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28 Giugno: non si difende Cuba nel giorno del Gay Pride

Publie le domenica 22 giugno 2003 par Open-Publishing
7 commenti

28 Giugno: non si difende Cuba nel giorno del Gay Pride

da L’Unità

Sergio Lo Giudice e numerosi altri esponenti del movimento glbt italiano
chiedono sull’Unità agli organizzatori della manifestazione pro-Cuba
prevista a Roma il prossimo 28 giugno di spostare la data

Pubblicato Sab 21 GIU 2003

Il 28 giugno 1969, a New York, la comunità gay, lesbica e trans della città
si ribellò alle violenze della polizia locale che aveva aggredito per
l’ennesima volta gli avventori del bar Stonewall, dando vita alla prima
manifestazione omosessuale contro l’intolleranza e la discriminazione
sociale. Da quel giorno, ogni anno, in tutto il mondo si celebra il Gay
Pride, la giornata dell’orgoglio gay, lesbico e transgender, la fine
dell’invisibilità e l’affermazione della loro identità in modo aperto.

Il prossimo 28 giugno a Roma avrà luogo un evento di segno molto diverso. Il
comitato "Difendiamo Cuba" ha lanciato una manifestazione di solidarietà al
regime di Fidel Castro a cui hanno aderito importanti forze della sinistra
italiana, dal PdCI a Rifondazione, da "Socialismo 2000" ad alcuni
parlamentari Verdi. In questi stessi giorni, Amnesty International continua
a denunciare inascoltata sia la crescente violazione dei diritti umani a
Cuba, sia le responsabilità dell’embargo commerciale che, strangolando
l’economia cubana, viene utilizzato come giustificazione per la repressione
dei diritti ed i cui effetti negativi sulla nutrizione, la salute,
l’educazione non agevolano un percorso di democratizzazione di Cuba.

Fra i diritti violati a Cuba ci sono quelli delle persone omosessuali e
transessuali, ancora privi della possibilità di camminare a testa alta in un
ambiente sicuro, impediti nei loro diritti fondamentali e sottoposti al
ricatto della legge. E’ per questo che non ci ha fatto per niente piacere
sapere che gran parte della sinistra italiana si ritroverà proprio in quella
data a noi così cara a difendere le politiche di un regime che impedisce a
gay, lesbiche e trans di essere se stessi alla luce del sole.

A Cuba la combinazione fra il tradizionale machismo culturale delle aree
latine e la subordinazione ideologica dei diritti individuali a quelli
sociali tipica dei paesi del socialismo reale hanno creato una combinazione
particolarmente esplosiva per i gay.

Negli anni sessanta gli omosessuali venivano spediti ai lavori forzati. Nel
1971 il primo Congresso sull’educazione e la cultura sancì che "le
manifestazioni di omosessualità non possono essere tollerate", con la
conseguenza dell’espulsione da scuole e università di studenti e docenti
gay. Nel 1978 ai medici omosessuali venne impedito l’esercizio della
professione e lo Statuto dei lavoratori stabilì il licenziamento dei
lavoratori gay.

Nel 1980 il regime decise di allentare un po’ la pressione offrendo alle
persone omosessuali, come ad altri soggetti considerati antisociali, la
possibilità di lasciare Cuba. L’atteggiamento del governo cubano oscillò per
alcuni anni fra repressione normativa e una certa tolleranza effettiva.

Il codice penale del 30 aprile 1988 confermò che rendere pubblica la propria
omosessualità, così come fare "avances amorose omosessuali", fosse punito da
tre mesi ad un anno. Sfidando l’arresto, il 28 luglio del 1994 un gruppo di
gay e lesbiche, riuniti al Parco Almendares all’Avana, diede vita alla prima
Associazione Cubana Gay e Lesbica. Nel settembre 1995, alla IV Conferenza
delle Donne di Pechino, Cuba aderì alla proposta di inserire un riferimento
all’orientamento sessuale nel documento programmatico, lasciando intravedere
la possibilità di una nuova fase. Ma non durò a lungo.

