Home > Se gli estremi della coalizione si ribellano...
di Rina Gagliardi
Che cos’hanno in comune Fausto Bertinotti e Clemente Mastella, cioè Rifondazione comunista e l’Udeur? Quasi nulla. Si fa spesso fatica, se mai, a capire come facciano a stare nella stessa coalizione, visto che, a parte le distanze ideali e ideologiche, si trovano quasi sempre su posizioni politiche opposte (la guerra in Iraq per fare solo un esempio). Tutto questo era vero ieri e resta vero per il futuro. Perciò non scandalizzatevi se proprio Bertinotti e Mastella (che oltre tutto saranno anche in competizione diretta alle prossime primarie dell’Unione) hanno sentito il bisogno, proprio ieri, di sottoscrivere una dichiarazione congiunta, e impegnativa, che lancia un allarme e avanza una proposta. Una piccola provocazione? Un gesto inconsueto, certo. Ma vi sembra "consueta", normale, logica la situazione attuale?
Riassumiamola per sommi capi. Il capitalismo italiano è notoriamente declinante: non ha cioè uno straccio di idea, utile a superare, in qualche modo, il blocco dello sviluppo, la recessione, la crisi economica e sociale. Ma il declino non è solo strategico, o progettuale - è davvero "organico", investe l’insieme della borghesia, o della così chiamata "classe dirigente". Il risultato? Il primo è lo spettacolo a cui assistiamo: bande di neospeculatori che scorazzano allegramente per il Paese, tra un’Opa e l’altra, tra una società fantasma e l’altra, che comprano e rivendono tutto, accumulano e dissipano fortune nello spazio d’un mattino, "accerchiano" le istituzioni più antiche, comprese quelle che sarebbero deputate a controllare e a garantire il rispetto delle regole - insomma degli interessi generali.
Raramente il mercato appare nella sua nitida essenza, come nelle vicende Bpi, Ricucci, Fiorani & Fazio: un’entità che divora tutto, senza regole, senza ostacoli, e senza finalità che non siano se stesso. Una incarnazione drammatica e insieme grottesca dell’economia - dove non si produce niente, dove neppure più si recitano ipocrite promesse di sviluppo, dove si parla una lingua iniziatica, comprensibile solo ai laidi sacerdoti che governano i templi della finanza e della speculazione.
L’altro effetto è la tendenziale riduzione della politica a (im) pura "ancella" di questi nuovi indecorosi appetiti. Scorrendo quell’ignominia (anche mediatica) che è la pubblicazione dei "verbali" delle intercettazioni telefoniche della Gdf, la commistione tra potenze politiche e poteri economici (chiamiamoli così) appare impressionante, e anche un po’ orripilante - come nella più volgare pornografia. Ecco la piaga, su cui Mastella e Bertinotti mettono il dito: anche la politica dell’Unione appare a rischio. Troppo partecipe, per un verso, troppo assente, per l’altro, comunque non sufficientemente capace di prospettare un’alternativa generale, anche di carattere morale.
Troppo impegnata (nei Ds) ad ampliare le proprie cordate, banche, imprese, cooperative, insomma la propria fetta di borghesia, o di neoborghesia competitiva. Troppo disinteressata al recupero di quella dimensione di autonomia della politica, che è comunque essenziale per cambiare l’Italia. Anche dal punto di vista della prospettiva a breve, è evidente che l’Unione potrà vincere, potrà davvero battere la destra, potrà governare l’Italia, soltanto se riuscirà a confermarsi come forza credibile di cambiamento agli occhi di milioni e milioni di persone che questo chiedono. In fondo, è qui l’essenza di ciò che comunemente va sotto il nome di "questione morale", che è per noi una questione squisitamente politica. Gli estremi dell’Unione stessa - Mastella e Bertinotti - lo sanno. La domanda è: lo sanno anche gli altri?




