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Attacco al cuore dell’Europa

Publie le venerdì 4 luglio 2003 par Open-Publishing

il manifesto - 03 Luglio 2003 POLITICA pagina 02
MEMORIA
Attacco al cuore dell’Europa
IDA DOMINIJANNI
Soleva dire commovendosi Carlo Azeglio Ciampi, quando era ministro del
tesoro nel governo Prodi, che bisognava far presto a costruire l’Europa,
prima che se ne andasse la generazione che porta memoria vivente delle
tragedie del nazifascismo, dell’olocausto, della guerra. Parole sante,
sensibilità storica vibrante, che gli valsero non pochi consensi
nell’opinione pubblica di sinistra ai tempi della sua elezione al Quirinale.
Una tragica ironia della storia vuole oggi che Carlo Azeglio Ciampi
presidente della Repubblica, diventato sensibile più al decoro nazionale che
alla memoria continentale, si trovi a sostenere alla presidenza del semestre
europeo un figuro come Silvio Berlusconi, che inaugura il suo incarico
attaccando l’identità europea nel suo cuore più delicato e nella sua ferita
più sanguinante, quella di Auschwitz. Non è solo uno scandalo politico e non
è solo un incidente istituzionale quello che s’è visto ieri nel parlamento
di Strasburgo. La performance di Berlusconi è un rivelatore preciso della
cultura profondamente antieuropea che il presidente del semestre esprime. Si
può sempre ridurla in burletta, restando dentro la stessa italica tradizione
da cui nasce, ma saggezza consiglia di prenderla sul serio per quello che è:
una cultura qualunquista, postnovecentesca e postdemocratica. Il contrario
di quello che servirebbe per portare a termine la gestazione di un’Europa
che vorrebbe nascere precisamente dalla memoria novecentesca, superando
nell’Unione una lunga storia di guerra civile e seppellendo nel
costituzionalismo qualunque esperienza e qualunque evenienza di dittatura
delle maggioranze. Lo sa bene Shulz, quando replica a Berlusconi che il
rispetto delle vittime del fascismo e del nazismo gli impedisce di
rispondergli per le rime. lo sa la Spd, quando fa presente che su quelle
vittime non è consentita ironia alcuna, tantomeno da parte del primo
ministro di un paese che ha partorito Mussolini. Lo sanno il presidente e
l’ex presidente del parlamento di Strasburgo, quando giustamente leggono
nelle parole di Berlusconi un insulto ai principi della nascitura
Costituzione europea. Il Cavaliere invece non lo sa, perché non è solo il
galateo istituzionale - il tanto invocato decoro - a fargli difetto, ma
l’idea vaga della densità simbolica del luogo e del momento in cui si trova,
e delle tracce di storia che possono intralciare la sua fulgida ascesa. Sì
che la toppa che trova per non scusarsi è peggio del buco: l’immagine del
Belpaese che sdrammatizza tutto, anche l’olocausto, con le barzellette la
dice lunga sull’Italia che Berlusconi vorrebbe portare in Europa.Ma se su
questo punto c’è insipienza e cinismo, sul secondo, l’idea di democrazia,
c’è metodo e dolo. Il nuovo palcoscenico europeo serve al presidente del
consiglio per ribadire con convinzione il suo unico principio di fede: chi è
stato eletto a maggioranza non si tocca, non si discute, non si attacca, può
fare quello che vuole. Può darsi che il meglio della giornata oscuri una
delle frasi più pregevoli da lui pronunciate nel corso della mattinata per
difendersi dalle critiche dei deputati europei sul suo uso personalistico
dello stato e del legislativo: «Sono solo tre le leggi che mi riguardano e
sono state la risposta parlamentare, con strumenti democratici, a chi
approfitta del suo ruolo di funzionario pubblico per attaccarmi dal punto di
vista giudiziario». Tre, solo tre. Il catalogo postdemocratico è arrivato
sul tavolo europeo: fine della divisione dei poteri, regressione allo stato
patrimoniale, legittimità contro legalità. A questo siamo ormai abituati.
Alla profanazione della memoria di Auschwitz no. Berlusconi non lo sa, ma la
memoria, talvolta, sa fare giustizia meglio dei giudici.