Home > Saviano, gli schizzi di fango e la democrazia.

Saviano, gli schizzi di fango e la democrazia.

Publie le mercoledì 10 novembre 2010 par Open-Publishing

Lo premetto a rischio di apparire fazioso: non sono affascinato da Roberto Saviano e Fabio Fazio non lo considero uno al pari di Gianni Minà nel condurre le sue interviste, che sono fatte di domande meno taglienti del mio rasoio già troppe volte usato. Questa mia considerazione, però, non ha niente a che fare con il pregiudizio o con l’opportunismo che fa muovere critiche per difendere una posizione scomoda. In questa seconda casistica includo facilmente Il Giornale e Libero, che oggi, però, hanno avuto il merito di migliorare il mio umore. Sì perchè, dopo aver letto gli articoli dei quotidiani bollettini del padrone, relativi alla trasmissione "Vieni via con me", mi sono sentito bene, egoisticamente parlando. Quegli articoli hanno rafforzato la mia autostima.
Su Il Giornale si fanno critiche spicciole anche alla scenografia «tri­colore, ma in realtà domina­ta dal rosso» (ridicolo); su Libero si ricorda strumentalmente l’avventura del suo direttore Belpietro, di quando «un uomo si è introdotto nel suo palazzo per sparargli, [e] non lo ha colpito» (ovvio, l’attentatore non ha sparato). Insomma, si rasenta il grottesco.

Per provare a tornare a cose più serie delle stupidaggini LiberoGiornalaie, non riesco a fare a meno di osservare come sulla "macchina del fango" spiegata da Saviano, si sia elevato un coro pressoché unanime di troppe voci acritiche. Io credo che le due cose vadano insieme e riguardino Saviano nel suo aspetto di fenomeno mediatico.
Dal pulpito televisivo, Saviano parla a telespettatori che troppo spesso si riducono a credenti, che come tali lo ascoltano come fosse portatore di una verità, quasi dogmatica. Al meglio si riesuma l’antico (ma mai completamente superato) principio d’autorità. A questo punto, c’è da aspettarsi che qualcuno mi ricordi come Saviano sia perseguitato dalla Camorra. Chi leggendo fin qua ha pensato di ricordarmelo, se lo risparmi: lo so ed a lui va tutto il mio sostegno morale e umano. Ma questo non può sottrarmi ad un giudizio di merito delle sue affermazioni e sarebbe avvilente se così non fosse.

Sulla "macchina del fango", è difficile non essere d’accordo con Saviano nel principio che sta alla base del suo ragionamento, per il quale se vai contro il potere (in genere detto senza riferimenti espliciti), dal fango vieni sporcato, coperto e sepolto. E’ vero pure che la stessa democrazia è così a rischio. E se, come dice correttamente Saviano, ci si impone una sorta di autocensura, la democrazia, mi viene da dire, non solo è a rischio ma si intravede già la sagoma dell’autoritarismo. Anche se su quest’ultimo punto sarebbe da indagare quando quell’autocensura è una sorta di sottile imposizione e quando invece è frutto di un accordo non scritto tra chi ha il dovere di informare e controllare e chi detiene un potere. Ma questa è un’altra storia e Saviano si riferisce verosimilmente alla prima ipotesi.

L’aspetto che non mi convince delle considerazioni di Saviano, che spesso si nota nelle sue parole, è quella sorta di manicheismo che non fa bene, nemmeno quello, alla democrazia. Giustamente Saviano ha detto che «la forza della democrazia è la molteplicità. Le differenze». Che possono evidenziarsi, aggiungo io, anche quando si parla, ad esmepio, di Falcone.

E’ vero che Giovanni Falcone ha avuto unanime apprezzamento dopo la sua morte. Ma non necessariamente, come ha lasciato intendere Saviano, solo perchè elevato a martire. In quei momenti, al di là delle scelte fatte, che fossero giuste o sbagliate secondo chi all’epoca le commentava, il giudizio si concentrava su un giudice che aveva avuto un ruolo determinante nella lotta alla mafia. Si trattava di riconoscere (e ci mancherebbe altro) che un uomo aveva speso la sua vita nella lotta a Cosa Nostra, fino a sacrificaela. Si poteva farlo anche mentre era in vita? Certo e gli attestati di stima non mancavano. E lo stesso Alfredo Galasso non mi pare gliela facesse mancare. Una stima, quella di Galasso, riconoscibile anche nel video mandato in onda nel corso di "Vieni via con me", dove l’avvocato non vede di buon grado la scelta di Falcone di trasferirsi a Roma.
L’utilizzo fatto di quel video durante la trasmissione, mi ha confermato una visione in bianco e nero di Saviano, nelle questioni di lotta alla mafia (e non solo, se considerassimo altre questioni. Vedi, ad esempio,quella palestinese). Saviano ha commentato quel filmato lasciando intendere che schizzi di fango contro Falcone fossero stati gettati anche da Alfredo Galasso che, è bene ricordarlo, ha partecipato al primo maxi-processo contro la mafia e contro Andreotti. In realtà durante quella trasmissione riproposta nel filmato messo in onda, Galasso esprimeva i suoi dubbi sulla possibilità di poter combattare la mafia da dentro un governo (quello Andreotti), in una posizione che secondo lui non gli avrebbe garantito l’indipendenza necessaria. E’ una critica, se vogliamo forte, non per forza da condividere, ma non è fango.

Come dicevo anche prima, nemmeno il manicheismo aiuta la crescita democratica. E non voglio dire, con questo, che Saviano attenti alla democrazia, già compromessa fortemente. Semmai voglio ricordare come siano proprio le voci critiche ad aiutare la crescita democratica, se queste possono liberamente esprimersi e se si garantisce il loro sacrosanto diritto ad essere ascoltate, anche quando non piacciono.
La democrazia presuppone la possibilità di dire cose che siano in contrasto con il comune sentire, senza venire accusati di essere denigranti o infanganti, e peggio sarebbe quando quelle accuse fossero condotte con la forza che deriva da un consenso di massa intorno a chi si erge o è eretto a giudice, profeta, icona o condottiero. E sarebbe bello che di questo si ricordassero anche coloro i quali non risparmiarono fango (questa volta sì) da gettare addosso a chi ha avuto il coraggio di entrare nel merito di Gomorra e criticarne il contenuto (condivisibili o meno che siano i giudizi emersi). Mi rifesco, ovviamente, a Eroi di carta di Alessandro Dal Lago.
In quell’occasione contro di lui vennero mosse accuse dal sapore religioso, che elevavano Saviano a profeta della lotta contro la Camorra e Gomorra una sorta di Bibbia contro il crimine organizzato. Criticare, pertanto, non si poteva (e non si può) e basta. Tanto che un intellettuale autorevole e stimato come Flores D’arcais lanciò anatemi contro Dal Lago, senza aver letto il suo libro (stando a quanto da lui stesso ammesso) ed invitando a non comprarlo e non leggerlo.

Tanto per dire che la difesa della democrazia passa anche per la difesa dei principi che la reggono, che non possono valere secondo le convenienze. E se un principio democratico è quello di poter dire, senza essere in qualche modo censurati o maltrattati per le proprie idee, quel principio deve essere valido per chiunque in ogni circostanza. La popolarità ed il consenso intorno ad una persona o a delle idee, non possono, in democrazia, essere il metro con il quale misurare una verità, buona per sempre e perciò da accettare così com’è. Non può essere accettata l’opzione tra una verità buona per tutti e il suo contrario. La democrazia non prevede che si scelga tra Cristo e Barabba.