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L’attacco degli Hezbollah? E’ l’unico atto di solidarieta’ per Gaza

Publie le mercoledì 19 luglio 2006 par Open-Publishing

Dazibao Guerre-Conflitti medio-oriente

di Tanya Reinhart *

E’ l’offensiva di Israele a Gaza che ha scatenato la nuova
guerra in Libano. Da quando, nel 2000, si era ritirato dal Libano, gli Hezbollah avevano accuratamente evitato di scontrarsi con l’esercito israeliano in territorio di Israele (limitandosi a confronti nell’area di Shaba in Libano, che lo Stato ebraico continua a occupare).

Il momento scelto dai guerriglieri sciiti per il primo attacco, e la retorica successiva, indica che la loro intenzione era ridurre la pressione sui palestinesi aprendo un nuovo fronte. La loro azione dunque puo’ essere vista come il primo atto militare di solidarieta’ con i palestinesi nel mondo arabo. Qualunque cosa si pensi di cio’ che hanno fatto gli Hezbollah, e’ importante capire la natura della guerra di Israele contro i palestinesi a Gaza.

L’offensiva delle forze armate israeliane nella Striscia non riguarda il soldato prigioniero.

L’esercito preparava un attacco da mesi e premeva per passare
all’azione, con lo scopo di distruggere l’infrastruttura di Hamas e il
suo governo. Percio’ ha avviato l’escalation l’8 giugno, quando ha
assassinato Abu Samhadana, membro del governo di Hamas, e ha
intensificato i cannoneggiamenti sui civili nella Striscia di Gaza. Gia’
il 12 giugno il governo aveva autorizzato un’azione piu’ ampia, rinviata
pero’ a causa delle reazioni internazionali suscitate dall’uccisione di
civili palestinesi nei bombardamenti aerei del giorno seguente. Il
rapimento del soldato e’ servito a "togliere la sicura": l’operazione e’
cominciata il 28 giugno con la distruzione di infrastrutture a Gaza e
la detenzione in massa della dirigenza di Hamas in Cisgiordania, altra
cosa che era stata pianificata con settimane di anticipo.

Nel discorso pubblico israeliano, Israele ha messo fine all’occupazione di Gaza
quando ha evacuato i suoi coloni dalla Striscia, e il comportamento dei
palestinesi sarebbe dunque "da ingrati". Ma nulla e’ piu’ lontano dalla
realta’ di questa descrizione. Nei fatti, come era previsto dal Piano di
Disimpegno, Gaza e’ rimasta sotto il totale controllo militare
israeliano, dall’esterno. Israele ha impedito l’indipendenza economica
della Striscia, e non ha mai applicato neppure una delle clausole degli
accordi sui valichi di frontiera del novembre 2005. Ha semplicemente
sostituito la costosa occupazione di Gaza con un’occupazione piu’
economica, che dal suo punto di vista lo esenta dalla responsabilita’
dell’occupante a garantire la sopravvivenza del milione e mezzo di
residenti della Striscia, come dettato dalla quarta Convenzione di
Ginevra.

Israele non ha bisogno di questo pezzo di terra, uno dei piu’
densamente popolati al mondo e sprovvisto di risorse naturali. Il
problema e’ che non puo’ lasciar andare Gaza se vuole mantenere la
Cisgiordania. Un terzo dei palestinesi sotto occupazione vive nella
Striscia di Gaza. Se liberi, diverranno il centro della lotta di
liberazione palestinese, con libero accesso al mondo arabo e a quello
occidentale. Per controllare la Cisgiordania, Israele ha bisogno del
pieno controllo di Gaza. E la nuova forma di sottomissione che ha
ideato e’ trasformare l’intera Striscia in un campo di prigionia isolato
dal mondo. Persone occupate e assediate, con nulla in cui sperare, e
nessun mezzo alternativo di lotta politica, cercheranno sempre di
combattere il loro oppressore.

