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UN IMPERO QUASI INSOLVENTE

Publie le lunedì 3 maggio 2010 par Open-Publishing
7 commenti

Il 5 maggio l’amministrazione comunale di un’importante città dell’Occidente resterà senza più soldi in cassa. Non si tratta di Atene, ma di Los Angeles. A Colorado Springs, già da qualche tempo donazioni private sono indispensabili per tenere aperti i parchi. Nel Maryland molti lavoratori pubblici saranno a breve messi in congedo per il secondo anno consecutivo. Sono tre esempi di un unico problema: l’insostenibilità del debito pubblico Usa.

Il debito del governo degli Stati Uniti è attualmente di circa 13.000 miliardi di dollari. Ancora più grave il fatto che il deficit di bilancio annuale del 2009 è stato di 1.400 miliardi di dollari (pari all’11,2% del prodotto interno lordo), superiore anche a quello che si ebbe nel 1942, in piena seconda guerra mondiale. È in rosso sia il bilancio federale, che quello degli Stati dell’Unione (180 miliardi il loro deficit di bilancio 2010) e di moltissime municipalità. Vanno poi aggiunti i debiti delle agenzie pubbliche di mutui immobiliari Fannie Mae e Freddie Mac (5.000 miliardi) e soprattutto la necessità di finanziare nei prossimi anni prestazioni pensionistiche e sanitarie per qualcosa come 41.000 miliardi di dollari.

In ambito pensionistico, la crisi ha creato una vera e propria voragine. Basti pensare che i soli 3 fondi pensione dei dipendenti pubblici della California (che riguardano 2 milioni e mezzo di persone in tutto) hanno riportato tra il giugno 2008 e il giugno 2009 perdite per poco meno di 110 miliardi di dollari. Secondo una ricerca appena pubblicata dalla Stanford University lo squilibrio tra il patrimonio di questi 3 fondi e le prestazioni da erogare ammonta a 500 miliardi di dollari. I buoni del Tesoro emessi dagli Usa (i T-Bond) sono passati da 3.410 miliardi di dollari del 2000 a 7.545 miliardi nel 2009. Quest’anno sono previsti almeno altri 2.000 miliardi di nuove emissioni. A queste cifre vanno aggiunte le emissioni statali e municipali. Le sole obbligazioni municipali in essere lo scorso anno ammontavano a 2.800 miliardi di dollari. E va notato che queste obbligazioni rappresentano un ulteriore aggravio per il bilancio federale, che finanzia un terzo degli interessi pagati dalle municipalità agli obbligazionisti. A questi ritmi, entro dieci anni il governo federale degli Stati Uniti dovrà emettere 750 miliardi di obbligazioni all’anno soltanto per ripagare gli interessi sui titoli di Stato già in circolazione.

Con questa montagna di debito pubblico, è dubbio che gli Stati Uniti possano beneficiare ancora a lungo del rating elevato attuale (tripla A). Lo ha dichiarato la stessa agenzia di rating Moody’s, ipotizzando che in un prossimo futuro gli Usa (al pari della Gran Bretagna) potrebbero subire un abbassamento del loro merito di credito. Qualche sinistro scricchiolio sul fronte degli acquirenti del debito Usa (per la metà collocato all’estero) si comincia già ad avvertire: a gennaio, per il terzo mese consecutivo, i cinesi hanno ridotto le loro posizioni in titoli di Stato Usa, e a marzo i gestori di Pimco, il più grande fondo obbligazionario del mondo, hanno escluso i T-Bonds dai loro nuovi acquisti. Gli analisti di Morgan Stanley non escludono che quest’anno la domanda di titoli di Stato americani possa risultare inferiore all’offerta per 600 miliardi di dollari, con un conseguente forte rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato americani (ossia degli interessi che gli Usa devono pagare a chi acquista questi titoli).

Sulla sostenibilità del debito pubblico incidono anche le prospettive dell’economia: che allo stato sono tutt’altro che brillanti, a dispetto di quanto si sente ripetere. La moderata crescita del pil degli ultimi trimestri è attribuibile per due terzi a programmi di stimolo governativi (in particolare agli incentivi per la rottamazione delle auto e ai sussidi per l’acquisto della prima casa): cioè è stata pagata con l’aumento del debito pubblico. Lo stesso vale per la crescita dell’occupazione a marzo, che ha beneficiato di 48.000 posti di lavoro pubblici part-time creati per il censimento. In un contesto del genere la stessa crisi greca, che sinora ha indubbiamente avvantaggiato gli Stati Uniti (rafforzando il dollaro a scapito dell’euro), potrebbe rivelarsi micidiale in quanto potrebbe innescare una crisi più generale del debito sovrano. Un effetto-domino che colpisse il debito pubblico degli stati avrebbe conseguenze drammatiche ed imprevedibili, perché colpirebbe i prestatori di ultima istanza che hanno salvato il sistema finanziario internazionale dal collasso. Ma è uno scenario che non si può escludere: in fondo, come ha affermato recentemente l’analista Dylan Grice di Societé Générale, “i governi degli Stati più sviluppati sono insolventi secondo ogni ragionevole definizione”.

I numeri visti sopra ci dicono che in questo scenario gli Stati Uniti sarebbero un bersaglio più che plausibile. Per dirla con lo storico Niall Ferguson, oggi “il debito Usa è un riparo sicuro allo stesso modo in cui era considerato un porto sicuro Pearl Harbour nel 1941”.