Nel 1997 il governo mise in atto un giro di vite. L’Associazione formata nel
1994 fu sciolta e i suoi membri messi agli arresti domiciliari per qualche
tempo. Da allora non è più stato possibile realizzare l’obiettivo della
costruzione di una socialità gay alla luce del sole. La repressione della
polizia verso i luoghi d’incontro gay, informalmente sorti all’Avana, non si
è allentata. L’accesso delle coppie dello stesso sesso ai locali pubblici è
stato limitato dalla polizia. Le retate nei locali si sono intensificate: ne
hanno fatte le spese anche il regista Pedro Almodovar e lo stilista francese
Jean Paul Gaultier, arrestati nel settembre 1997 insieme a centinaia di
altri clienti della più popolare discoteca frequentata da gay dell’Avana, El
Periquiton, e rilasciati il giorno dopo dietro il pagamento di una multa.

Qualche settimana fa, un importante esponente dell’ambasciata cubana in
Italia ha confermato pubblicamente, rivendicandone la giustezza, la norma
per cui gli insegnanti gay sono espulsi dalle scuole cubane: un gay in
cattedra determinerebbe l’orientamento sessuale dei bambini. Meglio il
licenziamento, e per giusta causa.

L’idea che per difendere le conquiste sociali o l’indipendenza di Cuba si
debbano negare diritti civili fondamentali non ci convince né ci piace. La
libertà non è un mezzo, e la sua violazione non può essere giustificata
chiamando in causa principi sovraordinati a cui sacrificare l’esistenza
concreta di donne e uomini. Né ci sembra accettabile l’idea che negare
diritti a gay, lesbiche e trans sia necessario per tutelare valori più alti.
Combattiamo tenacemente questa impostazione, si tratti dell’Iran di Khatami,
dell’Italia di Woityla o della Cuba di Castro.

Per questo chiediamo agli organizzatori della manifestazione in difesa di
Cuba di accogliere questa nostra richiesta: spostate la data della
manifestazione. Liberate il 28 giugno da una sovrapposizione lacerante. Date
al governo di Castro un segnale chiaro, che segni la distanza dell’opinione
pubblica italiana, anche di quella più vicina a Cuba, da un’inutile e
dolorosa repressione dell’identità di migliaia di donne e uomini che
reclamano solo di essere liberamente se stessi.

Sergio Lo Giudice; Franco Grillini; Aurelio Mancuso; Alberto Baliello;
Michele Bellomo; Andrea Benedino; Giovanni Dall’Orto; Alessio De Giorgi;
Edoardo Del Vecchio; Marcella Di Folco; Paolo Ferigo; Riccardo Gottardi;
Cristina Gramolini; Mirella Izzo; Massimo Mazzotta; Fabio Omero; Vanni
Piccolo; Luca Ruiu; Renato Sabbadini; Gianpaolo Silvestri; Delia Vaccarello;
Luigi Valeri; Gianni Vattimo; Alessandro Zan

Messaggi

  • Visto che in Italia il Gay Pride nazionale c’è già stato il 6 giugno a Bari
    non vedo qual’è il problema di sovrapposizione.

    Sarebbe meglio tenere separata la battaglia culturale per il superamento del
    retaggio culturale machista latino-americano dall’attacco strumentale verso
    Cuba. A una tale battaglia possono partecipare tranquillamente anche quanti
    sono dalla parte di Cuba "senza se e senza ma". Se invece per i firmatari di
    questo documento Cuba è sbagliata in quanto tale, allora ... tanti saluti.

