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Un bel congresso
par Claudio Grassi
Publie le lunedì 5 dicembre 2011 par Claudio Grassi - Open-PublishingDi seguito la trascrizione del mio intervento al Congresso di Rifondazione svoltosi a Napoli. Alla fine dell’intervento i link con i risultati delle elezioni del segretario nazionale e del tesoriere nazionale. I componenti della segreteria nazionale e del comitato politico nazionale e del Collegio di Garanzia.
Care compagne e cari compagni,
il congresso è il punto più alto della vita politica di un partito e viene prestata molta attenzione alle scelte politiche che vi vengono assunte. Ma un congresso nazionale è anche quello che c’è dietro alle quinte, che non si vede, ma che lo rende possibile. Parlo delle decine e decine di compagne e compagni che hanno lavorato e lavorano anche in questo momento affinché tutto funzioni per il meglio. Pur senza nominarli – sarebbero troppi – vorrei ringraziarli tutti a nome di tutti voi.
Un congresso è fatto anche dai messaggi che simbolicamente si vogliono trasmettere all’esterno, perché alludono alla propria carta di identità, al proprio profilo. Da questo punto di vista sono orgoglioso di far parte di un partito che subito dopo la relazione del Segretario ha deciso di dare la parola a coloro che nei punti alti del conflitto lottano per i diritti e la giustizia, dagli Stati Uniti alla Grecia, dal Cile alla Germania, dalla Palestina al Kurdistan. Ed è stata una grande soddisfazione, dopo le polemiche degli anni passati, sentire il calore con cui è stato accolto l’intervento dell’Ambasciatrice di Cuba in Italia.
Un congresso ha anche un titolo, che è un messaggio. Mai messaggio è stato più azzeccato di questo: connettiamoci. Connettiamoci tra di noi. Connettiamoci con le forze disperse della sinistra. Connettiamoci con il nostro popolo che ci ha visto e ci vede distanti in conseguenza degli errori degli anni passati e delle continue divisioni. Connettiamoci nel senso di usare di più, con più intelligenza, con più coordinamento, quello straordinario strumento che è la rete, dove non solo abitano milioni di persone e il 90% sono giovani, ma che è stata uno strumento essenziale per la costruzione di imponenti manifestazioni in questi anni.
Il senso di questo Congresso
Compagne e compagni, qual è il senso di questo congresso? Il senso di un congresso è la linea politica che sceglie e su cui fare lavorare il partito. Ma il senso del nostro congresso è dato anche dal bilancio di questi tre anni e dal messaggio che, su questa base, il gruppo dirigente uscente vuole dare al corpo del partito. D’altra parte ogni congresso ha il suo tratto distintivo. Quello di Chianciano fu la scelta tra la permanenza di Rifondazione comunista e la costruzione di una nuova forza politica di sinistra genericamente di sinistra. Il tratto distintivo di questo VIII congresso, a mio parere, si sostanzia nella unità con cui il gruppo dirigente si è presentato agli iscritti per rilanciare la nostra impresa politica.
A differenza degli ultimi due congressi, quello di Venezia e quello di Chianciano, il gruppo dirigente ha lavorato per fare una sintesi, ha ricercato gli elementi di unità e non di divisione. Questo lo considero il fatto più importante di questo congresso.
Abbiamo resistito, e questo è motivo per noi di legittimo orgoglio. Ma dobbiamo sapere anche che la risalita sarà ancora dura e che per realizzarla l’unità del partito è la precondizione fondamentale.
Un bilancio di questi tre anni
Dicevo del bilancio. Su questo posso dire che in questi tre anni di resistenza, nei quali abbiamo dovuto reggere la scissione più pesante mai subita dal Prc, abbiamo fatto principalmente tre cose.
Innanzitutto abbiamo gestito una situazione economica drammatica, sia per il partito (abbattendo il bilancio da 15 a 4 milioni di euro all’anno e su questo terreno stiamo ancora lavorando), sia per il giornale, in precedenza gravato da un debito annuo di 3 milioni di euro.
