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Sciopero Cgil: quale prospettiva oltre il Congresso ed oltre il 12 Marzo
Publie le venerdì 12 marzo 2010 par Open-Publishing"Lo Sciopero generale indetto dalla Cgil per il 12 Marzo serve. Serve al Governo, per ricordarsi che la produzione della ricchezza del paese la fanno le lavoratrici ed i lavoratori, immigrate/i e non, regolari oppure no; serve a ricordare a Governo ed Opposizione insieme che la più spaventosa crisi da sovrapproduzione industriale (rispetto alla domanda pagante) dal 1929 ad oggi non è per nulla l’effetto delle speculazioni di borsa andate a male (bolle scoppiate) ma é il modo con cui il capitalismo, dopo aver praticato tutte le strade della finanza (derivati, credito al consumo, ecc..) e delle guerre per trovare nuovi mercati, stretta nel vicolo cieco dell’ingordigia si libera del sovrappiù, costi quel che costi (licenziamenti, dichiarazioni di fallimento, ristrutturazioni laddove la forza-lavoro costa di meno: Albania, Messico, ecc.).
Serve per ribadire ancora una volta il concetto concreto che, purtroppo, la crisi la stanno pagando ancora una volta le lavoratrici ed i lavoratori (altro che slogan!) mentre i capitali transitati illegalmente all’estero passano dai Paradisi fiscali di mezzo mondo alle Banche italiane attraverso lo “scudo” Tremonti (un vero regalo al padronato-evasore-di-tasse). E se questo è lo scenario materiale e formale (istituzionale) nel quale lo Sciopero si inserisce, la Cgil davvero va a svolgere, pur nel pieno della sua impegnativa stagione congressuale, un ruolo di difesa sindacale della forza lavoro e di supplenza politica degli interessi della classe delle/dei produttrici/produttori. La domanda é: fino a quando la Cgil avrà la forza per scendere in piazza garantendo il proprio in senso stretto (ossia lo svolgimento del ruolo storicamente dato di sindacato) ed il proprio in senso lato (che poi è la progettualità strategica che prospetti il superamento del sistema di produzione vigente a favore dell’autogestione delle/dei produttrici/produttori)? Ed ancora: fino a quando la Cgil potrà convocare - con speranza di successo - scioperi generali su aspetti così ampi come una crisi di produzione industriale, persistendo l’attuale (pressocché totale) assenza di un’Opposizione politica di classe nel Paese? Sul primo punto é superfluo notare che non se ne esce chiedendo alla Cgil di produrre cioé che – si capisce - è in prima battuta altro da sé (ossia la strategia della politica di classe, che invece è compito di Partito); così come è ridicolo insistere nella convinzione - che pure talune/i hanno - che un sindacato è sufficiente a se stesso anche sul piano politico. Spiragli, viceversa, ve ne potrebbero essere solo se l’attuale emergenziale attività di supplenza politica svolta dalla Cgil viene lentamente e progressivamente fatta rientrare favorendo la costruzione di un’unica soggettività politica che si adoperi per il superamento del capitalismo. Nuova ed unica soggettività politica che si costruisce anche attorno al contributo politico che può e deve essere offerto da tutte le migliaia di iscritte/i alla Cgil, sindacato che ad oggi, non dimentichiamolo, rimane l’unica capillare struttura di massa radicata nell’Italia del XXI secolo. Solo così, imbastendo una virtuosa dialettica politico-sindacale nel rapporto di uno ad uno, il lavoro della Cgil può espandersi, valorizzarsi meglio, “specializzarsi” ancor di più. Questa riflessione ci porta direttamente al secondo punto: stando così le cose a livello politico, con gli schieramenti fieramente a difesa della funzione “progressista” del capitalismo – come se disoccupazione e concentrazione di Capitali siano sinonimo di civiltà - la Cgil, per quanto potenzialmente brave/i, coraggiose/i e strategiche/strategici possano essere le/i prossime/i sue/suoi dirigenti, non potrà fare altro che persistere nell’ormai annoso arroccamento a difesa di posizioni che traballano. In definitiva c’è tanto da fare, e bisogna farlo in fretta senza perdere di vista il lume della ragionevolezza!
Del resto il padronato ed i suoi rappresentanti politici tempo non ne perdono affatto e stanno utilizzando la crisi - con la “copertura” di quella CISL e di quella UIL che qualcuna/o ancora si ostina a considerare sindacalmente recuperabili dalla fanghiglia dei “servizi al padronato” nei quali sono coscientemente ed agiatamente sprofondati - per accrescere il potere ricattatorio nei confronti della forza-lavoro. Come non temere il disegno di legge 1167-B, appena passato al Senato, che, nelle sue maglie, serba il parassita che succhia il sangue all’art.18 dello Statuto: l’Arbitrato imposto da contratto al posto dei Tribunali del lavoro? E qui l’Opposizione politica (che è l’altra faccia della stessa medaglia!) non può fare nulla se non gridare “al lupo, al lupo” con i suoi giuristi di riferimento (in primis, in maniera piuttosto malinconica, Tiziano Treu, Padre del precariato formalizzato in legge di Stato) mentre i referenti economici di vertice (De Benedetti, Colannino) acconsentono in silenzio...ma al Ministro Sacconi!"
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