Vladimiro Giacchè

Da il Fatto Quotidiano del 27 aprile 2010

Messaggi

  • Si conferma quanto vado sostenendo da settimane e cioè che l’attacco alla Grecia è un attacco del governo americano contro l’euro prima che i cinesi abbandonino definitivamente il dollaro. L’attacco alla Grecia è infatti altrimenti inspiegabile poichè Inghilterra e Belgio hanno deficit superiori( il Belgio raggiunge il 25%)e gli Stati Uniti hanno un deficit gemello( commerciale e di bilancio) non supportato da capacità di risparmio del paese come nel caso di Italia e Grecia.michele

    • Articolo preciso e puntuale nella sua logica.

      Ma le vicende di questi mesi stanno dimostrando che occorre fare i conti anche con l’oste, cioe’ con gli Usa.

      La loro storia insegna che hanno sempre vissuto facendo pagare agli altri popoli, soprattutto quelli sottomessi, il loro debito.

      Non credo che abbiano intenzione di crollare senza far nulla.

      Ripeteranno il loro cliche’: la guerra.

      Radisol

    • Finalmente si parla approfonditamente di economia su B.C ,un bell’articolo che meglio non poteva spiegare quale sia la situazione del capitalismo in generale, in metastasi all’ultimo stadio, di un "si salvi chi puo"’ ma non sivede come e chi, potrebbe salvarsi ,non c’è via di uscita, visto che il capitalismo dipende in maniera smodata dal consumo e non si vede come si potrebbe rilanciare i consumi con debiti publici di questa fattaDitemi voi l’assurdo di un taglio degli stipendi del 20/30 %sai come si rilanciano i consumi!
      Tra tutti i pianistei che costellano la sinistra tra autolesionismo ed disperazione di una "depressione da 89" non ancora superata, ci stiamo perdendo una soddisafzione storica che l’oggi ci riserva ed ancor piu’ il domani, chi non aveva buttato la bandiera rossa nel fosso sa che ora è il momento del riscatto delle nostre ragioni,era veramente un gigante dai piedi di argilla.
      Alex

  • Oggi la guerra non si fa con i soldati anche perchè con le sconfitte in corso d’opera non sarebbe il caso, si fa con le finanziarie usate come mastini che corrompono i politici per far firmare accordi capestro con interessi elevatissimi e poi strangolare i paesi. Lo hanno fatto per tanti anni in sudamerica ma ora che si sono fatti furbi ripeto il copione( aggiornandolo ) in Europa. L’euro fa paura, troppa paura che gli S.U. debbano veramente ripagare debiti che non possono onorare neanche in dieci generazioni e che,d’altronde, non vogliono ripagare perchè sarebbe la fine del loro stile di vita, l’American Dream.Eppure la soluzione sarebbe semplicissima:basterebbe fare una legge che impedisca a stati e regioni di fare contratti con Goldman Sachs o J.P Morgan perchè "non affidabili" ed affidare le valutazioni di rating ad un organismo sovranazionale che non abbia rapporti con le banche come per i controlli atomici si usa l’AIEA. michele

    • beh, in medioriente non si usa solo la finanza per "bombardare" la gente... Non dimentichiamocelo... così come la mattanza a due passi da casa nell’ex jugoslavia... morire, si continua a morire come al solito nelle guerre...

    • Per il capitalismo,non funziona piu’ neanche il classico strumento della guerra che così ben servì con quella mondiale, per fare uscire gli states dalla depressione del 29 ,per il semplice motivo che non ci sono piu’ mercati da conquistare come in quella occasione, ne’ un terzo mondo che fornisce le materie prime praticamente gratis. Quella per il petrolio si è dimostrata una perdita colossale,non parliamo poi di quella in Afganistan e Pakistan per un supposta guerra al terrorismo come se per preparare un po’ di bombole di gas ed un detonatore come l’ultimo fallito attentato, bisognasse avere a disposizione delle basi in Waziristan e non un semplice garage, che idiozia!
      Se un liberista fosse rimasto in coma nel 2007 e si risvegliasse oggi rimarrebbe traumatizzato da cosa è successo al capitalismo,vi ricordate come ci avevano riempito la testa: solo il mercato è la soluzione, solo le borse danno dati reali, i controlli di stato e l’economie programmate sono ridicoli ferrivecchi inservibili,nostalgie di dinosauri comunisti ,ci dicevano: solo il lucro puo’ movere tutto anche in ambiti dove il lucro è scandalo come in quello farmaceutico della sanità ecc,ci dicevano che il petrolio è infinito, infinito come i fosfati per un’agricoltura "moderna"buttimao via piu’ roba che possiamo che così l’economia marcia Oggi la maschera è caduta, i grandi teorici si azzuffano e non sanno piu’ che pesci prendere ,questa ideologia che ci veniva spacciata come unica soluzione sta franando senza via di uscita, dopo aver retto solo un altro po’ a prezzo di indebitamenti colossali e di fuffa messa in giro, ora è al capolinea .Possiamo ben dire con infinita soddisfazione, che i dinosauri sono adesso loro che cercano di risollevarla con i soliti strumenti ,consumi impossibili, le auto e tutta la serie,che hanno portato allo sfascio E’ anche e soprattutto una disfatta ideologica ,di idee di programmi, il riformismo appare inevitabilmente ,di fronte a questi temi epocali, stumento ridicolo, qui si tratta di cambiamenti radicali e noi intanto pensiamo a Berlusconi ed a Scaiola quando è ormai evidente che saranno tutti travolti da questa crisi epocale come Mussolini dalla guerra
      Alex

    • Dal Partenone ci arriva un grande messaggio!Torniamo a pensare in maniera internazionalista e veramente anticapitalista!Bravo Vladimiro bell’articolo!
      Machel