I palestinesi prigionieri a Gaza hanno
trovato un modo per disturbare la vita degli israeliani nelle vicinanze
della Striscia lanciando missili artigianali Qassam contro le citta’
israeliane che circondano la Striscia. Questi razzi rudimentali non
hanno la precisione necessaria a colpire un obiettivo, e di rado hanno
fatto vittime israeliane; causano pero’ danni fisici e psicologici e
disturbano la vita dei quartieri israeliani su cui si abbattono. Agli
occhi di molti palestinesi, i Qassam sono una risposta alla guerra che
Israele ha dichiarato loro. Come ha detto uno studente di Gaza al New
York Times, "Perche’ dobbiamo essere solo noi a vivere nella paura? Con
questi missili anche Israele ha paura. Dobbiamo vivere in pace insieme,
o vivere insieme nella paura" (Nyt, 9 luglio 2006).

L’esercito piu’ potente del Medio Oriente non ha risposte militari a questi razzi fatti
in casa. Una risposta possibile e’ quella che Hamas ha sempre proposto,
e il suo premier Haniyeh ha ripetuto questa settimana: un cessate il
fuoco complessivo. Nei 17 mesi trascorsi da quando ha annunciato la
decisione di abbandonare la lotta armata a favore della lotta politica,
e dichiarato un cessate-il-fuoco unilaterale (tahdiya, calma), Hamas
non ha preso parte al lancio dei Qassam, salvo sotto grave provocazione
israeliana come nell’escalation di giugno. Hamas pero’ continua a
lottare contro l’occupazione di Gaza e Cisgiordania. Dal punto di vista
di Israele, il risultato delle elezioni palestinesi e’ un disastro,
perche’ per la prima volta hanno dei dirigenti che insistono nel
rappresentare gli interessi palestinesi invece di limitarsi a
collaborare con le richieste israeliane. Poiche’ finire l’occupazione e’
la cosa che Israele non vuole considerare, l’opzione seguita
dall’esercito e’ spezzare i palestinesi con una forza devastante. Devono
essere affamati, bombardati, terrorizzati con ordigni assordanti per
mesi, finche’ capiranno che ribellarsi e’ futile e accettare la prigione
a vita e’ la loro unica speranza di vita. Il loro sistema politico
eletto, istituzioni e polizia vanno distrutte. Per Israele, Gaza
dovrebbe essere governata da gangs che collaborano con i secondini
della prigione.

L’esercito israeliano ha sete di guerra. Non si lascera’
fermare da preoccupazioni per i soldati rapiti. Dal 2002 i militari
sostengono che anche a Gaza e’ necessaria un’operazione tipo lo "Scudo
difensivo" di Jenin. Esattamente un anno fa, il 15 luglio (prima del
Disimpegno da Gaza), l’esercito aveva concentrato le forze sul confine
della Striscia per procedere a un’offensiva di quel tipo a Gaza. Gli
Stati uniti pero’ opposero il veto. Il segretario di stato Usa Rice
arrivo’ per una visita d’emergenza descritta come acrimoniosa e
tempestosa, e l’esercito fu costretto a ritirarsi. Ora finalmente il
suo momento e’ arrivato. Con l’islamofobia nell’amministrazione Bush
giunta all’acme, sembra che gli Usa siano pronti ad autorizzare
l’operazione, a condizione che non provochi l’indignazione globale con
attacchi troppo pubblicizzati ai civili (sulla posizione attuale
dell’amministrazione Usa vedi Ori Nir, "Us Seen Backing Israeli Moves
to Topple Hamas", The Forward, 7 luglio 2006, www.forward.com/articles/8063).

Ricevuto il via libera alla sua offensiva, l’unica
preoccupazione dell’esercito e’ l’immagine pubblica. Fishman ha riferito
martedi’ scorso che per l’esercito "cio’ che rischia di far deragliare
questo imponente sforzo militare e diplomatico" sono le notizie di
crisi umanitarie a Gaza. Percio’, avra’ cura di lasciar entrare del cibo
a Gaza. E’ necessario nutrire i palestinesi perche’ sia possibile
continuare indisturbati a ucciderli.

* Docente di linguistica alle universita’ di Tel Aviv e di Utrecht, ha pubblicato per Marco Tropea "Distruggere la Palestina".

http://bellaciao.org/fr/article.php3?id_article=31281