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Amori e violenze al G8, un film scuote Locarno

Publie le sabato 9 agosto 2003 par Open-Publishing

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Amori e violenze al G8, un film scuote Locarno

Scene di pestaggi in caserma. Il regista Pellegrini: ma non criminalizzo
tutta la polizia

DAL NOSTRO INVIATO
LOCARNO - Giornata di cinema duro al Festival. Fa discutere Ora o mai più di
Lucio Pellegrini, il primo vero film-fiction, dopo tanti documentari, sugli
scontri tra manifestanti e forze dell’ordine al G8 di Genova. Lunghi
applausi dal pubblico alla pellicola (in concorso) che finisce con le scene
crude delle violenze nella caserma di Bolzaneto e narra l’educazione
sentimental-politica di un tranquillo laureando pisano che incrocia un
gruppo di no global, si innamora di una ragazza e s’avvia verso Genova in
quel triste 20 luglio 2001. Ma non arriva al G8, la polizia lo blocca e lo
porta nella caserma.
Dopo l’avvio da commedia quasi all’italiana, col piccolo inconsapevole eroe
incastrato in qualcosa di grande, il film (prodotto da Procacci della
Fandango) non senza scosse narrative, glissando sul profondo ma con
appassionata buona fede, incrocia la tragedia. La ricostruzione di quella
notte è impressionante. Si vedono i ragazzi che vengono umiliati, percossi,
fatti spogliare, pestati e manganellati al buio, riversi per terra, mentre i
cori razzisti dei poliziotti intonano: «Un, due, tre, lunga vita a Pinochet;
quattro, cinque, sei, morte agli ebrei; sette, otto, nove, il negretto non
commuove».
Spiega il regista: «Abbiamo letto sul fattaccio di tutto e di più e
interrogato centinaia di ragazzi che avevano subìto quell’esperienza, di
ogni parte del mondo: i loro racconti coincidono perfettamente. I cortei di
Genova si erano visti tante volte, li abbiamo ricordati con la radio e poche
parole governative di Scajola. Abbiamo ricostruito un incubo, non per
criminalizzare tutta la polizia, anzi facendo vedere anche l’altra faccia e
ringraziando quella stradale, ma per raccontare una pagina vergognosa della
nostra storia che si vorrebbe volentieri dimenticare». Ci sono state
testimonianze di poliziotti? «No, nessuno di loro è stato ascoltato, non gli
sarebbe stato permesso di parlare».
I giovani e bravi interpreti - citiamo il debuttante Jacopo Bonvicini,
Violante Placido, Edoardo Gabbriellini in un gruppo tutto in sintonia - non
sono estranei ai fatti, qualcuno di loro c’era quel giorno: «Fosse solo per
l’età, capiamo i no global, abbiamo avuto esperienze di ormoni in subbuglio
nei centri sociali e sfilato con i sans papier».
«Io - aggiunge Violante Placido - sono nella storia quella più ambigua,
rifiuto la violenza ma capto la magìa del momento, invito il protagonista a
seguire l’istinto». «Non bisogna aspettare 40 anni per raccontare la storia,
specie un brutto momento - dice Procacci - bisogna starci addosso mentre è
vivo il ricordo. Del resto il film, in cui nulla è stato inventato, è
co-prodotto con la Rai che lo distribuirà e lo trasmetterà in tv».
Ora o mai più scuote soprattutto la stampa estera. Il regista spiega: «A
volte si fanno le cose più di pancia che per ideologia. Il nostro film epico
nasce anche da esperienze personali». Lo sceneggiatore Roan Johnson
aggiunge: «Abbiamo voluto sfogare una lunga indignazione che covava dentro,
ricordare una profonda ingiustizia». E Procacci: «Il senso del film per me è
chiaro: Genova è stato un punto di rottura, la fine di un sogno, il nostro
piccolo Vietnam, e la ferita è tuttora aperta».

Maurizio Porro