Home > CRISI IDRICA Le mani sull’acqua
"Dalla crisi idrica in Italia, che è una situazione contingente locale, si potrà capire meglio la dimensione del problema dell’acqua a livello mondiale, la gravità di interessi e conflitti in gioco e il modello di sviluppo necessario". Sono le parole di Rosario Lembo , segretario generale del Comitato italiano per il Contratto mondiale dell’acqua. Il Comitato fa parte della Campagna mondiale che da due anni si batte perché l’acqua sia considerata diritto e bene comune, contro le logiche di mercificazione che si stanno facendo strada in tutto il mondo (vedi pure www.cipsi.it/contrattoacqua). E proprio in questi giorni il Comitato informa che il comune di Genova, dopo l’approvazione della delibera che nei fatti privatizzava le dighe genovesi, ha deciso un aumento del 10% sulle tariffe dell’acqua potabile per costruire opere fognarie. Tutto ciò ricadrà sulle tasche dei cittadini. A Lembo abbiamo rivolto alcune domande.
Siccità e crisi idrica. Solo ora ci si accorge dell’importanza dell’acqua?
"Una caratteristica della società civile, in particolare delle organizzazioni non governative, è quella di saper anticipare alcuni fatti. Già due anni fa avevamo detto che il problema dell’acqua non era solo del Sud del mondo, e che le guerre dell’acqua e la siccità non avrebbero toccato solo i continenti con processi di desertificazione in fase di avanzamento. Ora, a pochi mesi dal Forum alternativo sull’acqua che si è svolto a Firenze, alcuni nodi stanno venendo al pettine. In Italia manca una politica della gestione dell’acqua che sappia proteggere questa risorsa e accumularla quando piove, nei periodi in cui c’è n’è tanta, in modo da non trovarsi poi in situazione di crisi quando le vicende climatiche fanno sì che i bacini si svuotino. Queste denunce, lanciate al mondo politico italiano, sono state sempre trascurate. Una delle proposte lanciate a Firenze era proprio di costituire per tempo i bacini idrografici. Oggi non ci troveremmo così, con una politica differenziata in cui ogni governatore locale deve cercare di risolvere da solo i problemi".
Quindi in Italia l’acqua c’è ma viene utilizzata male.
"Sì. Quando organizzavano convegni in Lombardia o in Trentino, ci dicevano: ’Ma noi di acqua ne abbiamo anche troppa.’ Oggi queste stesse regioni si trovano in carenza idrica. Non ci siamo preoccupati di fare delle politiche dell’acqua capaci di preservarla nei bacini montani, di fare delle canalizzazioni, ossia delle opere che permettano oggi di poter avere - anziché delle autobotti - delle riserve, che raccolgano l’acqua e permettano di risolvere la crisi idrica".
Prima l’energia elettrica per il troppo uso dei condizionatori, ora l’acqua. Gli italiani sono un popolo di spreconi?
"Le cifre che vengono date sui consumi degli italiani indicano una media di 270-280 litri al giorno ogni abitante. Questo significa che non c’è ancora una capacità culturale di saper imporre la riduzione dei consumi individuali".
Però in questi giorni sui media si moltiplicano i decaloghi per evitare gli sprechi. Sono sufficienti?
"Questa può essere una delle tante proposte di carattere culturale, ma non basta. Sono certamente importanti i consumi individuali, che però complessivamente, a livello mondiale, incidono solo per l’8%-10%. I problemi maggiori derivano dall’agricoltura e dall’industria. In Italia c’è una guerra dell’acqua tra questi due settori e qualche ministro dice che bisogna privilegiare l’agricoltura rispetto all’industria, ma l’agricoltura consuma nel mondo l’80% dell’acqua (in Italia il 60%) e poi la restituisce inquinata. In più la maggior parte dei prodotti agricoli sono sussidiati dall’Unione europea, per cui in ogni caso il reddito è garantito. Non è vero che l’agricoltura deve avere la priorità nella gestione dell’acqua, bisogna invece fare una politica di tipo diverso. Non siamo in una situazione di crisi di prodotti alimentari, allora bisognerebbe calmierare i prezzi e fare in modo che tutto si produca in migliore quantità e qualità".
Il bombardamento di informazioni può essere utile per rivedere gli stili di vita?
"I cambiamenti culturali richiedono periodi medi e lunghi. Ci vuole un bombardamento permanente per rivedere i comportamenti individuali. Il cittadino medio - ossia ognuno di noi - non è abituato a percepire l’acqua come una risorsa preziosa e lascia spesso il rubinetto aperto. Non basta un telegiornale o una tabella proiettata per qualche minuto in televisione, ci vogliono grosse campagne di sensibilizzazione per far cambiare il nostro modo di consumare e di vivere. Noi stiamo portando avanti una grossa campagna nelle scuole. Il prossimo anno saremo impegnati con gli insegnanti, abbiamo anche un corso di formazione on line, sono già iscritti in 400. Poi costituiremo, nelle scuole, degli osservatori fatti dai ragazzi, per monitorare il territorio e verificare il consumo d’acqua e gli atteggiamenti rispetto a questa importante risorsa".
a cura di Patrizia Caiffa