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Resoconto della riunione del Tavolo cultura sociale e arte tenuta a Genova
il 20 luglio 2003
Ha partecipato alla riunione una dozzina di persone (in grande maggioranza
donne). Tre o quattro gruppi teatrali di Genova, un centro sociale di
Caserta, una militante delle Rappresentanze di Base di Modena,
un’associazione culturale che fa teatro in Val d’Aosta, un’esponente del
Social forum di Brescia, oltre a un relatore/coordinatore di Milano,
sradicato quanto basta (come al solito). Ero l’unico, credo, che avesse
partecipato alla riunione di fondazione del tavolo a Livorno. E’ stata
un’esperienza interessante, un po’ surreale forse, visto che praticamente
nessuno si conosceva (neanche le genovesi tra loro, o molto poco). Ma chi
ha parlato (ed è stata più della metà dei partecipanti) l’ha fatto con
franchezza, senza diplomazie (a quanto mi è sembrato) - tranne quelle delle
strategie retoriche di ognuno - alcune/i con entusiasmo: e comunque tutte/i
portavano un’urgenza, molto positiva, legata alla propria esperienza di
lavoro e/o di vita, che probabilmente era la causa che le aveva indotte a
partecipare alla riunione di un tavolo che non ha ancora storia - e poca,
molto poca elaborazione.
Ovvio che l’introduzione, invece, facesse riferimento a quel poco di storia
e di elaborazione - a quello che il forum del teatro metteva a disposizione
del tavolo come idee e come proposte. Ma altrettanto ovvio, vista la
composizione e la motivazione delle/dei partecipanti, che l’introduzione
stessa fosse un po’ scentrata. Infatti, anche se tutti i partecipanti
avevano a disposizione in forma scritta l’introduzione e i testi delle tre
proposte di seminario del fdt per Saint-Denis (col testo della direttrice 4
del Programma FSE 2003 in cui si esse si inseriscono), la relazione
introduttiva non è stata in pratica discussa (non si è parlato, p. es., dei
seminari), perché ognuno partiva - giustamente - dalle urgenze che ho
detto. Così, per quasi tre ore, abbiamo ascoltato un po’ di storia
dell’autogestione teatrale a GE dagli anni 70 in poi; l’esperienza di un
centro sociale di Caserta che interviene nel campo della musica, del
cinema, della cucina e delle arti visive - il tutto con un forte
riferimento agli immigrati, e che quindi lega fortemente le pratiche
espressive alle esigenze di un territorio frantumato e culturalmente
deprivato (Renato); i problemi degli spazi di lavoro inesistenti per i
gruppi teatrali di base, e le questioni sindacali e previdenziali di chi in
teatro lavora (o vuole lavorare) in modo professionale (Jeanne, Franca,
Maria) - evidentemente le lotte in Francia e il blocco del festival di
Avignone stanno cominciando a mettere qualche pulce nell’orecchio almeno ad
alcuni lavoratori dello spettacolo in Italia; la pratica dell’associazione
ADRET di Aosta, che va a fare teatro (legato soprattutto al tema della
pace) nelle case della gente della valle (Agnese).
Abbiamo avuto la conferma (già lo sapevamo da Luciano Pignatti)
che a Modena c’è un’interessante situazione di interazione fra lavoro
politico e culturale, con alcune/i militanti sindacali che si
interessano ai problemi dell’espressione in modo non puramente strumentale;
e il 10 settembre lo vedremo con una manifestazione/performance che i
movimenti oppongono a un’iniziativa degli industriali , che regalano alla
città un monumento alle vittime dell’11 settembre (come se fossero le
uniche vittime della barbarie del terrorismo e della tirannia nel mondo
negli ultimi anni). Ci sarà Luciano sui trampoli, ma (dice Maria delle RdB)
siamo ovviamente invitati tutti.
Abbiamo saputo che una parte del Social Forum di Brescia sta riflettendo
sull’esperienza delle loro contestazioni alla fiera delle armi (EXA), e
che si pone la questione della ricerca di nuove forme di comunicazione come
sostanza e non solo come strumento, per produrre un allargamento del
movimento particolarmente importante ora che l’onda alta del 15 febbraio è
passata, mentre i problemi dell’articolazione e della ricchezza dell’azione
rimangono. E’ quello che ci ha detto Marina.
E mi scuso se ho trascurato o dimenticato qualcuno o qualcosa.
Se questa fosse stata una riunione politica "classica", dovrei dire forse
che sono emersi dalla discussione tre temi fondamentali:
1) la questione degli spazi (soprattutto, ma non solo, per il lavoro
teatrale);
2) varie questioni sindacali legate al mondo del teatro;
3) l’importanza del lavoro culturale per allargare l’area e la presenza dei
movimenti.
Un po’ troppi, o disparati, però, forse, per un organismo ancora così
fragile come il nostro. E invece, a sorpresa - e senza alcun merito del
coordinatore - una possibile iniziativa un po’ più concreta è emersa.
Nell’ultima ora, più o meno, abbiamo discusso di ciò che accadrà a Genova
il prossimo anno, quando la città diventerà "Capitale della cultura
europea." Per la verità, se ne è discusso anche, a sprazzi, tra i
visitatori della mostra "Non archiviabile" a Palazzo Ducale, e in varie
cene e contatti a cui ho partecipato con gente del Gruppo comunicazione di
MI ed esponenti locali. Bene: i programmi di Genova04 (questo il nome
dell’iniziativa) sono già chiusi e blindati sin d’ora. Gli enti locali e
gli sponsor hanno già distribuito praticamente tutti i quattrini fra i loro
protetti e i grandi nomi del teatro della musica della cultura. Su questo
piano, il movimento rischia di essere assente, e di arrivare alle prossime
giornate di luglio 2004 dopo una lunga e defatigante traversata del
deserto. Mi pare che la riunione del Tavolo cultura sociale e arte abbia
detto che non vuole fare questa fine; che propone a tutti i movimenti, le
organizzazioni, i collettivi, di essere presenti *anche* a livello
culturale (soprattutto a livello culturale) il prossimo anno a Genova; che
si offre (per quello che sarà in grado di fare) per suscitare e coordinare
iniziative culturali col nostro spirito a tutta la città, dall’autunno 2003
in poi; che crede opportuno comunque insistere con gli organizzatori
ufficiali di Genova04 per non essere completamente tagliati fuori dal
flusso di denaro pubblico; ma che in ogni caso si propone di organizzare
quello che potrà, anche nelle forme più economiche possibili (le
"narrazioni", dice Agnese). Sempre nella prospettiva che siano i movimenti
(certo attraverso le loro articolazioni, come i tavoli, e i loro rapporti
con l’autonomia espressiva dei singoli soggetti) a essere presenti, e non
le componenti o le organizzazioni.
Questo, per quanto mi riguarda, è tutto. Alle liste, ai singoli, ai gruppi,
discutere su quanto di ciò che è emerso da questa riunione meriti di
ricevere qualche gamba e qualche energia in più. Un abbraccio a tutte/i,
Antonio