    Riporto un passo da un’intervista di Nichi Vendola (gay):

    "Cuba è una terra che dobbiamo guardare senza miti, anche se quello che ci
    fa innamorare di quell’isola è il fatto che abbia resisitito, anche dopo il
    crollo del sistema dell’est, a 140 chilometri della Florida, come una spina
    nel fianco nei confronti dell’impero Nordamericano, difendendo le sue
    politiche sociali, impedendo una sorte di degrado e di miseria per i suoi
    bambini.
    Cuba ha mostrato molte contraddizioni, ma io non posso che essere felice
    quando a Cuba si è potuto proiettare un film come "Fragole e cioccolato",
    quando Fidel Castro rilascia un’intervista in cui critica i vizi di machismo
    della cultura rivoluzionaria dell’America Latina, e quando vado
    all’università di L’Avana a sentire le lezioni sulla storia del
    transessualismo e sulla storia dell’omosessualità nell’isola.
    Nonostante normative antiche, ormai ampiamente in disuso, ma nel passato
    adoperate come strumento di repressione politica, anche a Cuba, anche da
    questo punto di vista, molte cose stanno cambiando".
    http://www.tralaltro.it/home/vendola.htm

    Gennaro Scala

    • Dopo questa bella rispostina a una legittima richiesta (il 28 giugno è una
      data simbolica importante- che c’entra che il gay pride è già stato fatto?)
      sono ancora più fermalmente convinta e sperenzosa che alla manifestazione
      pro-Castro del 28 siate in quattro gatti..
      Non sono lesbica, ma spero di poter avere anch’io voce in capitolo quanto
      Nichi Vendola, che è tanto felice di aver visto proiettato a Cuba "Fragola e
      Cioccolato", un bellissimo film che ha vuto la fortuna di trovare una
      produzione internazionale.
      Quanti altri bellissimi film a tematica gay Vendola a visto a Cuba? Starà
      anche cambiando, magari, ce lo auguriamo tutti, ma manifestare adesso a
      favore di un regime, invece che per un popolo (TUTTI i cubani massacrati
      dall’embargo, ma anche gay e lesbiche senza diritti, e i dissidenti politici
      che marciscono nelel carceri, statunitensi, sì, ma anche cubane) mi sembra
      quanto meno agghiacciante.
      Certo che l’attacco a Cuba da destra e da quasi sinistra è stato
      strumentale, allora fatevi strumentalizzare anche voi....ci mancava...ma NOT
      IN MY NAME

    • Vorrei provare, senza citare ne la destra ne la sinistra, a fare un
      ragionamento. E a non glissare sul problema: Cuba e i dissidenti, Cuba e le
      minoranze.

      E vorrei provare a ragionare proprio a partire da "casa nostra".

      E’ già diversi anni che in tutto l’occidente, Italia compresa, si
      restringono i diritti di TUTTE le minoranze, anche quando tali non sono. Se
      in Italia il diritto alla salute e all’istruzione fosse realmente gratuito
      per tutti (senza distinzioni di razza, ceto, religione e sesso) grideremmo
      tutti alla "conquista di civiltà": e sarebbe un giusto grido, un grido che a
      Cuba già fanno. Ogni tanto sento raccontare da compagni più anziani le
      fatiche e le lotte trascorse per conquistare, in un Paese come l’Italia e
      nel giro di 30-40, diritti fondamentali, diritti che, oggi, sono sempre meno
      garantiti. Rispetto a questi diritti, l’esperienza cubana credo abbia molto
      da insegnare all’occidente ricco in fatto di modelli culturali e sociali
      che, rispetto alle risorse disponibili, hanno un grado di discriminazione
      molto inferiore a quello del nostro mondo (ricco e civile)

      Francamnete faccio fatica a capire la vandea che si stà costruendo su Cuba.
      Nessuno, nenche i cubani, rivendicano come giusti i limiti di
      quell’esperienza, dalla pena di morte a forme di discriminazione sessuale.
      Ma forse, relativizzare il problema, rende meno cechi di fronte alla realtà.
      In tutta l’America latina, anche nell’esperienze più "romantiche", vi sono
      forme di discriminazione che anno radici secolari. E Cuba, come i Paesi
      dell’America Latina, vien da lì, come noi veniamo dalla civiltà "nostrana"
      fatta di discriminazioni e diseguaglianza. A Cuba, a differenza di tanti
      altri Stati Latino Americani, il problema se lo sono posti. Esiste oggi a
      Cuba una discriminazione nei confronti di Gay e Lesbiche? Si esiste, con la
      differenza che il popolo cubano, a partire da chi lo Governa, in poche
      decine di anni ha fatto passi concreti e reali per superare questa
      discriminazione. E se lo si paragona ad altri Paesi dell’America Latina ha
      fatto passi da gigante.

