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in difesa di Rifondazione Comunista

Publie le mercoledì 14 aprile 2010 par Open-Publishing
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In difesa di Rifondazione Comunista

Vogliamo vedere il nostro capo riconosciuto ad una parata militare con la spilla della pace accanto ai generali dell’esercito, oppure vogliamo eliminare le spese militari?

Disastro politico ed economico
In questi giorni, si sta infittendo il dibattito sul ruolo e la funzione all’interno della sinistra italiana del Partito Della Rifondazione Comunista. Il dibattito è riemerso dopo i risultati deludenti ottenuti dall’embrione di Federazione Della Sinistra alle elezioni regionali. E’ parte, in effetti, di un dibattito che inizia anni fa quando ancora il PRC era guidato da Fausto Bertinotti. La Sinistra l’Arcobaleno fu un effetti un tentativo di accelerare un progetto di rinnovamento della sinistra in Italia, progetto risultato vano dato il disastroso risultato elettorale. La conseguente scomparsa della sinistra comunista dal Parlamento Italiano ha introdotto nel dibattito politico un elemento economico. I partiti che diedero vita al cartello Arcobaleno si ritrovarono da quel momento espulsi dai finanziamenti elettorali, con conseguente rischio di collasso per le proprie strutture. Il rischio si è in questi anni ulteriormente aggravato. La sinistra è infatti fuori dal Parlamento Europeo, e ha visto nelle ultime elezioni regionali diminuire fortemente il proprio numero di rappresentanti eletti.
Nei giorni scorsi un articolo del “Fatto Quotidiano” di Luca Telese riportava, con un certo compiacimento, i termini di questa situazione parlando dei “cassintegrati di PRC e PDCI”. Il tutto mentre l’ex comunista (?) Vendola grazie ai propri eletti concentrati soprattutto in Puglia poteva secondo Telese permettersi di navigare in acque migliori, con la concreta possibilità di finanziare la propria personale campagna a candidato per il centrosinistra alle prossime elezioni politiche.
Ora, al di là delle polemiche giornalistiche più o meno interessate, è innegabile che i partiti comunisti siano in una situazione di grave disagio economico. E’ facile capire quanto questa difficile situazione economica si rifletta anche su una impossibilità da parte dei partiti comunisti di sviluppare una politica autonoma. Garantirsi gli eletti a tutti i costi diventa un imperativo anche a scapito della possibilità di esprimere compiutamente una propria linea politica. Ovviamente, i serpente per sua natura si mangia la coda, e le difficoltà economiche non nascono dal nulla, ma derivano da una disaffezione degli elettori che è tutta politica. Analizzare quali sono le cause di questa disaffezione e la loro analisi richiederebbe libri interi. Si analizzano quindi soprattutto le cause soggettive che ci sono e andrebbero superate in fretta, mentre spesso si dimenticano le cause oggettive.

Bipolarismo
Dovremo rispondere ad una domanda non facile. E’ possibile nell’Italia di oggi lo sviluppo e la crescita di un soggetto politico comunista? Quanto è compatibile una politica comunista, pur profondamente rinnovata, in un sistema politico dove da più parti si parla di regime di fatto? Una politica che proponga il superamento del sistema capitalista può in tali condizioni accedere al dibattito, eleggere rappresentanti che si muovano in coerenza con gli ideali rivoluzionari a cui si fa riferimento? La difficoltà oggettiva del movimento comunista in Italia sta anche in questi ragionamenti. Arriviamo quindi alla banalizzazione, al sistema elettorale di fatto bipolare, o al conflitto di interessi dell’informazione. Dovremo chiederci se esiste un interesse, al di là della figura di Berlusconi, a mantenere di fatto un sistema politico dove le alternative non sono rappresentate, e realmente non possono accedere alle istituzioni. In Italia l’opposizione di sinistra non è in parlamento anche perché nelle recenti elezioni politiche il centrosinistra ha introdotto una soglia di sbarramento al 4% allo scopo di favorire il voto utile. Tale soglia è stata introdotta anche alle elezioni Europee. Il bipolarismo è stato introdotto e sospinto anche grazie al centrosinistra.

