Home > Articolo 18: 7 mitivi per votare SI’

Articolo 18: 7 mitivi per votare SI’

Publie le lunedì 19 maggio 2003 par Open-Publishing

Il 15 e 16 giugno voteremo SI’ al referendum.
I motivi sono molti, ma ecco 7 risposte a 7 dubbi che possono nascere:

1. "Danneggia l’economia e l’occupazione, è necessaria maggior flessibilità"

VOTA SÍ perché il referendum non ha incidenza alcuna sull’economia e i livelli di occupazione.
Infatti riguarda esclusivamente il licenziamento individuale senza giustificato motivo e per
discriminazione. Oltre a tutte le forme di flessibilità contrattuali e di legge negli ultimi 10 anni sono
stati, purtroppo, 250 mila all’anno i licenziamenti per crisi, ristrutturazione, taglio dei
costi. Le sentenze di reintegra decise dal giudice annullando il licenziamento individuale arbitrario
sono stati nell’ordine di 1200 all’anno.

2. " Impedisce alle piccole imprese di crescere"

VOTA SÍ perché la libertà e la dignità del cittadino che lavora sono inalienabili e prioritari e
sono fattori di sicurezza e qualità del lavoro anche per l’impresa: un positivo rapporto con
dipendenti tutelati dall’art. 18 è un beneficio al tessuto produttivo delle piccole imprese, più moderno
proprio perché rispettoso di regole e diritti.
I dati (ISTAT) e il governatore della banca d’Italia dicono che il 95% delle imprese è sotto la
soglia dei 10 dipendenti e che quelle subito sopra i 15 dipendenti sono più numerose di quelle con
13-14 dipendenti, a dimostrazione che la scelta della dimensione d’impresa non ha nulla a che
vedere con l’articolo 18, ma con i processi che negli ultimi 30 anni hanno profondamente cambiato la
struttura produttiva, l’organizzazione e il mercato del lavoro. In ragione di questo processo oggi
le imprese sono piccole come numero di dipendenti, ma grandi come fatturato con attività molto
avanzate.

3. "Aumenterà il lavoro nero"

VOTA SÍ perché l’articolo 18 aiuta a uscire dal lavoro nero chi è sicuro di non essere ricattato
dal licenziamento e contrasta la precarizzazione e la destrutturazione del mercato del lavoro
realizzata dalla delega governativa per renderlo tutto quanto più nero possibile. Il lavoro nero si
contrasta con la sicurezza del lavoratore, con le leggi, gli strumenti per applicarle. La vittoria
del referendum ridurrà l’area del lavoro nero, perché costruirà solidarietà e unità in difesa di
regole, tutele e diritti del lavoro e renderà possibile la lotta per contrastarlo.

4. "Non tutela i lavoratori con contratti atipici"

VOTA SÍ perché estendere la tutela dal licenziamento arbitrario agli oltre 3 milioni di lavoratori
dipendenti che ne sono privi vuol dire ampliare l’effetto giuridico in caso di vittoria del
referendum ai 2 milioni e più di co.co.co. e ai 3 milioni di lavoratori in nero. Fin dall’inizio il
referendum è stato promosso con l’obiettivo di unificare sul terreno dei diritti tutto il mondo del
lavoro, incluso quello con contratti atipici. Il SÍ al referendum coincide con un SÍ ad una legge
che estenda le tutele ai lavoratori e lavoratrici con contratti diversi dal tempo indeterminato. Il
SÍ è primo passo in questa direzione, e pone le basi per estendere i diritti a tutti.

5. " È uno strumento inadeguato"

VOTA SÍ perché il referendum è uno strumento costituzionale che assegna al voto popolare funzione
di legislatore in quanto può pronunciarsi anche in contrasto con le rappresentanze elette, cioè il
Parlamento. A febbraio è stata approvata la legge delega sul mercato del lavoro che rende
istituzionale la precarietà del posto di lavoro (lavoro in affitto anche a tempo indeterminato, a
chiamata, ecc.), cancella il contratto collettivo di lavoro, toglie al sindacato il ruolo di rappresentare
e tutelare i lavoratori.
Con la maggioranza parlamentare che ha approvato questa delega è almeno dubbio poter ottenere una
legge che estenda i diritti. Certo la ottiene la vittoria del SÍ che impedisce anche
l’approvazione della delega che modifica l’articolo 18: se il governo l’approva prima del referendum, essa
verrà inglobata nel quesito referendario, in quanto in contraddizione con esso; dopo la vittoria del
SÍ non si può legiferare in contrasto con il voto popolare. Infine la vittoria del SÍ rende
immediatamente applicabile l’estensione dell’articolo 18, perché il quesito è formulato in modo da
produrre l’immediata efficacia della nuova norma senza intervento del legislatore.

6. "Il referendum divide"

VOTA SÍ perché l’unità si fa sulle cose. La maggioranza dei cittadini è favorevole all’estensione
del diritto a non essere licenziato ingiustamente. Chi mai, se non di animo proprio cattivo, può
essere favorevole ad un licenziamento e per giunta ingiustificato?
Esiste una maggioranza sociale favorevole al SÍ, e una grande attenzione ai diritti, prodotto
della mobilitazione sindacale dello scorso anno. Sul contenuto c’è l’unità dei lavoratori e la
divisione della forze politiche. Ma noi non abbiamo promosso il referendum per definire uno schieramento
politico, per unire o dividere la sinistra, fare un nuovo partito o altro. Il referendum pone una
questione di giustizia, di civiltà. Su questo chiede un giudizio, con un SÍ o con un NO, a tutti i
cittadini, indipendentemente da come votano alle elezioni politiche.
E’ certo comunque che dalla vittoria del SÍ può nascere una nuova stagione sociale e politica con
vantaggio e ragioni di unità per una politica ancora troppo attenta alle logiche di schieramento,
ai propri processi interni, piuttosto che alle domande della società, del mondo del lavoro, dei
più deboli.

7. "Il referendum ci porta fuori dall’Europa"

VOTA SÍ perché la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea all’articolo 30 dichiara:
"OGNI LAVORATORE HA DIRITTO ALLA TUTELA CONTRO OGNI LICENZIAMENTO INGIUSTIFICATO". Non fa alcuna
distinzione tra pubblico e privato, tra aziende con più o meno di 15 dipendenti, tra lavoratori a
termine o a tempo indeterminato, tra subordinati e atipici. Inoltre afferma - art. 51.1 - che
l’esercizio del diritto deve essere effettivo e non una mera enunciazione di principio.