Home > Atti simbolici e messaggi veicolati
Caro Curzi, sono d’accordo con lo spirito e la lettera dell’intervento di
Bernocchi-Bersani-Cannavò-Casarini con l’eccezione di un paio di passaggi. Mi soffermo su uno soltanto. Ho sempre
considerato la pratica della violazione della "zona rossa" più dannosa che utile, anche se poi mi sono ben
guardata dal firmare testi femministi di condanna al presunto militarismo maschile in nome
dell’altrettanto presunto pacifismo femminile.
Mi sembra che l’utilità di un atto simbolico dovrebbe
essere misurata dalla sua capacità di veicolare messaggi. In questo caso quel che giunge all’opinione
con cui si interloquisce è ben diverso dalla programmatica violazione di un ordine costituito
nella prospettiva di un altro mondo possibile.
Passa invece il messaggio che la repressione è
autorizzata dalla violenza dei manifestanti e l’autorizzazione a procedere è concessa soprattutto da una
sorta di continuum immaginario, che di fatto per opera dei media si crea. Il continuum è tra gli
atti in lar
ga misura simbolici e gli episodi di violenza autentica del tutto fuori dal controllo della parte
organizzata del movimento.
Ora, che una pratica provochi risposte repressive e autorizzazioni a
procedere può non essere argomento sufficiente di dissuasione, purché si spieghi che cosa c’è
sull’altro piatto della bilancia. Ricordo che alla vigilia di Genova era diffusa l’illusione che le
pratiche della violazione avrebbero potuto garantire l’unità del movimento e il controllo della
piazza. La violenza simbolica, cioè, avrebbe dovuto esorcizzare quella reale. Le cose - si sa - sono
andate diversamente. Come è ovvio e per il tipo di rapporto esistente tra simbolico e reale.