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Perchè ho votato
Nei giorni scorsi i giornali progressisti, gli intellettuali democratici, i passanti antirazzisti e antifascisti ci hanno raccontato la favola bella di una destra in difficoltà. Secondo loro spirava un vento francese, si incrinava la narrazione berlusconiana per dirla con il gergo caro al presidente della Puglia Vendola. Alcuni ce lo raccontano ancora ora, forse incapaci di leggere i dati elettorali, o peggio solo interessati a coltivare le proprie ambizioni di bottega.
Qualcuno oggi si consola vedendo che il Popolo delle Libertà perde un po’ di consenso, il PD tiene.
Nessuno ha voglia di considerare che queste elezioni ci consegnano un grande aumento di consensi per il partito xenofobo della Lega Nord, che sostituisce con un più di aggressività e fanatismo il già putrido consenso del Pdl. Nel fronte opposto il partito che ottiene più consensi è l’IDV, partito che fa del giustizialismo e del populismo mediatico la sua ragione d’essere.
Come in un brutto sogno il popolo viola assume i toni del nero. La campagna martellante sulle malefatte del presidente del consiglio e dei suoi collaboratori non scalfiscono minimamente il blocco sociale della destra italiana, anzi ottengono il risultato di spostare ancora più a destra l’asse politico di questa coalizione.
La sinistra in Italia è divisa in due tronconi, con Sinistra e Libertà forte al sud, soprattutto nella roccaforte della Puglia e la Federazione della Sinistra che ottiene consensi soprattutto al centro. Comunque in Italia continua a votare a sinistra solo una percentuale dell’elettorato intorno al sei, massimo sette percento.
La Liguria ad oggi appare l’unica regione in cui il centrosinistra riesce a vincere nonostante le difficoltà di una regione in bilico, spaccata geograficamente in due zone. Mentre a Genova e La Spezia le forze democratiche e di sinistra continuano ad essere predominanti, nella parte a ponente di Savona fino a Ventimiglia il vento della destra soffia forte ed ha il volto del Ministro Scajola i cui figlio è il candidato più votato in tutta la Regione.
Nella nostra regione appaiono inquietanti i consensi ottenuti dalla Lega Nord, e da parte opposta dell’IDV. Fino a poco tempo fa ci si poteva vantare dello scarso radicamento della Lega soprattutto a Genova. I dati delle elezioni ci dicono che anche a Genova la ricreazione è finita. Nel centro storico la Lega ha un consenso in crescita paragonabile alle forze di sinistra pur divise a metà. Nei quartieri come Oregina e Lagaccio, forti della campagna contro la Moschea, la Lega ottiene risultati a due cifre. Per combattere contro la destra molti cittadini liguri e genovesi hanno pensato bene di votare per l’IDV, il cui segretario Paladini proviene direttamente dal SAP (Sindacato Autonomo di Polizia), la cui candidata più votata è la sua consorte Marylin Fusco. Partito dalle manette facili, l’IDV di Di Pietro in Liguria mostra tutta la sua faccia populista post-ideologica e post-ideale. Tra candidati che fanno cene con la mafia calabrese e presidi che non riescono a nascondere la loro simpatia verso le riforme che stanno distruggendo la scuola statale.
Burlando ha rivinto le elezioni e sarà per un altro mandato presidente della Regione Liguria. Sarà circondato da consiglieri che provengono in massima parte dal PD, dall’IDV e dall’UDC. Assieme a loro ci saranno tre consiglieri di sinistra (due di Rifondazione Comunista e uno per Sinistra e Libertà) che si troveranno in una situazione non facile. Già nello scorso mandato la Regione Liguria ha adottato provvedimenti non accettabili sulla scuola, sull’ambiente, sulla sanità. Probabilmente in questa legislatura la musica potrebbe addirittura diventare peggiore. Non si tratta quindi di domandarsi se appoggiare o meno l’operato del governo regionale che continuerà con le sue politiche ma di capire se le resistenze in atto nel nostro territorio hanno maggiore o minore agibilità con la giunta Burlando rispetto ad un governo delle destre con la Lega Nord al dieci per cento. Si tratta di stabilire se la sparuta presenza istituzionale della sinistra può fornire un aiuto a lotte contro i poteri forti genovesi e liguri che hanno in Burlando uno dei loro rappresentanti, ma che nel caso di una giunta Biasotti si sarebbero trovati di fronte a una autostrada. E’ un discorso che dovrebbe interessare anche coloro che, con il sottoscritto, ritengono prioritaria la lotta dal basso, la ripresa di azione dei movimenti sociali. Non si tratta di basare la propria lotta politica riferendosi solo alle istituzioni, ma si tratta di capire che la composizione e la cultura di chi governa una regione o uno stato esercita una influenza anche su chi combatte le istituzioni e vorrebbe una rivoluzione. Chi si ribella non deve essere necessariamente cieco. In Italia ci sono eserciti di precari, ci sono i lager per immigrati, la gente muore in carcere per le sevizie delle guardie. Le conquiste sindacali vengono erose ad una velocità sorprendente. Chi si ribella spesso confonde la lotta sociale con il mugugno televisivo, si affida al demagogo di turno (magari un miliardario che lancia invettive al computer dalle colline sopra Nervi), vota per il meno peggio perché così gli impone la forma istituzionale. Un elettore su tre non va a votare. Una parte di costoro si astiene con motivazioni rivoluzionarie che non possono essere giudicate che comprensibili. Siamo sicuri che questo non contribuisca a spostare ancora più a destra il regime italiano?
Tanto peggio, tanto meglio, o al limite aumenta la repressione, aumenta la lotta. Slogan facili ma la storia ci fa capire che in realtà succede l’esatto contrario.
Conserviamo la purezza rivoluzionaria. Che ce ne facciamo, tuttavia?