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Cgil, la Lombardia con il Sì

Publie le lunedì 5 maggio 2003 par Open-Publishing

Cgil, la Lombardia con il Sì E Fassino attacca la Fiom
Milano, Epifani ammette: non si può stare «con chi dice no»
Roberto Farneti

La Cgil «non può stare con chi dice no» al referendum promosso da Rifondazione Comunista sull’estensione dell’articolo 18 a tutti i lavoratori. Quando Guglielmo Epifani pronuncia questa frase, i 1500 quadri e delegati della Lombardia riuniti al Teatro Carcano di Milano esplodono in un applauso dal chiaro sapore liberatorio. Dopo avere condotto per mesi una battaglia coerente in difesa di un diritto definito "universale", quale quello di un lavoratore a non essere licenziato senza giusta causa, il più grande sindacato italiano non poteva assumere una posizione incomprensibile agli occhi dei suoi stessi iscritti.
Certo, non è ancora un sì forte e deciso. «Le ragioni che stanno adducendo quelli favorevoli al no - ha tagliato corto Epifani - non sono le nostre ragioni, non c’è bisogno di aggiungere altro». Ma il segnale c’è stato ed il merito è anche di un ordine del giorno presentato dalla sinistra sindacale, a firma di Nicola Nicolosi, della segreteria lombarda, nel quale si chiedeva che la Cgil sostenesse il sì al referendum. Documento che è poi stato fatto proprio dall’assemblea e dalla presidenza. «E’ la prima volta che la Cgil ha detto chiaramente che non sta con il no - commenta soddisfatto Nicolosi -. Siamo perciò di fronte a un passo in avanti positivo, anche se la battaglia di coloro che in Cgil sostengono il referendum per arrivare al sì di tutta l’organizzazione non è ancora conclusa».
Non è un caso che Epifani abbia tenuto a sottolineare che «sarà il direttivo a decidere il comportamento da tenere», e lo abbia fatto dopo avere ribadito che, a suo avviso, «la via maestra» per raggiungere l’obiettivo dell’estensione delle tutele resta quella di «una proposta di riforma che parli a tutti». Tuttavia, appare evidente che, di fronte alla scelta tra un sì e un no, la Cgil non potrà non tenere conto di quello che pensano i suoi iscritti e di pronunciamenti significativi come quello dell’assemblea dei delegati lombardi. L’unità tra base e vertice del sindacato è, del resto, fondamentale in vista delle prossime battaglie. Oggi il Senato dovrebbe approvare la delega del governo sul mercato del lavoro, che fa della precarietà lo strumento principe delle politiche occupazionali. E la Cgil, per protesta, ha convocato un presidio sotto Palazzo Madama al quale prenderanno parte diverse centinaia di lavoratori. Fondamentale inoltre la riuscita dello sciopero generale dell’industria indetto per il 21 febbraio prossimo.
Chi non riesce proprio a entrare in sintonia con ciò che pensano i lavoratori circa il rispetto dei loro diritti sono i Ds, più che mai in ostaggio di logiche di schieramento e paralizzati dalla paura di vedersi scavalcare al centro dagli alleati della Margherita. Ieri il segretario della Quercia, Piero Fassino, introducendo i lavori della direzione, non solo ha sparato a zero contro il referendum («Entra come una lama nel corpo sociale della sinistra») ma ha sferrato un altro duro attacco alla Fiom Cgil, colpevole, a suo dire, di avere rotto l’unità sindacale nella vertenza per il contratto delle tute blu. Accusa che Fassino dovrebbe rivolgere anche a Fim e Uilm, dal momento che tutti e tre i sindacati dei metalmeccanici si sono presentati al tavolo con una loro piattaforma. Ma questo il segretario dei Ds non lo fa, così come a suo tempo criticò la Cgil per avere indetto da sola lo sciopero generale, evitando accuratamente di dire che Cisl e Uil avevano firmato il patto per l’Italia. Viene il sospetto, peraltro confermato da alcuni esponenti della sinistra Ds, che Fassino (e la maggioranza della Quercia) si nascondano dietro obiezioni "metodologiche" («l’unità è un valore in sé») per mascherare dissensi di merito.
Come dimostrano le ripetute interruzioni durante l’intervento di Cesare Salvi, soprattutto quando l’ex ministro del Lavoro ha difeso le scelte della Fiom e, a proposito del referendum, ha fatto notare che «i sondaggi dicono che il quorum verrà raggiunto e che i sì potranno prevalere sui no».