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STRAGE BRESCIA Zorzi insinua dubbi sulle «rivelazioni» del teste

Publie le sabato 6 marzo 2010 par Open-Publishing

I periti: «Digilio era capace di intendere»
STRAGE. IL TERZO PROCESSO. In aula i tre medici incaricati dai pm bresciani di accertare le condizioni di «zio Otto» dopo l’ictus che lo colpì nel maggio del ’95
A colpi di relazioni il confronto dell’accusa con la difesa di Zorzi che ha cercato di insinuare dubbi sulle «rivelazioni» del superteste

«Era assolutamente in grado di rispondere e capire quanto accadeva intorno a lui: sul versante della comprensione e dell’espressione, le condizioni di Digilio erano soddisfacenti e abbiamo sempre avuto l’impressione di un’ottima conservazione della memoria». A mettere nero su bianco le condizioni di Digilio è Giuseppe Viale, ex direttore della clinica neurologica di Genova, chiamato a deporre nel terzo processo per la strage di piazza Loggia. Una relazione prodotta con Giordano Invernizzi, della clinica psichiatrica universitaria di Milano, e Mario Portigliatti Barbos, Istituto di medicina legale di Torino.
A incaricarli per prima è la Procura di Milano, che,nel dibattimento in Assise per la strage alla questura, chiede una consulenza sulla capacità processuale di Digilio, alias «Zio Otto», negli anni ’70 infiltrato della Cia in Ordine Nuovo. Il 22 febbraio ’99 è depositata la relazione e quattro mesi dopo saranno i pm di Brescia a chiedere un approfondimento nell’ambito dell’inchiesta sulla strage di piazza Loggia, integrando la perizia con le registrazioni degli interrogatori resi da Digilio tra il ’95 e il ’96 in previsione del suo incidente probatorio a Brescia nel 2000. Nel frattempo, anche il gip di Milano incarica Paolo Bianchi e Marco Scaglione di produrre un’altra consulenza in merito. Al centro del questito della Procura di Brescia: «Considerare gli accertamenti già svolti, analizzare i nastri e descrivere quali conseguenze l’ictus cerebrale del 10 maggio 1995 avesse causato sulle capacità cognitive, mnemoniche e istruttorie di Digilio».
E IN AULA SCATTANO i colpi incrociati tra accusa e difesa a suon di esiti peritali. Se i pm puntano a confermare la credibilità di Zio Otto, morto nel 2005, le difese insinuano il dubbio dell’inattendibilità. Ago della bilancia è la ricostruzione di Digilio della strage bresciana, collegata agli estremisti neri del Triveneto e di Milano: Carlo Maria Maggi pianifica l’attentato, Delfo Zorzi procura l’ordigno esploso in piazza, Marcello Soffiati lo trasporta daVenezia a Milano, per consegnarlo alle Sam di Giancarlo Esposti. Con una sosta a Verona, dov’è proprio Zio Otto a controllare la bomba e «metterla in sicurezza».
«Al momento del nostro esame Digilio aveva subìto una grave compromissione motoria - ricorda Viale scorrendo la perizia, acquisita agli atti -: fisicamente non era autonomo, ma mentalmente manifestava la facoltà di relazionarsi con gli altri e con l’ambiente, capacità critica, di giudizio e comprensione». Una conclusione che pare in antitesi con quella dei colleghi Bianchi e Scaglione. «È un problema di interpretazione delle risposte del soggetto a due test - sottolinea Viale -. Noi le leggemmo in modo diverso, in linea con il quadro neurologico. Digilio, peraltro, si sentiva offeso per le conclusioni dei periti milanesi, con noi voleva dare il meglio».
Ed è sulla seconda parte dell’accertamento peritale che si sofferma Antonio Franchini, difensore di Zorzi, che porta in aula alcuni referti medici, tra cui una certificazione del 18 dicembre ’95 che rileva «presunta confusione mentale, eloquio minimo, incapacità di formulare un dicorso, manie di persecuzione»; dell’ agosto’96 è una consulenza secondo cui Digilio sarebbe affetto da depressione reattiva.
ERA QUINDI «alternanza nel quadro clinico di Digilio tra il ’95 e il ’96, stabilizzato nel ’99? Come possiamo spiegare questi referti?», chiede la difesa di Zorzi, che aggiunge: «Bianchi e Scaglione formularono anche una diagnosi, e cioè che Digilio soffrisse di demenza multinfartuale». In sostanza, un disturbo che provocherebbbe «dei micro-infarti cerebrali, che porterebbero a ricordi lacunosi colmati con la fantasia». «La risonanza dimostra semplicemente gli esiti della compromissione emorragica e la presenza di questi infarti tipici dell’encefalopatia mulinfartuale - ribatte Viale -. La diagnosi ipotizzata dai due periti, inoltre, contrasta con la valutazione clinica che gli stessi riportano nella prima parte della perizia, secondo cui Digilio "appare ben orientato nel tempo, mostra buone performance nelle prove, integra elementari competenze di linguaggio e ragionamento unite alle capacità cognitive più evolute per valutare ambiente e circostanze"».