente recedere, la possibilità che nei nostri congressi, sia nazionalemte che nei territori, si possano avanzare documenti o emendamenti. Ed è probabile che che sul tema di una nostra eventuale partecipazione ad un futuro governo di centrosinistra (posizione sostenuta dal Valentini e da altri compagni del corso del dibattito), venga presentato un emendamento, ma la volontà con cui l’attuale maggioranza del partito vuole presentarsi ai circoli è l’esatto opposto del precedente congresso di Chianciano. Allora si confrontarono cinque documenti con il gruppo dirigente spaccato in due come una mela. Oggi ci sono tutte le condizioni per fare un congresso con due documenti (molto probabilmente) e con il gruppo dirigente che si presenta unito.
E’ la cosa migliore che possiamo fare all’indomani del risultato elettorale delle amministartive e dei referendum. Quei risultati, di fronte a delle previsioni che ci davano per inesistenti, hanno ridato fiducia e speranza al partito. Si tratta di cogliere le potenzialità di questa situazione per fargli fare un passo in avanti. Il congresso unitario può dare ulteriore linfa a questa rinata possibilità. Un congresso di divisione la farebbe regredire.
Oltre a ciò un congresso unitario può essere una occasione per far fare un passo in avanti alla nostra proposta politica unitaria contenuta nel documento approvato a larga maggioranza nel precedente comitato politico nazionale.
Si tratta di confermare la nostra proposta di fronte democratico per battere Berlusconi, quindi una coalizione che veda uniti in questa impresa Pd, Idv, Sel, Fds e Verdi. Ma oltre a questo si tratta di precisare meglio come noi ci approcciamo alla discussione programmatica tra queste forze. Da questo punto di vista, dando per scontato che non ci si sottrae mai dal confronto di merito, dobbiamo iniziare a discutere con quali modalità e su quali contenuti lo proponiamo. E qui si collega da un lato la nostra proposta di costituente dei beni comuni che, oltre a dare continuità alla vittoria referendaria, può far irrompere i movimenti nella discussione programmatica, dall’altro lato dobbiamo premere su Sel affinchè si converga assieme a noi su alcune proposte.
L’occasione è propizia per tre motivi: 1) il risultato elettorale dice che il rapporto tra Fds e Sel non è uno a dieci come dicevano i sondaggi fasulli, ma molto più equilibrato. 2) il Pd e la sua leadership sono usciti rafforzati dal risultato elettorale. 3) ne deriva che il progetto vendoliano di una spaccatura del Pd, di un “big bang” e della costruzione di una nuova forza di sinistra diventa una ipotesi non solo velleitaria – come è sempre stata -, ma totalmente irrealistica. Il fatto che inizino ad emergere pubblicamente in Sel posizioni diverse sia per quanto riguarda il rapporto con la Fds sia su altri importanti temi come la legge elettorale ci dice di quanto sia importante un nostro atteggiamento unitario e di quanto sia sbagliato un arroccamento settario.
Quindi: fronte democratico, unità a sinistra e, a completamento della nostra proposta unitaria, costruzione della Federazione della Sinistra. Qui registriamo una difficoltà che dobbiamo superare. Dopo il congresso della Fds che, pur con tutti i limiti, aveva segnato un passo in avanti, si è creata una situazione di impasse. Il rischio concreto è quello di una rinuncia alla costruzione della Federazione della Sinistra come soggetto politico con una propria fisionomia, attivo al centro e nei territori. Penso che sarebbe un grave errore poiché farebbe regredire la Fds a mero cartello elettorale e, quindi, ne uscirebbe sconfitto il progetto di farla diventare il primo tassello della costruzione, quanto mai necessaria, di una sinistra di alternativa in questo paese.
Il nostro congresso può dare un contributo importante affinchè si superi questa difficoltà. Questo obiettivo – la costruzione della Federazione della Sinistra non come cartello elettorale, ma come soggetto politico – è anche la precondizione affinché si superi la diaspora comunista e si creino le condizioni per un processo vero di riaggregazione. Tutte le altre strade, anche se sono accompagnate da continui appelli all’unità dei comunisti, producono solo ulteriori divisioni e ottengono l’effetto opposto rispetto a quello dichiarato.
