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Rivolta di Londra:a chi interessa gettare benzina sul fuoco?

par Salvatore Santoru

Publie le giovedì 11 agosto 2011 par Salvatore Santoru - Open-Publishing
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Ormai è il quinto giorno dall’inizio delle rivolte di Londra.Gli insorti ,per lo più disperati e emarginati dal sistema,stanno saccheggiando e mettendo a fuoco la città,colpendo sia simboli del capitalismo,come negozi di multinazionali e centri commerciali,ma anche palazzine,case e piccoli negozi di gente vicino alle loro condizioni.C’è da dire che questi giovani insorgenti non hanno una coscienza politica e sociale ,e gli attacchi ai simboli del consumo e del Potere sono più che altro motivati per "svago" piuttosto che per motivi politici.Questi insorgenti si possono definire come nichilisti alienati dal sistema odierno,dal turbocapitalismo e dal consumismo globalizzato,schiavi del desiderio consumista(e oppressi da ciò)che tentano di eliminare in modo irrazionale e inconsapevole l’origine dei loro mali attraverso una violenza cieca e incosciente.C’è da dire che una tale violenza,vuota di ogni significato politico,non fa altro che portare acqua al mulino del Potere e della Repressione,di cui i rappresentanti non aspettavano altro che una situazione del genere per poi ribattere con più durezza non solo contro i "nemici",ma contro l’intera popolazione se possibile.C’è da dire che la polizia per ora sta dando campo libero allo sfogo della rabbia degli insorti,in modo tale che quando la situazione peggiori sempre più gente chiederà maggiore "protezione" alle autorità e andando così le cose,il gioco sarà fatto.Per ora sono stati inviati 16000 poliziotti per la repressione,andando avanti potrebbero essere molto di più,e il Potere potrebbe decidere anche di mandare l’esercito:e allora sì che per la popolazione residente in Inghilterra sarà veramente molto dura.

Di seguito un’estratto dell’analisi a cura di "Nonostante Milano" sul rapporto della della NATO Urban Operation 2020

