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Sinistra a un bivio. O con la FIOM o con gli amici di Marchionne

Publie le sabato 29 gennaio 2011 par Open-Publishing

redazione ControCorrente-sinistra prc

di Marco Veruggio
Direzione Nazionale PRC

L’ennesimo scandalo che investe Silvio Berlusconi e lo spettacolo indecoroso che il PD ha offerto in occasione del referendum di Mirafiori, presi insieme, ci dicono che oggi in Italia ci sarebbero le condizioni per mettere la parola fine alla lunga stagione del berlusconismo, ma anche che, al momento, non c’è una forza in grado di proporre una vera alternativa a quel modello. La richiesta di una nuova autorizzazione a procedere contro il Presidente del Consiglio, inviata dalla Procura di Milano, con tempismo perfetto, il giorno dopo la decisione della Corte Costituzionale sul legittimo impedimento, indica che l’establishment considera l’attuale Governo incapace di garantire la stabilità politica necessaria a gestire col dovuto ‘rigore’ la crisi sociale. C’è chi pensa che il Governo andrà avanti e non vi saranno elezioni anticipate. Ma ogni parlamentare che Berlusconi ‘convince’ a sostenerlo in aula è uno in più che può tenere il suo Governo sotto ricatto. Per una borghesia che vuole rendere l’Italia una grande Mirafiori ciò è poco tollerabile.

Tramontata ormai l’ipotesi di un governo tecnico, rimangono la possibilità di andare avanti così, in uno stato instabilità perenne, oppure di giocare la carta di un nuovo esecutivo, con una qualche forma di investitura popolare, che solo le elezioni possono garantire. E’ vero che i nuovi assetti politici che dovrebbero garantire la stabilità sono incerti e precari, ma dal punto di vista della borghesia italiana (e internazionale) sarebbe comunque difficile avere una situazione più ingovernabile dell’attuale. La vittoria di una coalizione PD-Terzo Polo determinerebbe una fuga di parlamentari berlusconiani sul carro del vincitore e significherebbe avere un governo con qualche contraddizione (ad esempio sui temi etici), ma abbastanza solida e omogenea sui fondamentali, cioè sull’economia. Una possibile vittoria del centrodestra significherebbe la santificazione di Berlusconi e dunque un governo più forte e stabile dell’attuale. Il capitalismo è cinico e sarebbe capace di tornare a osannare il reuccio di Arcore. La magistratura, che del capitalismo è un pilastro, a quel punto potrebbe anche decidere di archiviare e la stampa potrebbe distogliere lo sguardo dal buco della serratura. E’ successo per le stragi di Stato, figuriamoci se non potrebbe succedere per i festini di Berlusconi e della sua allegra combriccola di vecchietti lussuriosi.

D’altra parte qui non si tratta solo di cambiare governo: siamo a un passaggio epocale. Sacconi ha detto che a Mirafiori si è chiusa l’era inaugurata nel luglio del ‘93 - la cosiddetta concertazione. La traduzione politica di questo fatto è la fine della Seconda Repubblica, nata negli anni ’90 con l’introduzione del sistema bipolare e maggioritario (vedi l’articolo a pagina …), cioè una ristrutturazione complessiva del sistema politico italiano, a partire dall’attuale geografia dei partiti. Anche negli anni ’90 la svolta avvenne in modo improvviso, sotto le pressione degli eventi nazionali e internazionali, come Mani Pulite e la caduta del Muro. Le classi dominanti sanno che a volte il motore della storia accelera in modo improvviso e bisogna essere pronti a partire per un lungo viaggio anche senza aver cambiato l’olio e controllato la pressione delle gomme.