Il conflitto di interessi nel campo dell’informazione
E’ indubbio che ci sia, la domanda da porsi è se serva solo a Berlusconi e alla destra. Se rispondiamo di sì, forse facciamo propaganda, ma diciamo cose perlomeno inesatte. Certo, esiste un evidente disequilibrio di forze, ma il centrosinistra controlla per interposta persona una gran fetta dell’informazione (a cominciare dal potente Gruppo De Benedetti) e accede a programmi televisivi di grande audience che il centrodestra gli appalta in nome del pluralismo. Da queste garanzie, già non sufficienti per una democrazia di fatto, ad essere espulsa è la sinistra. Paradossalmente i comunisti sono più assenti nell’informazione progressista e hanno qualche spazio nell’informazione di destra, usati spesso in maniera strumentale.

Leaderismo e tradimenti
Qualcuno rimpiangerà i tempi di Fausto Bertinotti, uno che in televisione o sui giornali non mancava mai. Si dirà quindi, utilizzando un linguaggio d’oggi, che allora avevamo una narrazione. Credo che questo sia in parte vero. Ritengo che Bertinotti abbia retto le sorti della sinistra italiana praticamente da solo per un lungo tempo. Rivendico però la possibilità, per un partito e per i suoi militanti di critica. E’ indubbio che la politica di Fausto Bertinotti ad un certo punto è stata sentita come estranea da un corpo di militanti che ha reagito, ed ha portato la sua reazione fino a mettere i gioco il concetto di partito personale. Il congresso di Chianciano è stata la rivolta di un popolo che si sentiva in grado di continuare una storia da comunisti, mentre Bertinotti ed altri pensavano che quella storia fosse da chiudere. In questo si inquadra la scissione (prima negata, poi effettuata) di Vendola ed altri compagni. Non si tratta di tradimento, si tratta di capire che sono diverse le cose che si vogliono fare. Essere un partito di sinistra non vuol dire essere necessariamente comunisti o socialisti (in senso letterale). Perseguire il superamento di un sistema di oppressione come il capitalismo non è esattamente la stessa cosa di chi ritiene che occorra più progresso civile mantenendo inalterato il sistema. Non ha senso chiederci se siamo diversi politicamente, la risposta è ovviamente positiva. Occorre forse domandarci se in questa situazione oggettiva occorra unire le forze tra diverse culture, oppure marciare divisi.

In attesa del cadavere
E’ indubbio che oggi il PRC e la Federazione della Sinistra siano in crisi politica e di idee. Non possiamo però dimenticarci che oggi questo è l’unico luogo politico italiano dove si tenta, effettivamente in maniera incoerente, di elaborare una politica di critica allo sfruttamento del capitale. Questo luogo, con le sue miserie politiche e a volte anche personali, è il principale luogo politico organizzato dove il pensiero critico rispetto al sistema liberista, è ancora al centro del discorso. Possiamo disinteressarci della sua sorte o pensiamo in qualche modo di rivitalizzarlo? Pensiamo da comunisti che si possa fare da soli in nome di una purezza ideologica? Non mi è indifferente la sorte e l’elaborazione politica dei partiti che si sono allontanati da sinistra dal PRC, ne conosco e ne comprendo le cause, voglio capire se per loro è ancora utile riprovare a crescere, magari unendo le forze senza aspettare cadaveri sul fiume. Sapendo che la costruzione paziente di un movimento reale, è cosa ben diversa dal cercare un leader che ci salvi, per poi magari affondarci una volta che non ci rappresenta più.

La differenza per me sta qui
Forse tra un po’ Rifondazione non esisterà più. Non so se avremo nostalgia. Ci potremmo chiedere se forse non era il caso di provare ancora. Magari senza riuscirci. Tentando, perché da comunisti non abbiamo alternative, perché sentirsi parte di una storia collettiva può aiutare a superare le incomprensioni. Fino a che ci sarà uno spazio, anche piccolo. Farlo crescere di militanti e di idee critiche è il nostro principale compito. Anche se costruiremo qualcosa di diverso, dovremo costruirlo partendo dai lavoratori, non dalle istituzioni.