Infine nel dibattito del cpn è stato presentato da alcuni compagni e compagne un intrevento che pone l’esigenza di superare il regime correntizio presente nel partito. Si tratta di un contributo importante e utile. Molte proposte in esso contenute erano state avanzate dall’area Essere Comunisti, nella assemblea di Castell’Arquato, all’indomani del congresso di Chianciano, quando si decise anche il cambio del coordinatore nazionale. Purtroppo rimasero lettera morta.
E’ giusto che il congresso ne discuta per fare passi in avanti. Ciò che va evitato è un dibattito meramente organizzativo poiché se si vuole avviare un vero processo di superamento occorre anche indagarne le origini e in quali condizioni si sono costituite e strutturate. Io penso che un conto sono le aree programmatiche che hanno la funzione di stimolare il dibattito fra culture e posizioni diverse e che quindi possono svolgere un ruolo utile per tutto il partito, altra cosa la degenerazione correntizia di gruppi ( in molti casi senza nessuna base politico-culturale comune) che sono solo un danno per il partito e che vanno, quindi, superate.
http://www.claudiograssi.org/wordpress/2011/07/congresso-unitario/
Messaggi
1. Rifondazione Comunista: Congresso unitario, 13 luglio 2011, 10:31, di Patrick Del Negro
Note a margine del CPN di Rifondazione
Pubblicato il luglio 12, 2011 da prctavagnacco
Tavagnacco, 12 luglio 2011
Sono ancora poche le notizie e le fonti dirette del dibattito che si è tenuto allo scorso Comitato Politico Nazionale di Rifondazione Comunista. Oltre all’articolo, qui pubblicato, possiamo contare sugli interventi dei compagni che fanno riferimento all’area “Essere Comunisti” e su alcuni ordini del giorno pubblicati sul sito del Partito. Tuttavia, a mio parere, si possono già esprimere alcune valutazioni politiche di quale tono assumerà il dibattito nel prossimo congresso.
Innanzitutto, sul piano politico, ormai da due anni, abbiamo assistito ad una brusca e decisa sterzata a destra nell’orientamento politico del partito, seppellendo senza appello le potenzialità inscritte nei deliberati del Congresso di Chianciano.
I precari equilibri interni del gruppo dirigente nazionale sono stati condizionati da una sostanziale debolezza del Segretario Paolo Ferrero, che ha mantenuto un rapporto conflittuale con le altre componenti della maggioranza, in primis l’area di Claudio Grassi, “Essere Comunisti”.
Il piccolo Togliatti emiliano è emerso, insieme a tutta la sua area, come l’alfiere della “normalizzazione” di Rifondazione Comunista propugnando un indirizzo politico tutto teso al rientro del partito nelle istituzioni, fino a giungere, nei suoi ultimi interventi sul suo blog, ad chiaro ed esplicito riferimento di nuovo ingresso del partito ad un eventuale governo di centro sinistra.
Il gruppo dirigente nazionale, da due anni a questa parte, ha tentato di escogitare ogni tipo di formula, calando dall’alto, in un processo assai poco democratico, la falsa scorciatoia della Federazione della Sinistra.
Evidentemente gli errori del passato, anche recentissimo, non hanno lasciato residui nella memoria dei compagni dirigenti. Chi pensa che dalla somma matematica delle percentuali di diverse formazioni politiche possano scaturire successi elettorali è stato ampiamente smentito dall’esperienza fallimentare della Sinistra Arcobaleno.
Purtroppo molte delle riflessioni fatte dopo la batosta del 2008, concretizzatesi nel congresso di Chianciano, sono state superate, ignorate e vilipese.
L’aspirazione istituzionalista di gran parte del gruppo dirigente alla fine è emersa prepotentemente, riproducendo di fatto quei meccanismi che portavano a distorcere le proposte politiche del partito in funzione di questo o quel posto da assessore o sottosegretario.
