Home > Chi divide chi

Chi divide chi

Publie le lunedì 19 maggio 2003 par Open-Publishing


Chi divide chi

Devo dire che ho trovato la reazione di Daniele Bianucci
alla mia mail riguardante la posizione della Sg sul referendum assolutamente
spropositata.Non tanto per quel che ha scritto su questo Forum, quanto
per quello che ha detto al telefono. Anche
se in questa ultima risposta i toni sono leggermente cambiati, la sostanza
del ragionamento, gli argomenti usati, sono gli stessi.

Ma andiamo con ordine. Intanto l’origine della polemica. Che cosa ho scritto nella mia prima mail? Ho scritto, come in genere uso fare, e cioè provocatoriamente, che il segretario delal Sinistra Giovanile era "il pupazzo del ventriloquo (Fassino)". Era un modo colorito per dire , semplicemente, che trovavo sorprendente il totale appiattimento della Sinistra Giovanile (Fancelli usava gli stessi identici termini usati dal segretario dei Ds) sulle posizioni del loro partito.Intendiamoci, questo non è reato ma, come dicevo, da chi aveva partecipato al Social Forum Europeo del novembre scorso e aveva condiviso alcune battaglie del movimento mi sarei aspettato qualcosa di più, come minimo che si argomentasse il giudizio negativo sul referendum con parole proprie... Daniele Bianucci dice che questa non è la posizione ufficiale della Sinistra Giovanile e che dovranno decidere quale posizione assumere. Se è così, mi chiedo come mai Stefano Fancelli continui, nelle prese di posizione ufficiali che appaiono sui giornali, a parlare a nome della SG (non dice "io reputo inutile e dannoso questo referendum", dice, come potrete leggere nel pezzo che allego alla fine di questa mail, che "la Sinistra Giovanile....."). Il motivo è alquanto ovvio: anche se non vi è stato un voto (così come non vi è ancora stato nei DS), Fancelli sa di aver l’appoggio della maggioranza della sua organizzazione, ed è per questo che usa il plurale invece del singolare. Che poi all’interno delal SG ci siano voci di dissenso, persone orientate per il Si, questo è ovvio (ci sono anche nei DS). Bianucci dice che decideranno.Io dico che mancano 30 giorni al referendum e che mi pare evidente che i DS abbiano deciso (volenti o nolenti insieme alla SG) di far fallire questo referendum. Ora, ripeto, ognuno è liberissimo di pensarla come vuole sul referendum, ma quello che trovo inaccettabile è che si raccontino cose non vere alle persone. In queste settimane ,non solo le destre ma anche autorevoli esponenti dei DS e della Margherita, hanno iniziato a raccontare favole agli elettori. Una di queste favole, ripresa anche Daniele, è quella secondo cui la battaglia per difendere l’art. 18 dello statuto dei lavoratori sarebbe vinta: "il governo non toccherà l’ar. 18". Peccato che i fatti dimostrino il contrario: il famoso 848/bis sarà presto discusso dal Senato. Ciò significa che il rischio che l’art 18 sia modificato è tutt’altro che remoto. Altra favola: "era meglio approvare una legge". Si, era molto meglio. Peccato che alla Camera e al Senato la maggioranza sia di centrodestra (ma questo non si dice...). Il Senatore Angius, ha sostenuto a "porta a porta" che questo referendum è inutile anche perchè "non rigurda tutti i cittadini". Com’è noto, infatti, i referendum su aborto e divorzio riguardavano l’intera popolazione.. Un altro argomento abbastanza fastidioso che viene spesso usato è quello della "divisione". Il referendum, lo dice anche Daniele Bianucci, dividerebbe il fronte contro il governo. Intanto vorrei far notare che nel marzo scorso, quando tre milioni di persone erano aRoma alla manifestazione contro la modifica dell’art 18, Rutelli e quelli della Margherita ( come Cisl e la Uil )se ne stavano rintanati a casa propria e non mi pare che nessuno  dei DS o della SG li abbia accusati di spaccare o dividere quel movimento. Più di recente, dopo le grandiose manifestazioni contro la guerra, I Ds e la Margherita hanno votato (spaccando, in questo caso si, il fronte comune che aveva agito fino a quel momento contro la guerra e contro la posizione assunta dal governo) a favore dell’invio per dei carabinieri in Iraq. I Comunisti italiani e i Verdi (che fanno parte dell’Ulivo) hanno votato contro, insieme a Rifondazione. Quella era o no una posizione che divideva?  Altra favola: il referendum è stato promosso da Rifondazione (SOLO da Rifondazione) per spaccare l’Ulivo e dividere la sinistra, per guadagnare qualche voto. Questa è una delle falsità più gettonate e ripetute soprattutto dai DS. Berlusconi ha fatto scuola: ripetendo una cosa assolutamente falsa svariate volte le persone prima o poi ci credono. I Verdi (salvo ripensamenti dell’ultim’ora) fanno parte dell’Ulivo e sono tra i promotori del Referendum insieme alla Fiom, ai Cobas e a tanti altri. Socialismo 2000(Cesare Salvi), è una componente dei DS;ha raccolto le firme e ha fatto pubblicare, a pagamento, sull’Unità un messaggio a favore del Si al referendum dove si dice "più SI al referendum , più voti ai Ds" (ovvimente non condivido....). Concludo dicendo che mi ha sorpreso che Daniele Bianucci dicesse che il contenuto della mia mail era irrispettoso.. Poteva essere colorito, eccessivamente polemico, questo si. Rivendico il diritto di criticare, anche aspramente, una posizione(quella dei DS e della Sg) che giudico profondamente sbagliata. E’ ovvio che questo referendum non risolverà tutti i problemi del mondo del lavoro, non risolverà i problemi di tutti quei giovani che lavorano con i tremila contratti atipici o dei disoccupati. Ma la vittoria dei Si il 16 giugno farà ottenere dei risultati concreti: 1) A 3 milioni di lavoratori sarà estesa la tutela prevista dall’art. 18 dello Statuto dei lavoratori. 2) Il tentativo del governo di cancellare l’art. 18 sarà bloccato 3)Questa vittoria servirà da stimolo per portare avanti altre battaglie contro la precarizzazione,rappresenterà un’inversione di rotta Il Referendum impone a tutti di prendere posizione: o da una parte o dall’altra. Si o No. E’ singolare, questo si, che chi ci accusa di fare il gioco del Governo delle destre assuma, riguardo al quesito referendario, la stessa posizione del governo stesso e della confindustria. Ognuno è libero di pensarla come vuole, ma deve dire chiaramente come la pensa (subito, non fra un mese) ed assumersi le proprie responsabilità di fronte ai cittadini. 

