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Amnistia per i reati e le mobilitazioni contro la guerra
Publie le mercoledì 1 ottobre 2003 par Open-PublishingAmnistia per i reati di Genova e le mobilitazioni contro la guerra by
Sherwood Comunicazione
Apriamo la discussione sulla necessità di arrivare alla presentazione di
una proposta di legge popolare.
Abbiamo chiarito da tempo che la guerra si presenta in forme completamente
nuove, svincolate dal tradizionale rapporto di alleanza o conflitto tra gli
stati-nazione. Nell’Impero non c’è più un "fuori": la guerra
conseguentemente non può essere che guerra civile, su questo piano
confondendosi con l’azione di polizia interna. I generali diventano
funzionari delle forze dell’ordine, giudici e legislatori. L’azione di
polizia aggiunge alla funzione repressiva quella ordinativa delle linee del
pensiero unico della modernità. Non stati-nazione da collocare nella
gerarchia imperiale, ma principalmente assoggettamento delle moltitudini
che si muovono su fronti di opposizione al suo interno.
Nel luglio 2001 questo scenario si è nitidamente rappresentato per le
strade di Genova. Il governo appena insediatosi, affilati gli strumenti
lasciatigli dalla sinistra e indossata la camicia nera, ha coerentemente
dato continuità alle giornate di Napoli e Goteborg trasformando in una
sanguinosa prova tecnica di guerra civile un’occasione senza precedenti di
coesione fattiva tra anime diverse e massificate del movimento dei
movimenti. Ciò gli è valso "sul campo" l’ingresso a pieno titolo nella
governance imperiale e ha segnato uno slittamento drastico dei confini
dell’uso della forza dispiegata dalle polizie/esercito. Sperimentazione sul
teatro di battaglia, diretta da ministri e onorevoli della repubblica
avvalendosi di quattro corpi di polizia interna; sperimentazione mediatica,
orchestrata attraverso il monopolio, a contrastare i mille occhi
elettronici bene aperti dal movimento in quelle giornate; sperimentazione
giudiziaria organizzata attraverso un sistema intrecciato di falsificazioni
poliziesche e azzardi giuridici.
Mentre il legislatore sembra completamente assorbito dalla necessità di
confezionare leggi che sottraggano personaggi della coalizione governativa
alle pendenze giudiziarie ( dalle nuove norme sul falso in bilancio alla
vanificazione delle rogatorie internazionali fino al ripristino
dell’immunità parlamentare ) una parte consistente della società civile
sente di dover prendere le difese di una magistratura oggetto di attacchi
sempre più violenti mirati a screditarne il ruolo.
E’ necessario così ricordare alcuni altri appuntamenti che riguardano parte
di questa magistratura.
Quello con la verità in ordine all’assassinio di Carlo Giuliani. Dove per
verità non si intende solo l’identificazione dell’esecutore materiale e la
chiarificazione della sua volontà omicida, ma soprattutto l’identificazione
dei mandanti. L’ordinanza con cui il gip Elena Daloiso, su richiesta del pm
Silvio Franz, dispone l’archiviazione del procedimento può solo suonare
offensiva, non certo paralizzante la ricerca delle responsabilità.
Quello con i giudici di Cosenza, pm Domenico Fiordalisi e gip Nadia
Plastina, responsabili nel novembre scorso di venti ordini di cattura e
quarantadue denunce per associazione sovversiva, cospirazione politica
mediante associazione, propaganda sovversiva ed altro ancora. Il tutto
sulla scorta di più di mille pagine di dossier piazzato porta a porta dal
Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri, organizzato secondo le
antiche coordinate del teorema giudiziario di cui è esperto indiscusso
l’allora comandante del raggruppamento, il generale Giampaolo Ganzer, già
uomo di punta del gen. Dalla Chiesa. Oggi promosso a più alti uffici.
Quello nuovamente a Genova a seguito di provvedimenti diversamente
restrittivi della libertà per quattordici indagati per le giornate del
luglio, emanati dopo più di un anno e dopo che tutti gli arresti eseguiti
alla Diaz si sono rivelati un abuso. Un’ordinanza ancora del gip Daloiso,
decisamente lontana dalle rozzezze dei giudici cosentini, che introduce
nuove fattispecie giuridiche: la compartecipazione materiale e la
compartecipazione psichica in un quadro di imputazioni varie tra cui spicca
il reato di devastazione e dietro le quali si intravedono il fili della
tessitura di possibili reati associativi (attraverso la compartecipazione
psichica siamo tutti corresponsabili). Inchiesta che va a sommarsi a decine
di altre denunce "sparse".
