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Caro compagno Pintor,
come mio padre avevi solo vent’anni nel 45,
quando la guerra di liberazione si è conclusa.
Molti giovani della tua età sono "andati in montagna"
inizialmente soprattutto per paura: paura di morire
soldati in una guerra senza senso, e ormai persa.
Poi in montagna sono cresciuti nella consapevolezza politica,
e da renitenti o disertori sono diventati resistenti.
Fosti tra i pochi, della tua età, a partire fin dall’inizio
con la piena consapevolezza della posta in gioco,
e dell’importanza del momento storico che stavate vivendo,
al di là del bisogno personale di salvare la pelle,
"GAP", clandestini nelle città, o "banditi" tra le montagne.
( - L’idea di andare a fare il partigiano in questa stagione
mi diverte pochissimo - scriveva tuo fratello Gaime
nella sua ultima lettera, prima di saltare su una mina,
nel venire da Napoli, già liberata, verso l’Italia del nord
ancora occupata occupata dai tedeschi -
– tuttavia è l’unica possibilità aperta, e l’accolgo - )
Questo grande patrimonio di consapevolezza
l’hai portato con te per tutta la vita,
e di questo desidero ringraziarti.
Sono stata una lettrice appassionata del tuo giornale,
fin dai primi numeri, che conservo ancora.
Anche se non sempre ero d’accordo con le tue posizioni,
la tua opinione ed il tuo pensiero
erano un punto di riferimento molto importante per me.
"Cosa dice Pintor?" - veniva spontaneo di chiedersi,
nei momenti politici più significativi.
Certo, l’Unità era un grande giornale, ed il PCI
è stato un partito insostituibile nella storia del nostro paese,
ma chi come me aveva cominciato a fare politica concretamente
nelle rivolte studentesche e nelle occupazioni delle scuole
tra il 68 ed il 69.....aveva bisogno di qualcosa di più,
aveva bisogno di leggere il Manifesto,
e qualche volta anche di votarlo......
Aveva bisogno del tuo senso critico, del tuo acume
e della tua chiarezza non conformista,
ma eretica e sovversiva.
Certo, qualche errore l’hai fatto anche tu,
E tanti deve averne fatti la tua generazione,
così eroica nei sui vent’anni, se poi noi,
i suoi figli, i cinquantenni di oggi,
siamo così pochi e così sgarrupati
nella sinistra italiana( o meglio in quello che resta
della grande tradizione della sinistra italiana! )
Abbiamo fatto, da giovani, il 68, ma molti di noi
si sono poi persi nel "riflusso" degli anni 70,
o si sono buttati in "scorciatoie" senza uscita,
oppure si sono semplicemente assuefatti alla realtà,
mimetizzati venduti consumatori svaniti nell’oblio,
o magari sono diventati Maurizio Ferrara...
Insomma siamo nella merda più totale, nonostante
l’eroismo ed il senso critico incrollabile dei padri
....e più di noi sono nella merda i nostri figli,
eredi di un grande passato, ma destinati a vivere
in un mondo che pare ormai senza futuro....
Dove avete sbagliato? Dove continuiamo a sbagliare noi?
Se è vero che è compito dei figli raccogliere
l’eredità dei padri, per portarla avanti arricchendola,
vorrei essere capace di raccogliere il significato
dei vostri errori, per cominciare a correggere i nostri,
quelli dell’unica generazione della storia europea
che ( grazie a voi e al vostro sacrificio )
per quasi sessant’anni non ha mai vissuto
una guerra sulla sua pelle,
ma che comincia a viverne un po’ troppe,
sulla pelle degli altri!
Della guerra infinita e "strutturale"
che da qualche anno è cominciata,
se sarà lunga come i suoi sostenitori
vorrebbero che fosse ( 30 anni !?! )
la mia generazione forse non vedrà la fine.
O la vedremo quando saremo ormai troppo vecchi per agire.
Forse sarà la generazione di chi nasce ora,
a vivere momenti simili a quelli
che voi da giovani avete scelto di vivere.
Qual è quindi il messaggio che a loro dobbiamo lasciare ?
O sarà completamente diversa dalla vostra, e dalla nostra,
la strada che dovranno intraprendere ?