Lettera
di Stefano Fancelli,
Presidente nazionale Sg,
sul Referendum

size=2>La Sinistra giovanile concorda con coloro che ritengono che questo
referendum sia rivolto contro il sindacato e la sinistra. L’uso
dei referendum per questioni concernenti i diritti dei lavoratori
e il mercato del lavoro è a nostro avviso dannoso perché svuota
il ruolo delle rappresentanze sociali, contribuisce alla demolizione
delle strutture intermedie di rappresentanza (perseguita dal Governo
con il ricorso alle deleghe e con l’accantonamento della concertazione)
e si sostituisce al dialogo tra le parti sociali e al loro autonomo
confronto col Parlamento. Oggetto del referendum è l’estensione
del reintegro obbligatorio alle piccole imprese: uno strumento
di tutela del diritto, garantito a tutti i lavoratori a tempo indeterminato,
a non essere licenziati senza giusta causa. L’ipotesi di uniformazione
della tutela in caso di licenziamento ingiustificato è stata scartata
storicamente dal movimento sindacale, proprio sulla base della
specificità delle piccole imprese: quella specificità resta e ad
essa si aggiungono per quelle imprese nuovi problemi come l’accesso
al credito, la formazione dei dipendenti, l’estensione degli ammortizzatori
sociali. Questo referendum non fa i conti con i mutamenti del mercato
del lavoro, con i 700.000 lavoratori interinali, con i 2.000.000
di CoCoCo: lavoratori lontani, purtroppo, dalle forme tradizionali
di rappresentanza politica e sociale e esclusi dall’attuale sistema
di tutele e dal welfare. Sono quei lavoratori che con il loro contratto
di collaborazione non sono in condizione di affittare da soli una
casa o comprare un motorino a rate, che hanno insufficienti tutele
anche in caso di maternità, paternità, infortunio o malattia; sono
quelli che avranno una pensione inferiore ai 100 euro mensili:
per loro il referendum è inutile, o peggio dannoso perché può aumentare
il ricorso ai lavori precari o al lavoro nero. La scelta tra SI’
o NO è una scorciatoia: questi lavoratori hanno bisogno di tutele
comuni a tutti ma "ritagliate" sulle loro condizioni specifiche,
definite per legge o con i contratti, hanno bisogno di un welfare
che li includa e non li lasci in balìa delle disuguaglianze familiari.
Il comitato degli esclusi dal referendum è uno strumento con il
quale dare loro voce. La Sinistra giovanile ha un obiettivo preciso,
coerente con la propria autonomia e identità e con il percorso
che ci ha visti in piazza e nel movimento in questi mesi: sfidare
la sinistra a uscire dalle sterili divisioni e lotte tra ceto politico
(di cui questo referendum è figlio) e rispondere alle domande della
nostra generazione. La nostra proposta vuole provocare questa discussione
non più rimandabile. E se le sollecitazioni che poniamo da anni,
incontrano una risposta nella "Carta dei diritti" proposta dai
Ds, noi la sottoscriviamo, perché non siamo un logo. Dietro il "Brand" Sinistra
giovanile, osservando senza pregiudizi o senza ansie di collocazione
nello sterile dibattito interno ai Ds, si possono trovare valori
e la loro traduzione in azione politica.

