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Adesso un rotondo sì contro Berlusconi

Publie le giovedì 12 giugno 2003 par Open-Publishing

di Paolo Flores d’Arcais

Berlusconi è stato sconfitto due settimane fa, e ha fatto finta di nulla.
Ha perfino tentato di spacciare la sconfitta per una vittoria. Berlusconi è stato sconfitto ieri
con un sonoro ko, e non potrà fare finta di niente. Si arrampicherà sugli specchi, ma le cifre sono
troppo eloquenti per essere manipolate anche da chi controlla in modo totalitario l’intero sistema
televisivo. Berlusconi cercherà la rivincita tra una settimana. Nel giorno del referendum inviterà
gli italiani ad andare al mare, come già fece anni fa il suo compare Craxi. Se riuscirà ad
impedire che scatti il quorum, si venderà il risultato come un plebiscito a suo vantaggio, dichiarerà che
solo quello è il vero voto politico, che quelle di ieri e di due settimane fa erano solo
consultazioni amministrative, locali, insignificanti. Ecco un buon motivo, che da solo basta e avanza, per
andare tutti a votare domenica prossima, e con un rotondo "sì" infliggere a Berlusconi la terza e
irreversibile sconfitta. So benissimo quante perplessità e divisioni questo referendum ha
sollevato nel centro-sinistra, tra i partiti e tra i cittadini. Sono tra coloro che hanno considerato
sbagliato lanciarlo, sono tra coloro che continuano a pensare che il problema del precariato, e della
mancanza di diritti che accompagna questa condizione sociale di insicurezza, non si risolve con un
referendum abrogativo ma solo con una legge articolata, capace di affrontare una situazione
alquanto complicata. Tutto vero, anzi verissimo. Ma ora, piaccia o meno, il senso del voto al referendum
di domenica prossima è innanzitutto un altro, semplice e brutale: «Vuoi tu sconfiggere Berlusconi
per la terza volta in meno di un mese, dando al suo regime un colpo tanto democratico quanto
micidiale, o preferisci dargli, dopo due sconfitte, l’ossigeno di un risultato che potrà spacciare come
una sua vittoria?» Questo è il vero quesito, quali che siano le parole scritte sulla scheda.
Succede infatti per i referendum quello che succede nella vita reale: la stessa identica sequenza di
parole può assumere significati diversissimi e addirittura opposti, a seconda di chi la pronunci e
dal contesto in cui venga comunicata. Facciamo un esempio un tantino volgare: l’espressione "brutto
stronzo!". Sembra inequivocabile. Eppure, pronunciata da un amico nei confronti di un amico che
non vedeva da tempo, che credeva anzi gravemente malato, che ritrova per caso e improvvisamente in
salute pimpante, detta gettandogli le braccia al collo (e seguita da "ci hai fatto morire di paura"
eccetera), diventa una frase assolutamente affettuosa, di sorpresa felice, di amicizia talmente
forte che può capovolgere l’ingiuria nel suo opposto. Detta da un automobilista che scende dalla
vettura dopo un tamponamento, con un crick in mano, ha un significato inequivocabilmente diverso.
Eppure le parole sono le stesse. Così per il referendum di domenica prossima. Ecco perché, al di là
di quello che si pensi delle parole scritte sulla scheda, e della riforma dell’articolo 18, e delle
leggi necessarie per affrontare il problema del lavoro flessibile e precario, domenica bisogna
andare a votare e votare "sì". Perché il significato reale, dato dal contesto delle due sconfitte
berlusconiane e degli inviti governativi, che si faranno pressanti (magari attraverso un assordante
silenzio dei mass media sul referendum stesso) per "andare al mare", è ormai quello che abbiamo
sopra richiamato: ne hai abbastanza di Berlusconi o te lo vuoi sciroppare ancora a lungo? Ecco perché
spero che i tanti che avevano deciso di non votare decidano in questo nuovo contesto per il "sì".
Penso agli uomini che più stimo dell’opposizione nella società civile, ai protagonisti delle lotte
di questo anno e mezzo (due nomi, per riassumere i tantissimi altri: Sergio Cofferati a Nanni
Moretti), che con la loro generosità hanno contribuito non poco ai successi elettorali di ieri e di
due settimane fa. Ma penso anche ai partiti del centro-sinistra, e alle loro decisioni ufficiali
contrarie al "sì" per ragioni anche di peso, che ora nel nuovo contesto sarebbero però
autolesionistiche. La loro vittoria elettorale finirebbe dimezzata, inevitabilmente, dal non raggiungimento del
quorum domenica prossima, e dalla grancassa che Berlusconi e le sue cheerleader massmediatiche
comincerebbero immediatamente a suonare. Cambiare decisione, in politica, è sempre difficile. Sembra
l’ammissione di un errore.
Costa all’orgoglio. Può apparire una debolezza. Ma cambiare decisione perché è cambiato il
contesto è solo scelta di saggezza e di coraggio. Non sarà un regalo a Bertinotti e ai promotori del
referendum (che con la loro scelta hanno diviso la sinistra): sarà un regalo a tutta l’opposizione. E
soprattutto, costituendo una nuova sconfitta per Berlusconi, sarà un regalo fatto all’Italia.