      Certo, se il termine di paragone è l’occidente ricco e sviluppato, il nostro
      occidente, con il suo benessere, la sua cultura, i suoi diritti, beh...
      forse a Cuba si trova più razzismo nei confronti degli omosessuali che a
      Bologna (ma forse questo non vale per altre città italiane). Ma se questo è
      il modo di ragionare allora è vero in generale. Probabilmente se a qualsiasi
      cubano gli si prospetta il benessere che abbiamo noi....beh, il confronto
      non regge. E allora avanti con la vandea, e magari avanti pure con
      l’esportazione dei nostri "modelli economici e culturali", e alla fin fine
      il ragionamento si riduce ai mezzi, violenti o non. E questa voltà si che
      tutti e tutte le "minoranze" avrebbero perso in partenza, come ci ha
      insegnato l’esperienza Jugoslava.

      Si ammeterà che questo forme di razzismo sono innanzitutto culturali,
      proprio perchè, come in parte è stato anche a casa nostra, hanno radici
      secolari. Ma non mi sembra che il Governo cubano rappresenti un "ostacolo"
      al superamento di queste discriminazioni. I passi fatti sono pochi? Beh,
      come sulla sanità, l’istruzione e altri diritti fondamentali (questi si
      umanitari) mi sembra che sia l’esperienza più avanzata di quella parte del
      mondo.

      Sul 28 Giugno si parla spesso di manifestazione pro Fidel Castro. Forse
      sarebbe utile rileggere il testo di convocazione. Non che abbia alcunchè nei
      confronti di Castro e del Governo Cubano, come non mi sembra ce l’abbiamo la
      stragrande maggioranza di cubani, ma il 28 Giugno è una manifestazione in
      difesa di Cuba, del suo popolo e delle sue conquieste dal rischio, putroppo
      reale, di un escaletion militare da parte degli USA. Il 28 Giugno nessuno
      inneggerà alla pena di morte o a forme di discriminazioni. In tanti invece
      sottolineeranno le conquiste fatte dal popolo cubano nei primi 40 anni di
      rivoluzione. Nessuno propone cuba come modello, tanto meno per i lavoratori
      e i popoli dell’occidente "opulento", ma in tanti proporemo che i modelli se
      li scelgano i popoli che poi ci devo vivere con quei modelli, evitando forme
      di razzismo censitario (i popoli ricchi che dicono a quelli poveri come
      vivere).

      Infine, e lo dico senza voglie polemiche, il 28 Giugno spero saremo in
      migliaia a Roma per difendere l’esperienza Cubana (senza la cui difesa credo
      sia difficile ipotizzare un suo sviluppo, anche per gli omosessuali), come
      spero saremo/ete in migliaia e anche più alla giornata mondiale
      dell’orgoglio o fierezza GLBTT. Non ci saranno da una parte chi difende i
      diritti delle minoranze e chi non li difende, e di questo ne sono sicuro.
      Spero non ci sia neanche chi da una parte difende un’esperienza progressiva
      come quella cubana e chi dall’altra parte non la difende.

      Infine, credo sarebbe utile saper distingure per meglio comprendere. Non
      credo si faccia un buon servizio alle "minoranze" cubane equipararle a
      mercenari chiamati "dissidenti", e trovare nell’anti-castrismo il minimo
      comu denomitatore.