Quello ancora a Genova con gli scenari possibili a seguire il deposito
della chiusura delle indagini relative alle violenze, gli abusi e i falsi
contestati a 73 fra dirigenti, funzionari e agenti delle diverse polizie,
in particolare relativamente alla mattanza della Diaz e la gestione
sanguinaria della caserma di Bolzaneto. Tutti promossi anche loro. Ma
questa volta traspare anche negli atti giudiziari il delinearsi in
verticale delle responsabilità: non schegge impazzite, ma ordini da
eseguire. Una regia, una gestione consapevole. Nomi e cognomi conosciuti da
tempo. Il ministro dell’interno "non accetta giudizi sommari" perché sa
bene chi sono gli aggrediti e chi gli aggressori: ai poliziotti la
solidarietà sua e del suo partito, gli aggressori siamo noi. E questo non è
un giudizio sommario.
Quelli infine ancora in corso di allestimento presso le procure di un
numero imprecisabile di città in relazione all’opposizione radicale messa
in campo prima, durante e dopo l’aggressione militare delle amministrazioni
Bush e Blair in terra irachena. Mettendo in gioco, come sempre, solo i
nostri corpi inermi a difesa di vite lontane migliaia di chilometri.
La discussione interna al movimento di questi due anni - sintetizzata
ultimamente nelle giornate al Buridda e a Riva del Garda - ha sottolineato
quanto la gente di Genova sia stata la punta di diamante di una moltitudine
che vuol farsi padrona di sé stessa, che non può più accettare
l’onnipotenza del mercato e dei valori di scambio, né le coordinate di
guerra che si vogliono imporre ad ogni forma di conflitto. Moltitudine che
s’ingegna nello stare assieme sperimentando il costruire comune, l’essere
comuni. Che vuole esprime ed esprime singolarità e cooperazione plurali
come potere costituente di un nuovo mondo. Una moltitudine che in questi
due anni è cresciuta in maniera tale da poter sviluppare, su tutti i piani,
prospettive verso le quali le forze politiche devono piegarsi.
In questa consapevolezza crediamo sia giunto il momento di aprire una
campagna che, attraverso la raccolta di firme per la presentazione di una
legge popolare, ponga con forza la necessità di una soluzione giuridica per
tutti i reati contestati dalle giornate di Genova, alle giornate contro la
guerra, fino ai giorni nostri.
Questo non come contropartita alla più che verosimile impunità che attende
quei (pochi) esponenti delle forze dell’ordine oggetto di indagine della
magistratura genovese. Non ci interessano improbabili condanne e ancora
meno impossibili carcerazioni: la verità è l’unica cosa che ci sta a cuore
e buona parte di essa è ormai da tempo sotto gli occhi di chi non si
rifiuta di vedere. La magistratura genovese farà il suo lavoro. Ma è giunto
il momento di imporre al legislatore la necessità di una sperimentazione di
segno diverso da quella elaborata finora a tutela del presidente del
consiglio e dei suoi vassalli. Che abbia la forma dell’amnistia mirata o
che si definisca in una nuova fattispecie giuridica è in ogni caso
necessario imporre un provvedimento fondato su una verità storica e non
processuale: le giornate di Genova sono state il teatro di un’aggressione
belligerante e premeditata contro il movimento in ogni sua componente.
Tutti gli indagati si sono difesi e certuni non hanno nemmeno avuto modo di
farlo, così come è stato per gli arrestati alla Diaz. E’ stata legittima
difesa. E non erano estintori quelli che adoperavano i vari robocop.
Allo stesso modo è stata legittima difesa ogni iniziativa connessa al
tentativo di paralizzare o quantomeno contrastare l’aggressione armata
contro il popolo iracheno, giustificata da un sistema di falsità che
riproduce a diversa grandezza scalare le falsità organizzate dalle polizie
interne.
E’ necessario da subito sviluppare iniziativa in questo senso
convogliandovi tutti coloro che credono in un paradigma di modello globale
di democrazia assoluta, radicale, fondata sui principi dell’universalità,
della pace, del reddito di cittadinanza. E’ un movimento che ha saputo
trasformare il linguaggio politico e la stessa consapevolezza e coscienza
della realtà politica, è un movimento che è possibile far convergere verso
questo obiettivo. Si è dimostrato capace di essere protagonista costituente
di invenzione, di definizione concreta. E’ una battaglia che può condurre e
vincere.