Sui muri della mia città
Ogni tanto compaiono dei volantini anonimi. Riportano l’elenco dei deputati e dei senatori di Rifondazione che hanno votato il Pacchetto Treu sulla precarietà. Se ne potrebbero fare altri, riportando per esempio l’elenco di chi ha votato per l’introduzione dei lager per migranti, oppure per il rifinanziamento della missione in Afghanistan. Le stesso cose che ogni tanto leggo sui muri, che immagino siano rivolte anche a me, me le sento rimproverare da compagni con cui mi ritrovo nei presidi o nelle assemblee di lotta. Non si tratta di negare ciò che è palese e neppure dire che la svolta di Chianciano ha fatto autocritica. Io non posso dire che il Partito della Rifondazione Comunista non farà più questi errori, non ho la bacchetta magica e sono un semplice militante. Lavoro per questo e mi sentirei meno solo se potessi esprimere il mio pensiero critico assieme ad altri che magari lo condividono, così come mi piacerebbe discutere anche con chi pur condividendo una storia, e condividendo i miei obiettivi ideali la pensa in maniera opposta.

Un progetto costituente?
Questa espressione è presente nel documento che il CPN del PRC ha approvato in fase di discussione post elettorale. Molti compagni critici pensano che sia solo aria fritta. Sicuramente so solo che la Federazione della Sinistra per come la conosciamo oggi è un qualcosa che non può rispondere ad un processo di riorganizzazione dei militanti politici che vogliono ancora oggi provare a progettare una società anti capitalista, pacifica e egualitaria. Ma so anche che il futuro non è mai scritto a priori, dipende dai contenuti e dalle esperienze che ognuno di noi vuol provare a dargli. Oggi va di moda una espressione che in teoria ci vede tutti d’accordo. Si dice che occorre unire la sinistra nelle lotte. Io penso che si debba fare, sono convinto che si faccia troppo poco, e penso anche che tutto questo non funzioni se non proviamo anche a riprendere un senso comune nell’elaborazione politica. Per fare questo credo che serva un contenitore che sia di stimolo all’unità.
Viviamo in una città grande, capoluogo, in cui i militanti comunisti che a vario titolo partecipano alle lotte non superano i cento, centocinquanta. Tutti frammentati in organizzazioni che non si parlano, che passano metà del loro tempo a criticare l’operato altrui. Che alle prossime elezioni comunali non avranno neppure discusso del futuro della città. In cui l’organizzazione più grande magari proporrà una unità con il centrosinistra e le altre inviteranno all’astensione, oppure sceglieranno un candidato di bandiera. Qualcuno a quel punto conterà gli astenuti, qualcun altro conterà il numero di voti disgiunti per il loro candidato. Tutti in buona fede convinti di aver ragione. Costruiamo qualcosa in questo modo? Proviamo a discutere del futuro della sinistra nei nostri territori, sperando e lavorando perché accada anche in Italia, magari partendo ciascuno dalle sue organizzazioni. Per quel che vale credo che Rifondazione debba riprovare a fare questo. Se questo vale come appello, vi pregherei di sottoscriverlo.
www.rifondazionegeymonat.tk

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Messaggi

  • Concordo in pieno con le considerazioni di Roberto, meno che su un punto: Rifondazione di idee, elaborazioni e proposte ne ha eccome, il solo problema sta nell’essere fuori dal mercato della politica bipolare e quindi essendo poveri, e non riuscendo a frequentare ipermercati e boutique, dobbiamo "vendere" meglio e di più nei mercati rionali, ritornando a fare gli ambulanti. Non avremo futuro se ci accoderemo alla narrazione viziata di Vendola, in nome di una patetica e mistificatoria unità della sinistra, se accodata al carro neoliberista PD-Di Pietro, e succube di un nuovo presuntuoso capopopolo.