      Franchi

    • stefano,
      alle due critiche rivolte alla manifestazione a difesa della Cuba di Fidel,
      ossia la pessima scelta di data e il silenzio sui crimini (non solo
      discriminazione) verso le persone GLBTT, rispondi con la "morale del
      gregge", tanto cara anche alla Chiesa Cattolica Apostolica Romana: di
      progressi ne sono stati fatti, c’è pane e sanità per tutti, per il resto (il
      paradiso) bisogna aspettare.
      Alla faccia della Rivoluzione!
      Del resto anche in Unione Sovietica negli anni ’50 si diceva che per
      arrivare al vero socialismo bisognava prima di tutto purgare i nemici della
      rivoluzione. Cose già sentite dunque.

      Il paradosso è che a Cuba le persone GLBTT hanno vissuto come tutte le altre
      la rivoluzione, quella vera, negli anni ’60, quando non erano nemici, anzi.
      La repressione è arrivata dopo, solo sucessivamente i gay sono stati
      identificati come edonisti-filoamericani e pertanto antirivoluzionari. Per
      un poster di A. W. o un libro di Gide finivi in galera, per 10 anni. Peggio
      se fissavi negli occhi un uomo o ci provavi.

      Mi brucia che i partiti (mi pare giusto 2) e le associazioni (per fortuna
      poche), che saranno con te sabato, non siano partite da qui, da un’analisi
      del perchè la rivoluzione non ha incluso tutti, perchè ha iniziato a
      spegnersi proprio con l’esclusione delle persone GLBTT. Forse sareste
      arrivati a distinguere da una parte la difesa del popolo cubano e delle
      conquiste sociali, faro nell’America Latina, dall’altra le critiche al
      regime.

      Invece non leggo sull’appello nessuna critica. Per voi Cuba va bene così
      com’è.
      Magari difendete anche quei pensionati italiani che vanno là a cercare
      giovani e povere (di soldi) mogli, o le donne e gli uomini che vanno a
      caccia di marchettari o prostitute a basso costo. Questo, sì, è l’occidente
      opulento che sfrutta Cuba, il machismo e il maschilismo occidentale
      tollerato da Castro e che si sposa a meraviglia con le pratiche del regime.

      Un’altra Cuba è (era?) possibile.

      mirco.

    • caro Mirco
      secondo te dovremmo rinunciare a manifestare a favore di Cuba nel momento
      in
      cui è sotto l’attacco dell’imperialismo americano perché ci sono state
      persecuzioni e discriminazioni contro i gay?

      Il tuo punto di vista è comprensibile, ma resta pur sempre il punto di
      vista
      esclusivo di un gruppo sociale specifico. Le conquiste sociali di Cuba,
      nel
      mare di miseria dell’America Latina, non valgono niente perché il regime è
      stato contro i gay. Personalmente non avrei nessun problema a sostenere
      una
      campagna perché a Cuba vengano superate le paranoie che facilmente si
      sviluppano in una società che si sente costantemente minacciata da una
      enormemente più forte (e le minaccia statunitense per Cuba ha effetti ben
      reali). Tale situazione, unita ad un certo retaggio culturale machista
      tipico dell’America Latina, è all’origine dei problemi dei gay e delle
      lesbiche a Cuba.

      Ma ciò va fatto nei tempi e nei modi opportuni, non certo quando si
      manifesta a favore di Cuba perché le attenzioni della banda di psicopatici
      che si è impadronita del potere negli Usa si sono fatte più intense. Da
      quello che scrivi presuppongo la tua buona fede, ma, se proprio devo dirla
      tutta, non quella degli estensori del documento che hai inviato in lista.

      La questione della data la trovo francamente pretestuosa. Che io sappia non è
      prevista per il 28 nessuna iniziativa nazionale di rilievo, per cui non
      vedo
      in che modo la manifestazione per Cuba possa disturbare la giornata
      mondiale
      del gay pride.

