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«Bloccheremo George Bush»

Publie le domenica 9 maggio 2004 par Open-Publishing

In piazza il 4 giugno I pacifisti si preparano a contestare la visita del
presidente Usa: non accetteremo zone rosse. Nel mirino anche la parata
militare del 2 giugno

ANGELO MASTRANDREA

ROMA

Opporsi a qualsiasi proposito di creare una zona rossa nel centro di Roma
per consentire a George W. Bush di spostarsi a suo piacimento nella
capitale, chiedere la disponibilità di una o più piazze centrali per
rendere visibile la contestazione, rilanciare in maniera massiccia la
campagna delle bandiere arcobaleno dei balconi, costruire una
mobilitazione simile a quella che a Londra il 20 novembre scorso ha
accolto il presidente Usa. In quel caso, vista l’imponenza della
manifestazione, con centinaia di migliaia di persone in piazza, i
pacifisti decisero di contravvenire alle imposizioni della polizia e
partirono indisturbati in corteo verso Trafalgar square, dove fu
simbolicamente abbattuta una statua fantoccio del presidente americano. E’
così che il movimento pacifista si prepara ad accogliere Bush, che sarà a
Roma il prossimo 4 giugno per l’anniversario della liberazione della città
dal nazifascismo e contemporaneamente per dare una mano all’amico Silvio
Berlusconi ad appena dieci giorni dalle elezioni europee.

Ma il presidente
Usa potrebbe trovarsi di fronte una città per lui «inospitale», tappezzata
di bandiere arcobaleno e con manifestazioni che fonti della stessa
questura romana, con qualche preoccupazione anche per via della necessità
di dover garantire gli spostamenti in città di George Bush, si attendono
massicce. Una larga fetta del movimento pacifista, da Rifondazione
comunista al Pdci passando per Cobas, disobbedienti e Attac, si prepara
infatti a convocare un corteo che cercherà di avvicinarsi il più possibile
al presidente Usa per rinfacciargli il fallimento della guerra in Iraq e
soprattutto lo scandalo delle torture sui prigionieri iracheni. «Il
sistematico uso della tortura come arma di guerra dimostra che quelli che
sono andati in Iraq dichiarandosi portatori dei diritti umani si sono
purtroppo rivelati non dissimili dal loro vecchio amico Saddam Hussein»,
afferma il segretario del Pdci Oliviero Diliberto annunciando la sua
adesione alla manifestazione, così come il verde Paolo Cento, contrario
alla partecipazione alle manifestazioni ufficiali e favorevole invece a
«far sentire a Bush la pressione pacifista dell’opinione pubblica, anche
attraverso la mobilitazione della piazza».

Al contrario di Massimo
D’Alema, che ritiene sia «un errore» e «un favore a Berlusconi» scendere
in piazza contro Bush. A dargli manforte Dario Franceschini della
Margherita, per il quale «non dobbiamo commettere l’errore di mescolare la
nostra gratitudine per il ruolo degli Usa nella liberazione dell’Italia
dal nazifascismo con il giudizio durissimo sui tragici errori
dell’amministrazione Bush». E per questo «non faremmo bene a sottrarci a
eventuali appuntamenti istituzionali», vale a dire partecipare alle
iniziative di accoglienza a Bush previste dal governo. Cosa che fa
storcere il naso al comitato Fermiamo la guerra, che ieri si è riunito per
la prima volta per discutere il «che fare» in vista del 4 giugno. Tante le
proposte portate dalle diverse componenti organizzate e decisione finale
rimandata alla prossima settimana, anche perché non c’è unanimità di
vedute in particolare sull’opportunità di organizzare un corteo. Contrari
Cgil, che auspica «il vuoto attorno a Bush», e Tavola della pace (ieri
assente), mentre altre componenti, come la Rete Lilliput, vedono di mal
occhio una manifestazione nella quale si riproduca la logica «genovese»
dell’assedio alla zona rossa, e per questo «difficilmente gestibile», ma
si dicono invece favorevoli ad altre iniziative che rendano visibile
l’opposizione alla guerra e al presidente americano, a partire dalle
piazze tematiche, una delle quali potrebbe essere dedicata alle violazioni
dei diritti umani.

Su una cosa sono però tutti d’accordo: non bisogna accettare la blindatura
della città, un’idea che considerano «folle anche dal punto di vista
dell’ordine pubblico», perché come nei giorni del G8 innescherebbe il
meccanismo dell’assedio. Alla prefettura verrà chiesto di poter
manifestare a piazza Venezia o comunque nel centro cittadino e non in
periferia, mentre è condivisa la necessità dell’avvio immediato di una
campagna sui misfatti dell’amministrazione statunitense.

Le mobilitazioni potrebbero addirittura cominciare il 2 giugno, con la
contestazione della parata militare in piazza Venezia in occasione della
festa della repubblica. Una parata che da qualche anno è stata restaurata,
per iniziativa del presidente della repubblica Ciampi, e che quest’anno i
pacifisti ritengono più offensiva del solito perché suonerebbe come uno
spot della partecipazione italiana alla guerra in Iraq. Verranno anche
presi contatti con il movimento pacifista francese che si sta organizzando
in vista dell’arrivo di Bush per celebrare l’anniversario dello sbarco in
Normandia, il 6 giugno.

In questi giorni si stanno riunendo un po’ tutte le componenti organizzate
del movimento. Le più radicali stanno al di fuori del comitato Fermiamo la
guerra e con esse, dice Piero Bernocchi dei Cobas, «dovremmo cercare un
dialogo» per evitare che la piazza del 4 giugno risulti ingestibile.
Mentre il coordinamento per la pace romano ha già previsto delle
iniziative per il 2 marzo, quando i ponti sul Tevere saranno imbandierati
d’arcobaleno e su quelli pedonali si svolgeranno spettacoli e altre
iniziative.

il manifesto