Home > Abu Ghraib: la vergogna dello scandalo
di Diego Piccioli (siena)
Basta. Per favore, basta. Non è più possibile assistere in silenzio agli atti di pentimento, ai non sapevo, alle promesse di giustizia, allo scandalo dei governi americano, britannico ed italiano, delle parti politiche che li sostengono e della stampa ufficiale riguardo ai fatti di Abu Ghraib. Non è più possibile assistere in silenzio a tanta sfacciata, ripugnante e criminale ipocrisia. Non è più possibile. Non mi interessa se le foto che abbiamo visto circolare siano tutte vere o meno. Il problema è che non si può continuare a negare in modo così spudorato una verità talmente chiara ed evidente. Le guerre, tutte le guerre, portano con se indissolubilmente la violenza e la tortura. La guerra è per definizione violenza e tortura. Diciamolo che i codici, le convenzioni, le leggi in fatto di guerra sono tutte falsità allucinanti che vengono vendute per farci credere che possa esistere un modo “pulito” di fare una guerra. Per favore basta con queste menzogne criminali. Per andare in guerra bisogna avere un nemico. E per avere un nemico bisogna odiarlo. Senza odio non si uccide. E quando ci si costruisce un nemico non esistono i distinguo, ma solo la generalizzazione. C’è l’altro da abbattere, c’è la “divisa di un altro colore”, come cantava De Andrè nella sua Guerra di Piero.
Le amministrazioni statunitensi dopo la fine della seconda guerra mondiale hanno commesso le più abominevoli atrocità e i più grandi crimini contro l’umanità in nome della lotta contro il nemico comunista. I ragazzi americani, britannici ed italiani inviati in Iraq, sono stati indottrinati alla lotta contro il terrore, così come si è tentato di indottrinare l’opinione pubblica sulle ragioni di questa guerra sporca, condotta invece per i soliti abietti motivi che sottendono ad ogni chiamata alle armi: controllo di fonti energetiche e di aree geografiche strategiche, business degli armamenti e della ricostruzione. Ma nell’inferno della guerra, di una guerra che credono di combattere per una nobile causa, a questi ragazzi sarà senz’altro capitato di assistere ad un compagno e amico trucidato da uno dell’altra parte, da un nemico. E allora l’odio diventa incontenibile e alla prima occasione la vendetta si scarica ciecamente e con tutta la violenza possibile. Si fanno pagare i conti. Ed ecco le torture. Inoltre tutti sanno che la tortura è un mezzo usato da sempre sistematicamente per umiliare il nemico ed ottenere informazioni. Gli eserciti dei paesi democratici occidentali non fanno e non hanno mai fatto eccezione in questo senso. Amnesty International lo denuncia da anni, con prove schiaccianti. Negli Stati Uniti esistono addirittura delle basi dove si insegnano i metodi di tortura e tutti lo sanno. Tutti.