      Il problema non è che si manifesta per Cuba nello stesso giorno del gay
      pride, ma il fatto stesso che si manifesta per Cuba. Come si dice infatti
      nel documento, gay pride e manifestazione per Cuba sono due cose di "segno
      opposto". Io non la penso così. Ci troviamo su sponde politiche e
      ideologiche davvero "opposte". La questione dei gay viene utilizzata in
      modo
      strumentale per un attacco politico di marca diessina contro chi manifesta
      per Cuba. Da parte di chi ha perso ogni prospettiva di una società diversa
      ed è completamente appiattito su di un sistema che ha provocato due guerre
      mondiali e oggi provoca miseria globale, disordine e ancora guerra. Altro
      che i crimini di Cuba.

      Gennaro Scala

    • caro gennaro,
      non sono concorde con cio’ che dici perchè se è vero che cuba nella
      disperata situazione dell’america latina è un esempio da salvaguardare e
      difendere dagli attacchi
      dei governi usa e allineati, va detto pero’ che non è affatto da mitizzare
      in toto.
      al suo interno vi sono conflitti sociali e discriminazioni che vanno
      comunque sottolineati (vedi gay) e non sono di minor importanza.
      NON è la panacea della democrazia, è uno stato che nella stragrande
      maggioranza dell’america latina ha conquistato una sua dignita’, ma
      permettimi non è in assoluto da idealizzare. per cui chiedo a salvaguardia
      di coloro che non sono rispettati parimenti a cuba, nella manifestazione di
      richiederne pubblicamente anche i diritti. é un fatto di coorenza politica.
      Non si puo’ certo evitare la doppia manifestazione, ma si puo’ renderle
      significative entrambe senza creare spaccature tra il movimento gay e il
      vostro.
      nadia

    • Su Cuba ci sono da dire diverse cosucce da analizzare, ma ogni cosa ha il
      suo tempo. Ora è quello di manifestare a favore di un popolo che sta
      soffrendo da anni perché qualcuno ha deciso che deve rientrare nei
      "ranghi", ossia che ritorni ad essere il suo bordello e casinò.
      Un popolo che sta soffrendo, ovvio anche per colpa di Castro (e chi lo
      nega), e che soffrirà maggiormente perché rientra in quel famoso
      "pacchetto" di Stati Canaglia.
      Chi, in questo momento storico, si nasconde dietro la problematica dei
      diritti dei gay e delle lesbiche non manifestando a favore del popolo
      cubano, sta semplicemente favorendo la fine di Cuba e di tutti i suoi
      abitanti, gay e lesbiche compresi.
      Oltretutto il governo cubano tramite la sua televisione (unica fonte
      d’informazione, è vero) sta da tempo trasmettendo spot educativi proprio
      sui diritti civili dei gay e delle lesbiche; anni fa lo fece contro il
      razzismo (e non mi venite a dire che ci fossero leggi razziste,
      evidentemente il/la cubano/a qualche problemino atavico - chi sa se per
      colpa dei francescani o degli statunitensi - ce l’ha). Questo mi sembra un
      passo avanti. Continuiamo a fare pressione affinché cambino le leggi in
      quello Stato, ma non boicottiamolo!
      Fra l’altro non dimentichiamoci che in Italia questi diritti non sono stati
      acquisiti da secoli ma, in definitiva, da pochi anni. Non facciamo finta di
      non sapere che gay lesbiche e trans in Italia (a Bologna lo so per
      esperienza diretta) vengono ancora da molte persone, derisi, additati,
      cacciati, imitati per schernirli.
      Quindi, per favore, se ci stanno a cuore le popolazioni facciamo in modo di
      non affondarle abbandonandole al loro destino perché il loro governo è
      "dittatoriale", faremmo altrimenti, come D’Alema che ha aiutato a
      bombardare la popolazione Jugoslava per "liberarla" da Milosevic.
      Sabato andrò a Roma a manifestare a favore dei cubani, lo farò convinta
      come lo fui nel 2000 quando andai a Roma al Gay Pride per dimostrare al
      nostro Governo e al Papa che siamo tutti "gay" come siamo tutti
      "clandestini", siamo tutti umani.
      Luigia Spaccamonti