Tra gli interventi più preoccupanti, infatti, mi sento di segnalare quello dell’Assessore pugliese Maria Campese, che dimostra tutto il suo livore verso coloro i quali osano mettere in discussione il buon operato della Giunta Regionale capeggiata da Nichi Vendola fino a chiedere, senza mezzi termini, la censura dei Comitati pugliesi dell’acqua sul quotidiano del partito “Liberazione”. Non solo, si giunge ad attaccare frontalmente un giornale, accusandolo di settarismo, che proprio in questo periodo ha pubblicato, unico insieme a “il manifesto”, ottimi articoli critici sull’accordo del 28 giugno siglato dalla CGIL e sulle manifestazioni NO TAV in Val Susa. E’ da notare come la Maria Campese sia in segreteria nazionale con la delega ai beni comuni (!).
Esprimo così grande preoccupazione per il congresso che si sta avvicinando, soprattutto per due ordini di ragioni:
1. Sul piano politico:
a) la torsione a destra e l’avvicinamento a marce forzate al Partito Democratico costringeranno Rifondazione Comunista ancora una volta a fare i conti tra posizioni naturalmente divergenti e che non possono essere oggetto di contrattazione, mi riferisco alla TAV, al rifinanziamento delle missioni militari all’estero, alla gestione dell’acqua e dei servizi, ai tagli alla spesa pubblica, alla difesa dei diritti dei lavoratori. Come si riusciranno a coniugare le istanze del movimento NO TAV con il partito del cemento? Come faranno sintesi le rivendicazioni sacrosante degli operai metalmeccanici della FIOM con coloro che sostengono Marchionne?;
b) la precedente esperienza di governo, nella quale Rifondazione, pur contando una rappresentanza parlamentare ineguagliata in passato, ha subìto una politica finanziaria, economica e sociale tutta tesa a favorire le classi sociali più abbienti, nonostante i grandi proclami come la campagna “Anche i ricchi piangono”, che nulla ha prodotto. Sulle ragioni per le quali i comunisti sono stati cacciati dal Parlamento si è detto tutto e di più, allora, ma di quel dibattito, col senno di poi inutile ed inefficace, oggi non è rimasto più nulla, se non la smodata voglia di riappropriarsi delle sedi istituzionali che tanta nostalgia e tanto fascino esercitano.
2. Sul piano della democrazia interna:
ad una torsione politica a destra corrisponde anche l’avvio di una campagna interna che non esiterei definire una caccia alla streghe. Il Partito perde iscritti? Il Partito subisce l’ennesima sconfitta elettorale? Il bilancio del Partito è pesantemente in rosso? Tutto questo non può essere colpa dell’indirizzo politico di un gruppo dirigente lungimirante che traghetterà Rifondazione Comunista verso vette mai raggiunte, superando anche i risultati migliori del vecchio PCI, ciò non è possibile, mettere in discussione questi dirigenti è da ascrivere al reato di lesa maestà. I colpevoli vanno ricercati tra coloro i quali non hanno saputo nascondere il proprio dissenso nei confronti di un orientamento politico raffazzonato e basato sulla quotidianità, tra coloro che, pur avendo messo in cantiere iniziative lodevoli, hanno osato calarsi nella parte degli uccellacci del malaugurio.
Nel nome dell’unità, si soffoca il dibattito interno.
Ma quale unità? Quella vera e reale, basata sulla condivisione politica e metodologica oppure quella ipocrita, falsa che è la cortina fumogena volta a nascondere e sottacere una guerra tra diverse burocrazie per il controllo delle spoglie e dei resti di un partito che chiede e pretende, attraverso i suoi migliori militanti, chiarezza politica sulle questioni decisive: TAV, accordo del 28 giugno, diritti e salari dei lavoratori, disoccupazione, missioni militari, scuola pubblica, sanità pubblica, trasporti.
In questo congresso assisteremo a due tipi di confronti.
Uno chiaro, aperto, franco basato su argomentazioni, magari dure e scrupolose, ma politiche; un altro tra le due maggiori fazioni burocratiche che oggi gestiscono il partito, senza esclusioni di colpi, subdolo, sotterraneo.
In sostanza tra coloro che auspicano per Rifondazione Comunista un’immersione nel vivo delle lotte che ci sono e che verranno, approntando gli strumenti adeguati e coloro che, alla stregua di avvoltoi sulle carcasse, condurranno una lotta di potere in vista delle prossime elezioni.
A titolo personale:
Patrick Del Negro
Segretario del Circolo Intercomunale
“Renato Cristoffoli” – Tavagnacco