Dopo il PDL anche il PD è destinato a essere travolto. L’impatto del caso FIAT e dello scontro Fini-Berlusconi su di esso ha messo impietosamente in luce la sua natura di federazione di lobbies in lotta all’ultimo sangue tra di loro, più che di partito. L’effetto è tragicomico. D’Alema dice che chi rifiuta di allearsi con un pezzo del centrodestra (Fini) per battere il centrodestra è ‘mentecatto’. Su Mirafiori Bersani sfiora il capolavoro dicendo che ‘se l’accordo avrà conseguenze positive, vorrà dire che esso è positivo, sennò sarà negativo’. Fassino, candidato sindaco del PD alle comunali di Torino, e tutti i leader maximi del PD (con l’eccezione di Cofferati) si schierano col sì. Infine Bersani saluta la vittoria del sì col 54%, ottenuta dalla FIAT ricattando i lavoratori, come frutto di una ‘scelta democratica’. D’altra parte non c’è da stupirsi. I referendum di Marchionne sono come le primarie del centrosinistra. Li fanno solo quando pensano di vincere. La differenza è che nessun candidato del PD ci ha mai garantito che in caso di sconfitta si trasferirà in Canada.

D’altra parte i partiti della sinistra, che in questi anni avrebbero potuto presentarsi come la vera alternativa al berlusconismo di centrodestra e di centrosinistra, hanno scelto la via della subalternità al PD. Ci spiegano che per salvare la democrazia bisogna allearsi con un partito favorevole a far votare agli operai sotto ricatto la rinuncia ad alcuni diritti fondamentali. Vendola ha puntato tutto sulla propria candidatura alle primarie del centrosinistra, intesa come la chiave per ‘riformare da dentro il PD’ e oggi, dopo la svolta di Bersani verso Fini e Casini e la probabile cancellazione delle primarie, si trova come un bambino col suo giocattolo nuovo in frantumi. PRC e PdCI, gli si sono accodati, promettendo di sostenere la sua candidatura e oggi si ritrovano come lui senza una prospettiva, forse condannati a correre da soli alle prossime elezioni, non per scelta ma per necessità, e - a differenza di Vendola - oscurati dalla scena politica per manifesta incapacità del loro gruppo dirigente. Dunque mentre il risultato di Mirafiori accelera la discussione sulla costruzione di un partito di riferimento per la lotta dei metalmeccanici, il grosso della sinistra sta - come sempre - da un’altra parte, mentre l’inedita coppia Bertinotti e Cofferati lancia Lavoro e Libertà e si schiera in pole position come prima interlocutrice della FIOM, della sinistra sindacale, del movimento studentesco. Vendola, rischia di essere l’ennesimo pupillo di Bertinotti scaricato dalla sera alla mattina.

Difficilmente un processo di ristrutturazione della politica italiana partirà prima che si sappia se vi saranno elezioni anticipate o se al contrario non si voterà per un periodo adeguatamente lungo. Nessuno ha interesse a contarsi nel bel mezzo di una fase di trasformazione. Tuttavia questa ristrutturazione appare inevitabile e chiede a tutti noi di decidere ora dove vogliamo dirigerci. A me sembra che il superamento degli attuali partiti della sinistra in direzione di un nuovo soggetto in cui possano confluire, unificandosi, forze e correnti diverse e in grado di dare una rappresentanza politica unitaria ai lavoratori, agli studenti e a chi lotta contro le politiche neoliberali, sia probabile e anche desiderabile. La piattaforma della manifestazione del 16 ottobre potrebbe essere una buona base di partenza per dotare questo soggetto di un programma adeguato. ControCorrente starà dentro questa discussione, pronta a confrontarsi con chiunque, ma con due convinzioni ferree. La prima è che Mirafiori è una linea di confine: chi vuole rappresentare i lavoratori è politicamente incompatibile coi partiti che hanno appoggiato la FIAT. La seconda è che noi chiamiamo questo nuovo soggetto ‘partito dei lavoratori’ e non ‘partito del lavoro’, intendendo che debba trattarsi di un partito di/dei e per i lavoratori, non di un partito di ‘amici dei lavoratori’ paracadutato sulla loro testa e reclutato un minuto prima del fischio finale nel jet set delle burocrazie politico-sindacali.