Ma c’è un punto ancora più importante. Se le immagini dei prigionieri iracheni scandalizzano e fanno male all’America, alla Gran Bretagna, all’Italia, che dire dei bambini, le donne, gli anziani, i civili innocenti dilaniati o menomati dalle bombe? Le famiglie decimate? Le case distrutte? La devastazione delle infrastrutture, degli ospedali, di ogni cosa necessaria al normale vivere civile di un paese? E che dire dei circa diecimila civili iracheni morti fino ad ora (diecimila significa almeno 3 volte più vittime dell’attentato alle Twin Towers!!!)? E dei mille soldati americani morti? E della decisione unilaterale di invadere e distruggere un paese disarmato, se facciamo il confronto con la potenza di fuoco solo di Stati Uniti, contro la risoluzione delle Nazioni Unite? Per tutto questo niente scandalo? Se venissero rese pubbliche le immagini di quello che quotidianamente vedono, per esempio, i volontari di Emergency o di “Un Ponte per…” (solo per citare due delle ONG italiane più impegnate per la solidarietà in Iraq), non dovremmo scandalizzarci? E si che in questo caso sappiamo bene come stanno le cose in quanto ci vengono continuamente gridate da questi “inviati di pace”, gli unici che fanno veramente delle missioni umanitarie. Niente scandalo davanti all’immagine di bambini che hanno perso le gambe, adulti che hanno perso la casa, mamme che hanno perso i figli, imprenditori che hanno perso la loro attività, a causa delle bombe “intelligenti”? E dei dodici anni di embargo successivo alla precedente Guerra del Golfo che hanno portato l’Iraq alla catastrofe umanitaria con più di un milione e mezzo di civili morti, che diciamo? E’ appena il caso di ricordare che il segretario di stato della amministrazione Clinton, Madeleine Albright, in una famosa intervista televisiva, alla domanda se era valsa la pena colpire il regime di Saddam con l’embargo, visto che tra le sue conseguenze c’è stata la morte di più di mezzo milione di bambini iracheni, rispose: “Si, ne è valsa la pena”. Questa è esattamente la logica della guerra. Qualsiasi atto è giustificato per sconfiggere il nemico, anche la morte di centinaia di migliaia di innocenti. A questo punto qualcuno mi può dire cosa c’è di strano nella tortura di prigionieri di guerra che erano dall’altra parte intenti ad uccidere? Eppure le immagini degli orrori prodotti sulla popolazione civile dalla precedente Guerra del Golfo e dall’embargo ci sono. E da tempo. Per citare solo un esempio, i documentari girati dall’ex giornalista di Rai Tre Fulvio Grimaldi, che non sono mai andati in onda su alcuna rete nazionale in nessuna fascia oraria.
L’Iraq, un paese ed una cultura stuprati, annientati, devastati, dalle bombe della “libertà” e della “democrazia” e prima ancora da una dittatura feroce e sanguinaria, fatta nascere proprio da quell’occidente liberale e democratico che adesso lo bombarda. Questo è lo scandalo.
Chi conduce o appoggia una guerra, anche se vi fossero buone ragioni per farla, sta esplicitamente anche dalla parte delle sue conseguenze: violenza, morte, dolore, distruzione, tortura. Non esiste un altro modo di essere della guerra. Essa è la fine di ogni più elementare diritto e purtroppo fuori da ogni retorica, i bambini, gli anziani, le donne sono sempre le categorie che pagano il prezzo più alto. Il diritto alla vita, il diritto alla casa, il diritto al lavoro, il diritto alla salute, il diritto di potersi spostare liberamente, il diritto di potersi esprimere liberamente, il diritto all’istruzione, il diritto alla proprietà, il diritto di essere bambini, il diritto di essere anziani, ogni diritto è negato e violentato. Nel panorama apocalittico della guerra, la tortura è semplicemente una conseguenza scontata. Se si trucidano migliaia di bambini innocenti senza problemi, quale stranezza sarà mai quella di torturare un nemico che combatte contro di te per ucciderti?
L’abisso dell’imbecillità umana non può essere così profondo da non farci provare rabbia e orrore verso chi da una parte ordina di bombardare ospedali, villaggi, strade, scuole, fabbriche e dall’altra si scandalizza per le torture inflitte ai nemici combattenti. Ma questa rabbia e questo orrore diventano incontenibili quando ci ricordiamo che questa guerra non è stata l’estrema ratio, ma un’azione premeditata per controllare un’area geografica strategicamente importante e per depredare un paese, straziato da dodici anni di embargo, delle sue ricchezze petrolifere.
Le vere foto dello scandalo sono quelle che Colin Powell ha mostrato alle Nazioni Unite. Non dicevano nulla, non dimostravano nulla, ma hanno giustificato l’aggressione dell’Iraq con tutto quello che ne è conseguito, non solo per gli iracheni, ma anche per gli americani, gli inglesi, gli spagnoli, gli italiani