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Si è rotto il monopolio televisivo, ma attenti ai guru.

Publie le venerdì 26 marzo 2010 par Open-Publishing

di Radio Città Aperta

Ci sono molti spunti e molte lezioni da trarre dalla serata-evento “Rai per una notte”, alla quale insieme a tante altre emittenti ha contribuito anche Radio Città Aperta.

Questa iniziativa, nata come risposta alla censura imposta dal governo ai programmi di approfondimento, ha rivelato una possibilità straordinaria: quella di poter mettere in campo uno strumento nelle comunicazioni di massa al di fuori del monopolio televisivo esistente strettamente in mano alla RAI ed a Mediaset.

Una riuscita sinergia tra web, radio e televisioni locali, satellite e piazze interattive, ha consentito di concentrare milioni di persone intorno ad un evento multimediale alternativo al controllo RAI-Mediaset e in opposizione al dominio del governo sulla comunicazione.

Per un paese come il nostro è un fatto straordinario. Lo è perché a differenza di altri paesi la banda larga disponibile per le televisioni via web è ancora poca, perché il sistema radiotelevisivo locale è in gran parte subalterno ai network nazionali, perché il monopolio di Rai e Mediaset sulla raccolta pubblicitaria è schiacciante. Ma soprattutto perché sia i poteri forti che l’opposizione parlamentare sono ancora convinti che il controllo della televisione – e soprattutto della RAI – sia la linea che divide il bene dal male.

Raiperunanotte ha dimostrato che spezzare il monopolio televisivo è possibile e che chi si attarda ancora nei giochetti di potere e nell’accaparramento di qualche poltrona dentro la RAI, spacciandoli come ‘opposizione al monopolio berlusconiano’, non dice la verità si suoi elettori e non convoglia le energie umane e intellettuali disponibili nella direzione giusta.

Il progresso tecnologico, se orientato verso i bisogni sociali, rappresenta un obiettivo strumento a disposizione contro il monopolio dell’informazione. Occorre lavorare sistematicamente affinché quote crescenti di popolazione comincino ad usare normalmente strumenti di comunicazione di massa alternativi al monopolio televisivo, e che comincino a farlo senza sconti per nessuno.
Le giovani generazioni già sono in campo, forse inconsapevolmente, preferendo il web al tubo catodico. D’altra parte da anni gli ascolti delle radio crescono rispetto a quelli cristallizzati delle televisioni, perché in una società dove si passano sempre più ore nel traffico la radio diventa l’unico e il più adatto strumento di informazione regalando una magia e una tempestività inimmaginabili per qualsiasi palinsesto televisivo.

Rispetto a queste dinamiche e alle loro immense possibilità, si rivelano inadeguate le istanze conservative e corporative che concentrano solo intorno alla vicenda RAI tutte le priorità e le potenzialità della lotta per la libertà di informazione. Su questo abbiamo discusso, e polemizzato apertamente negli anni sia con la Federazione Nazionale della Stampa sia con i tanti nostri amici e compagni di strada che sulla televisione avanzano analisi interessanti ma che giungono a conclusioni disarmanti.

Intravediamo dunque le enormi potenzialità del meccanismo comunicativo messo in moto con la coraggiosa iniziativa di Michele Santoro. Ma ne intravediamo anche qualche rischio. Il mondo della comunicazione di massa alimenta e necessita continuamente del meccanismo del “guru”. O meglio alimenta la visione secondo cui la storia e la società di massa vedono determinati i loro processi da singoli individui che accolgono e rappresentano istanze di massa. E’ il rischio che corre un ottimo giornalista come Santoro, è l’ambizione evidente di un fondamentalista come Travaglio, è la ricaduta obiettivo del fenomeno Beppe Grillo o della costruzione a tavolino di eroi civili come Roberto Saviano. Tutti uomini soli – e che forse volutamente da soli - affrontano il potere e l’ingiustizia.

Noi scommettiamo su un’ipotesi diversa da quella dei “guru”, delle eccelse individualità che creano un universo concentrato su se stessi. Crediamo nella importanza dell’intellettuale collettivo, quando le potenzialità di ognuno arricchiscono e rafforzano quelle degli altri e dagli altri ricevono input, dettagli, informazioni aggiuntive, reciprocità.

Un altro rischio è quello di sostituire la ‘politica evento’ alla partecipazione attiva e cosciente di settori sociali espulsi non solo da quell’orizzonte della raccontabilità di cui giustamente parlava Iacona, ma anche dalla possibilità di far valere i propri diritti e bisogni senza per forza farsi rappresentare da qualche guru della politica o dell’informazione. Gli eventi non possono, e non devono, sostituire il conflitto.

Radio Città Aperta è orgogliosa di aver contribuito alla riuscita della trasmissione di ieri sera, e resterà in trincea insieme a tutti gli altri a difesa della libertà d’informazione e per il rafforzamento di un meccanismo di informazione alternativa. Alternativa al potere e ai suoi scodinzolanti epigoni, ma anche a quel conformismo che alberga in maniera trasversale in quasi tutti i media e che da sempre rappresenta il migliore alleato del potere. Citando il Maestro Mario Monicelli è proprio il caso di dire: ‘ci vorrebbe una rivoluzione’!