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Berlusconi al fronte

Publie le martedì 4 maggio 2004 par Open-Publishing

Il premier cerca di imporre a radio e tv il silenzio stampa sugli ostaggi
e rivendica la guerra
Berlusconi al fronte
Dopo aver detto tutto (e il contrario di tutto), il governo italiano
chiede il silenzio stampa sugli ostaggi. L’ordine arriva da Silvio
Berlusconi, il miglior amico di George W. Bush. I soldati Bruno Vespa e
Emilio Fede battono i tacchi: obbedisco. Il primo troverà qualcosa per
sostituire le foto dei tre vigilantes rapiti in Iraq, Porta a Porta ha
mille risorse (dalla mamma di Cogne alla patente a punti, c’è solo
l’imbarazzo della scelta). Fede invece è un primo della classe, è già da
quindici giorni che il direttore del tg4 non dà più alcuna notizia su
quanto accade a Baghdad e dintorni. Viva la libera informazione. Tutti
d’accordo con Berlusconi? Quasi. Mediaset obbedisce, La7 disobbedisce. Tg1
e Tg2 si adeguano, Antonio Di Bella - direttore del Tg3 - spiega che
«cautela non significa black out sulla vicenda irachena». Bisogna anche
dire che oggi, sul fronte degli ostaggi, di notizie ce ne sono state
davvero poche. Berlusconi a parte, s’intende.

A proposito del premier con l’elmetto, ecco come interpreta il silenzio
stampa. Quello ordinato da lui. «In Iraq dobbiamo restare per compiere
fino in fondo il nostro dovere». In occasione della posa della prima
pietra per i lavori di ampliamento dell’ospedale San Raffaele di Milano,
Berlusconi ribadisce l’impegno del governo: «Se venissimo via - sottolinea
 dovremmo per coerenza venir via anche dall’Afghanistan, dal Kosovo,
dalla Bosnia Erzegovina, da Timor Est». Da Timor Est? Il premier fa una
certa confusione con le missioni all’estero. I Ds ne approfittano:
«Berlusconi dovrebbe sapere che tutte le missioni a parte quella in Iraq
sono sotto mandato delle nazioni unite», ricorda Marina Sereni. Sarà per
questo che Margherita, Sdi e Ds uniti con Prodi per Prodi e in Prodi
continuano a interrogarsi amletici sul ritiro delle truppe italiane?
Mistero della fede prodiana.

Mistero che va, mistero che viene. Nel tempio della sanità privatizzata
made in Lombardia, Berlusconi riesce a farsi contestare. Se non è un
record, poco ci manca. «Via gli italiani dall’Iraq», dicono i lavoratori
del San Raffaele. Ma il premier tira dritto per la sua strada. Quella che
porta a Washington o se preferite al ranch texano di Bush. Il resto -
l’Onu e l’Europa, le bandiere arcobaleno e i dubbi degli italiani -
semplicemente non contano.

Ma torniamo alla notizia del giorno. Il comunicato con la richiesta del
silenzio stampa viene diffuso nel pomeriggio e subito scatena reazioni
contrastanti. Se alcuni dei parenti dei tre vigilantes affermano di essere
già «in simil-silenzio stampa, visto che non ci sono novità», nel
centrosinistra si va da chi precisa di aver sempre seguito la via della
«discrezione» a chi sottolinea, come il segretario Ds Piero Fassino, che
«fino ad oggi quelli che hanno parlato di più e a sproposito sulla vicenda
sono quelli che stanno al governo». Secondo il presidente dei Verdi,
Alfonso Pecoraro Scanio, «il primo a dover fare silenzio sulla vicenda
degli ostaggi è proprio Berlusconi». Gli fanno eco Antonio Di Pietro
(«Speriamo che anche Berlusconi riesca a stare zitto per un po’») e
Clemente Mastella («Se a questo riserbo a suo tempo si fossero attenuti lo
stesso Berlusconi ed i suoi ministri, sarebbe proprio stato meglio»). Si
va avanti così da giorni, da settimane, da mesi. Ma all’ovest niente di
nuovo.

Sostanziale no comment da parte delle famiglie degli ostaggi. Antonella
Agliana, sorella di Maurizio, dice di rispettare già una forma di silenzio
(«Non abbiamo notizie»), la cognata di Umberto Cupertino, Laura Albanese,
aggiunge di non aver «nulla da dire» di fronte a questa richiesta del
presidente del Consiglio, «almeno per oggi non faremo più dichiarazioni
ufficiali» conclude il padre di Salvatore Stefio.

Prima ancora che vadano in onda i Tg della sera, la notizia fa il giro
delle redazioni. Dove, (sono le 17.15) arrivano le cinque righe del
comunicato di Palazzo Chigi nelle quali si legge che «di fronte ad una
serie di uscite contraddittorie, inattendibili e pericolose», il premier
chiede «a tutte le reti il silenzio stampa» sulla vicenda degli ostaggi.
Un’ora più tardi, il segretario della Federazione della Stampa Paolo
Serventi Longhi dice che il premier «non può chiedere un silenzio stampa a
nessun organo di informazione» e che, «al massimo», «può invitare gli
organi di informazione ad un comportamento del genere». Anomalie italiane.

Conclusioni: Berlusconi parla e straparla fin quando non ottiene dalla
casa Bianca il riconoscimento di miglior amico degli americani. Poi,
raggiunto l’obiettivo, ordina il silenzio stampa. Meglio che Vespa si
occupi di ponti, gallerie e cantieri e Fede di Rutelli e Fassino. L’Iraq,
che cosa è?

Frida Nacinovich
f. nacinovich@liberazione. it

http://www.liberazione.it/giornale/040504/LB12D6B9.asp