<TD class=testo>
Per ironia della sorte l’intervento del Presidente della Sinistra giovanile dal suggestivo titolo "Con gli esclusi senza sì e senza no" (il manifesto sabato 10 maggio) è finito nella rubrica "taglio basso".

Il presidente affronta i limiti del referendum del 15 giugno, lavorando
nei "vuoti" più che nei "pieni" di questa battaglia. Illustrandoci
(buon per lui) la straziante condizione di chi non ha certezze a tempo
indeterminato nella vita (cosa tra l’altro sbandierata da un altro Presidente)
ci avverte che a questo "mondo degli esclusi" (ma da chi? da un referendum?)
l’estensione dell’articolo 18 non risolve nulla.

Vogliamo rassicurare il presidente della Sinistra giovanile: questo
referendum non risolve neanche i problemi relativi al vaccino per la
Sars, come non risolve i problemi riguardo l’immondizia a Napoli. Non
risolve neppure l’alluce valgo e l’allergia primaverile. Del resto
ci sono sempre "esclusi" da qualcosa. Nel 1974 il referendum sul divorzio
non interessava certo celibi, nubili, vedovi/e, cornificati/e (simbolicamente
separati "al nero"). Come il referendum sull’aborto non interessava
certo la popolazione maschile.


E’ così? Eppure chiunque non abbia una visione dei diritti come "categoria
dello spirito" che prima o poi con un boato si imporrà per tutti (o
peggio come categoria politica su cui è possibile mediare), sa che
bisognerà fare lunghe e articolate battaglie sociali, culturali e politiche,
per affermarli. E’ incredibile non vedere l’interazione fra differenti
figure contrattuali in un posto di lavoro, in un dato momento, o la
possibile convergenza su problemi che, nell’ottica del Presidente,
non dovrebbero mai incontrarsi.

Certo queste cose potrebbero mettere in difficoltà i ceti politici-sindacali
perché un sistema complesso di relazioni tra lavoratori differenti
non è né governabile né rappresentabile da tavoli concertativi (a cui
Il Presidente tiene tanto).

Ci ricorda il Presidente che quando si istituì l’art. 18 il movimento
sindacale scartò l’ipotesi d’estenderlo alle piccole e medie imprese.
Ma nel 1970 queste imprese erano una percentuale minoritaria dell’industria,
oggi rappresentano il 95%, in cui i diretti interessati alla vittoria
di questo referendum sono circa tre milioni e mezzo di lavoratori (uguali
anche in vecchie lire).


A Roma si dice "m’hai detto ’no spicchio d’ajo". Invece crediamo che
un ragionamento più allarmante vada fatto. Nel mondo mitico del precariato
le differenze tra lavoratori sono tante. E’ quasi banale ricordarle
che essere co. co. co. è differente se si è pubblicitari, giornalisti,
friggitori di patatine, ricercatori universitari, informatici, tecnici
hardware in una "fabbrichetta", conciatori, cucitrice, pony express,
venditori d’aspirapolveri porta-a-porta. E allora non è legittimo pensare
che qualcuno, piuttosto che cercare l’enorme potenzialità di un’alleanza
tra differenti, cerchi di rappresentare i "soggetti pesanti" di questo
mondo (potremmo definirli i "grandi elettori") l’indotto di poteri
forti e dei punti più alti di dirigenza e innovazione della società?
Allora qualcuno i costi dei tavoli triangolari, dovrà pure pagarli.
Se fosse così si sta delineando un modello di sviluppo sociale e di
rappresentanza politica (ad esempio il bipolarismo) ben precisi, questi
sì escludenti e segreganti, che guarda caso sono obiettivi delle critiche
del movimento dei movimenti.

La Carta dei diritti è un’idea, ma se le parole ce le mettono alcuni
e la carta e l’inchiostro tutti gli altri...

Esecutivo Nazionale
Giovani comunisti/e

DA "LIBERAZIONE" 6 MAGGIO 2003 ART. 18, UNA SCELTA DECISIVA PIETRO INGRAO SI SCHIERA NETTAMENTE IN FAVORE DEL Sì AL REFERENDUM "Voglio lanciare un allarme: manca poco più di un mese e sento molte voci negative. Eppure si deve essere chiari: il 15 giugno rappresenta una scadenza decisiva per le sorti del movimento operaio italiano, quel giorno non solo non si deve andare al mare , ma bisogna andare tutti a votare si al referendum per l’estensione dell’art. 18". "Nessuno può fingere di non vedere quale sia davvero la posta in gioco. Ci piaccia o non ci piaccia, compagno Trentin, dall’esito di questo referendum uscirà anche un quadro di ciò che potrà essere lo scontro sociale nel futuro del nostro paese. Perciò questo appello all’astensione mi sembra grave e angosciante: una scelta sbagliata e pericolosa che mi addolora anche perchè arriva da persone come Trentin con cui ho condiviso per tanto tempo la mia storia politica." 
Ai giovani Ds: con gli esclusi senza se e senza ma