In secondo luogo abbiamo cercato di evitare due opzioni politicamente sbagliate, due derive che avrebbero ucciso il nostro progetto: quella omologante dell’internità all’Ulivo, e quella isolazionista, insensibile – anzi, pregiudizialmente ostile – alla politica unitaria e delle alleanze. Se volete, abbiamo scelto in proposito la posizione più difficile e la più criticata, da destra e da sinistra, ma quella più giusta, che ci consente oggi, nel nuovo contesto politico, di essere, potenzialmente, punto di riferimento sia per i critici di destra sia per quelli di sinistra.
La terza cosa su cui tutti abbiamo lavorato, pur con tanti limiti che vanno superati, è stata il riposizionamento del partito nella società, nelle lotte e nelle vertenze. L’internità ai conflitti è nel DNA di Rifondazione, ma in questi anni abbiamo operato affinché questa vocazione si traducesse ogni giorno, concretamente, nella pratica del nostro impegno, stando davvero a fianco di chi lottava, animando vertenze e promuovendo manifestazioni e occupazioni.
Queste sono le cose principali su cui abbiamo lavorato e su cui occorre continuare a lavorare per rendere ancora più efficace l’iniziativa del partito.
Una proposta di fase
Detto questo, si tratta di fare uscire da questo congresso una proposta di fase che si collochi nella nuova situazione politica. Una nuova situazione politica nella quale un governo che abbiamo duramente combattuto (quello di Berlusconi) se ne va, e di ciò non possiamo che essere soddisfatti; ma – e qui sta l’elemento che non ci consente di trasformare questa soddisfazione in una soddisfazione politica – il governo non viene fatto cadere da una opposizione, ma perché ciò viene deciso dalla Bce e dalle istituzioni internazionali che stanno gestendo questa crisi per nome e per conto del capitale. Il governo che nasce, il governo Monti, non può avere il nostro appoggio, proprio per la missione che assume sin dal suo atto di nascita. Cioè gestire la crisi con le ricette che l’hanno provocata, con la lettera e i punti della Bce.
Da questo punto di vista la definizione di governo tecnico è completamente sbagliata. Il governo Monti-Napolitano non è un governo tecnico, è un governo straordinariamente politico. È il governo della grande coalizione. È il governo – se reggerà – che non ha solo il compito di fare passare le misure economiche volute dalla Bce, ma anche quello di scomporre e ricomporre il sistema politico italiano secondo i desiderata dei poteri forti di questo Paese. Un bipolarismo – quale si è configurato in questi venti anni – che a destra è condizionato dalla Lega e a sinistra dalle forze a sinistra del Pd non è più considerato utile non solo dal Corriere della sera, ma anche dalla Repubblica, non solo dal Vaticano, ma anche dalla Confindustria. Una destrutturazione di questo quadro politico è l’altro lato della medaglia di questo governo, e non a caso il suo sostenitore principale, quello che più si trova a suo agio in questo contesto, è Casini, che da vent’anni lavora per questo obiettivo. In ogni caso – lo ripeto – è un governo il cui programma, ormai delineato, ci dice che merita una netta, forte, inequivoca opposizione.
La sciagura più grave sarebbe quella di lasciare il ruolo dell’opposizione alla Lega Nord.
La nostra ambizione deve essere quella di costruire una opposizione di massa, non minoritaria, lavorando nelle contraddizioni delle forze politiche del centrosinistra che sostengono Monti, come il Pd, i cui contrasti interni sono evidenti e che possono portare anche alla rottura di questo partito, e in particolare Sel, che oggi vive una contraddizione tra il proprio progetto e la realtà che si è determinata.
Non dobbiamo mai dimenticare che i progetti di queste forze politiche sono diversi dal nostro, ma il blocco sociale di riferimento, l’elettorato, spesso coincide con il nostro e la nostra ambizione deve essere quella di vincere la sfida dell’egemonia.