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Elementi d’optometria: che cosa illumina gli occhi
Nel quadro delle cosiddette “nuove guerre” o “asimmetriche” o “di quarta generazione” o “a bassa intensità”
ecc.[93] (cambia la terminologia, a seconda delle correnti di pensiero, ma non la sostanza) risaltano:
– la fine della tradizionale distinzione tra il combattente e il civile, già sostanzialmente scomparsa con la “mobilitazione
totale” nella Grande Guerra[94] e con il terrorismo contro le popolazioni civili praticato da tutti gli Stati, sia del
campo “fascista” sia di quello “democratico”, nella Seconda Guerra mondiale[95];
– l’apparizione di nuove figure del “militariato”[96], che vanno dalle ONG “umanitarie” ai contractors[97];
– una minore importanza dell’aspetto propriamente militare nelle operazioni;
– la frantumazione del campo di battaglia e l’assenza di un fronte;
– il ridimensionamento del ruolo degli armamenti ad alta tecnologia rispetto al controllo del territorio, affidato alla
fanteria (per quanto dotata d’armi d’ultima generazione e supportata da strumentazioni sofisticate)[98].
Il nemico è sempre meno un esercito convenzionale e sempre più un’entità informale, in una radicale indistinzione
tra guerra interna e guerra esterna: guerriglieri urbani, formazioni “terroristiche”, ma anche raggruppamenti meno
organizzati come quelli che emergono in situazioni insurrezionali.
Il controllo preventivo e la repressione di eventuali sommosse o insurrezioni diventeranno viepiù prerogative dell’esercito,
che dovrà esercitare, pertanto, vere e proprie funzioni di polizia territoriale, nel mentre quest’ultima si
“paramilitarizza”[99]. Oltre a controllare il territorio, l’esercito sarà tenuto a svolgere attività di gestione della popolazione
civile: gestione fisica (rifugiati, sfollati ecc.) e gestione psicologica (controllo e monopolio delle informazioni,
rapporti con le autorità locali, ma anche con tutte le realtà associative disposte a collaborare).
In questa prospettiva sarà necessario dotare le forze armate di un’adeguata preparazione al conflitto urbano, per
scongiurare la storica “incoercibilità” delle “forze ribelli” nella guerra asimmetrica. Al contempo, bisognerà abituare
la gente a vedere i militari pattugliare le città, affinché nessuno, assuefatto e/o terrorizzato che sia, si azzardi più a
muovere un dito (foss’anche il medio).
Stiamo andando verso uno “Stato militarizzato”. Le truppe stanziate a Pianura come in via Padova (Milano) ci ricordano
che il 2020 non è poi così distante[100].
Il rapporto Urban Operations in the Year 2020 modula l’utilizzo dello strumento militare. Armi letali o “non letali”
verranno quindi impiegate per prevenire, contenere e reprimere quelle sommosse e rivolte che nessuno ormai s’illude
di poter evitare nel prossimo futuro. Le operazioni militari nelle aree urbane irachene e afghane, poi libanesi e
infine nella striscia di Gaza hanno dimostrato la compatibilità dell’uso di armi pesanti, chimiche e incendiare su civili
e grandi agglomerati, nonché come si possa fare strage di donne, vecchi e bambini senza incontrare l’opposizione
di opinioni pubbliche e governi. Fucile antisommossa, pepper gun[101] e proiettili al fosforo bianco: a ciascuno il
suo, a seconda dei livelli di crisi e d’insorgenza.
Comunque, tutto sarà permesso contro “terroristi”[102], sobillatori e rivoltosi.
“Una delle armi del Capitale consiste nel fatto che la popolazione, proletariato compreso, non immagina fin dove
lo Stato si spingerà con la guerra civile”, scriveva Jean Barrot nell’ormai lontano 1972. La consapevolezza del livello
al quale lo Stato è disposto a spingersi con la guerra civile, consapevolezza che illumina e fa profondi gli occhi
dei ragazzini palestinesi che affrontano a colpi di pietra i tank israeliani, continua tristemente a far difetto nelle nostre
contrade, sprofondate nel sonno catodico e imbolsite dalla morale dell’“io speriamo che me la cavo”.
Quando questa nefasta malìa svanirà, risuoneranno ancora le belle note delle canzoni di rivolta (1830-32, 1848,
1871, 1917-20, 1968-70, 1977, Genova 2001, Atene 2008…) e crollerà anche il mito dell’invincibilità delle forze repressive."

http://informazioneconsapevole.blogspot.com/2011/08/rivolta-di-londraa-chi-interessa.html

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Messaggi

  • Chi sono i rivoltosi? Gente normalissima


    La realtà, che salta fuori dalle udienze alla corte di Highbury Corner, dice anche altre cose. Banye Canon, 20 anni, che si è portato via uno scatolone di alimentari, è universitario dell’Essex. Nan Assante, 19 anni, che ha fatto “shopping” in un supermercato, è uno stewart all’Holland Park Opera House. Adrian Cotton, 25 anni, che ha ribaltato gli scaffali di una drogheria, è camionista. E Shereka Leigh, che si è “procurata” il guardaroba da “Jd Sport”, è una mamma single. Fitzroy Thomas, 43 anni, che ha spaccato le vetrine del ristorante Nandos è uno chef. E’ invece l’alunno modello di “grade A” il quattordicenne (niente nome) che si è intascato un cellulare. Alexis Bailey, 31 anni, lavora in una scuola elementare e si è improvvisato ladro a Croydon. Un altro minorenne, smascherato dalle telecamere e processato, è pure lui uno studente: pescato dalle immagini con bottiglie di whisky e 50 pacchetti di chewing gum. Poi le due sorelle, 14 e 16 anni, che tornate da papà e mamma con un televisore hanno ammesso: “I nostri genitori si sono messi a ridere”. Infine l’undicenne, bambino bravo e simpatico, che ha passato una notte in prigione: per lui coprifuoco dalle 6 di sera fino al mattino.

    Teppisti delle gang giovanili in combutta fra loro, come quelli di Clapham Juncition. Ma tanta gente comune. Disoccupati e occupati. Maschi e femmine. Poveri e non poveri. Di tutte le etnie, di tutte le età. Ecco perché la rivolta di Londra preoccupa: non c’è solo il disagio delle periferie. C’è una partecipazione attiva e passiva, trasversale. Ordinaria, imprevedibile follia collettiva.

    Dal "Corriere della Sera"