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C’ero a Genova G8 Ricordi di un’infamia

Publie le mercoledì 17 settembre 2003 par Open-Publishing

E’ stata una delle tante notizie del telegiornale della sera di ieri 12 settembre: 73 poliziotti
sono stati rinviati a giudizio per i fatti del G8 a Genova. La notizia non fa più scalpore, sono
passati alcuni anni e tutto passa nel dimenticatoio. C’ero a Genova, ho voluto rendermi conto di
persona, insieme con il mio collega siamo stati vicini agli scontri, abbiamo fatto due fughe tra i
lacrimogeni.

Non ho lanciato nessuna pietra, non ho imprecato contro la Polizia, non ho fatto gesti osceni
all’indirizzo degli agenti, ho guardato cercando di capire quello che stava succedendo. Credo che sia
una pagina infame, per la Polizia e per lo Stato. Ho visto ragazze con i segni dei manganelli
sulle cosce, sul corpo. Ho visto ragazzi scout che cantavano la canzoncina ".due presidenti." tristi e
scoraggiati che si lamentavano per ciò che era avvenuto. L’immagine che mi ha fatto soffrire di
più è stata quella di un papà che teneva in braccio la figlia di circa quattro-cinque anni e le
teneva una mano davanti agli occhi perché non vedesse ciò che la Polizia stava facendo. Ricordo molte
persone, giovani e adulti asserragliati sul piccolo monte sul faro, nella confusione e nel caos
fino a quando dopo aver divelto una rete e scesi uno alla volta con una scala a pioli siamo andati
verso il mare.

Sono tante le immagini di violenza. rimaste nella mia memoria, ed è stata anche la presa di
consapevolezza che non esiste solo la violenza di un gruppetto di violenti, i Black Blok,che potevano
essere neutralizzati, ma mi ha colpito la violenza di coloro che dovevano essere i difensori della
pace e dell’ordine.

Al mattino presto ero alla scuola che durante la notte è stata assaltata dalla polizia. Ricordo un
giovane che salito su una finestra ha improvvisato uno show tragico, minacciando di buttarsi dalla
finestra e ha strappato la carta d’identità italiana, vergognandosi di essere italiano e dello
stato italiano che ha operato in quella maniera. Ora a distanza di anni scopriamo che quello che
sapevamo è ora certezza: operazione violenta montata dalla polizia. Che vergogna!
Il dramma è: di chi dobbiamo fidarci? A chi credere, quando coloro che dovrebbero operare nella
giustizia operano nella falsità e nella menzogna.

Al pomeriggio della domenica, dopo l’intervento violento della Polizia, molti automezzi erano
fermi sul lungomare vicino a Piazzale Kennedy, per terra c’erano i numerosi bossoli dei lacrimogeni. I
capi erano in conciliabolo. Insieme ad un amico giornalista abbiamo interpellato il Questore, che
in quel momento faceva fatica a connettere, con il telefonino in mano nervosamente dava ordini ai
vari capi delle Forze dell’Ordine. Io e il mio amico giornalista ci siamo detti: Dio mio in che
mani ci hanno messi, quale gente dirige quest’operazione. Alla nostra domanda:
Questore cosa sta
succedendo rispose queste parole:." Genova è una città piena di vicoli, di trabocchetti, bisogna
reprimere..", non connetteva più e lì insieme con lui c’erano i capi, alcuni in borghese, altri in
divisa. A distanza di anni scopro che alcuni di questi sono ora rinviati a giudizio.

Tornato a casa, mi sono reso conto che per il solo fatto di essere state a Genova le persone sono
state criminalizzate dall’opinione pubblica ben condizionata dai massmedia controllati dal potere.
Ho seguito alla radio le relazioni della Commissione parlamentare, mi sentivo coinvolto e
sconvolto. C’era un’orchestra ben concertata contro i partecipanti al G8 come se tutti fossero stati la
causa dei disordini. La gente ha preso le distanze dal gruppo dei distruttori violenti, una
piccolissima minoranza. La Polizia ha fatto di ogni erba un fascio. Una vergogna! E quegli elicotteri che
continuavano a volteggiare sulla folla ad un ritmo ossessionante, creando l’atmosfera della
repressione violenta propria di regimi e di dittature lontane da casa nostra.

Non ho visto tutto, solo una parte di quello che è successo, sia sabato in città, come domenica
nel corteo sul lungomare, so solo che la realtà è stata peggiore di quello di cui sono stato
testimone.