Da questo punto di vista non serve chiudersi nel recinto del centrosinistra, ma nemmeno nel recinto del settarismo e del minoritarismo. Lo abbiamo imparato da Antonio Gramsci, che subito dopo la scissone di Livorno, che diede vita al Pcd’I, ingaggiò una dura battaglia politica contro il settarismo di Bordiga che lo portò ad elaborare quello straordinario documento politico che furono le Tesi di Lione. Quindi da subito proponiamo un patto di consultazione con le forze dell’opposizione al governo Monti e poche proposte alternative: poche ma chiare, comprensibili e praticabili.
La prima cosa che dobbiamo dire è che non è vero che non ci sono alternative, non è vero che c’è stato un impoverimento generale. In questi vent’anni vi è stato un enorme trasferimento di ricchezza dal lavoro alle rendite e ai profitti. È lì che bisogna reperire le risorse: una patrimoniale stabile oltre i 500mila euro varrebbe 21 miliardi di euro, la tassazione aggiuntiva sui capitali illegalmente portati all’estero e rientrati con lo scudo fiscale varrebbe 15 miliardi di euro e riducendo le spese militari del 20%, ritirandoci dall’Afghanistan e rinunciando all’acquisto degli F35 si risparmierebbero altri 10 miliardi di euro. Il totale è di 46 miliardi: come si vede è possibile fare diversamente da quanto propone il governo. Si tratta di sceglierlo, si tratta di avere volontà politica!
Rilanciare la Fds, costruire la Sinistra alternativa, rafforzare il Prc
Assieme a questo dobbiamo proseguire, nonostante tutti i suoi attuali limiti, nella costruzione della Federazione della Sinistra. Non come nostro progetto strategico, ma come primo passo verso la costruzione di un polo della sinistra di alternativa che inverta la pratica delle divisioni di questi anni e che diventi massa critica per il popolo della sinistra. Sappiamo dei limiti della Fds, ma tornare indietro sarebbe ancora peggio e quindi, responsabilmente, dobbiamo impegnarci per correggere questi limiti e andare avanti.
In questo processo, decisivo diventa il rafforzamento politico e organizzativo di Rifondazione comunista, che passa attraverso il consolidamento dell’unità del gruppo dirigente. Il Prc è il perno senza il quale difficilmente si potrebbe ricostruire in questo Paese una sinistra di alternativa che, come chiedeva il Segretario della Fiom dal palco del 16 ottobre dello scorso anno, diventi sponda politica dei movimenti, in primo luogo del movimento dei lavoratori.
Le possibilità ci sono, in Italia e in Europa. Ne abbiamo avuto una conferma recente con le elezioni spagnole. Izquierda Unida, una forza politica data per spacciata da alcuni anni, è risalita dal 3,8% al 7%. Il suo è un progetto politico che dobbiamo guardare con attenzione, all’interno del quale i comunisti e le comuniste sono forza decisiva e hanno mantenuto la loro autonomia. Ma Izquierda Unida è anche un soggetto politico vero e proprio e non un mero cartello elettorale. Se costruire forze unitarie della sinistra di alternativa è stato possibile in Spagna, in Germania, in Grecia, in Portogallo e in Francia, sarà possibile anche in Italia. Dobbiamo lavorarci con tenacia e passione.
RISULTATI VOTAZIONE:
- Segretario nazionale PAOLO FERRERO - 118 votanti. 100 a favore, 12 contrari 6 astenuti.
- Tesoriere nazionale MIMMO CAPORUSSO – 118 votanti. 106 favorevoli, 4 contrari, 8 astenuti
- Segreteria nazionale: 101 votanti. 82 favorevoli, 15 contrari, 2 bianche e 2 astenuti. PAOLO FERRERO E MIMMO CAPORUSSO di diritto. IRENE BREGOLA, ROBERTA FANTOZZI, MARCO GELMINI, CLAUDIO GRASSI, GIANLUIGI PEGOLO, ROSA RINALDI, AUGUSTO ROCCHI.
COLLEGIO NAZIONALE DI GARANZIA
DOCUMENTI CONCLUSIVI: