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DIECI ANNI FA A SARAJEVO GABRIELE MORENO LOCATELLI
Publie le venerdì 3 ottobre 2003 par Open-Publishing3 OTTOBRE 2003: DIECI ANNI FA A SARAJEVO GABRIELE MORENO LOCATELLI
VENIVA UCCISO DA UN CECCHINO NEL CORSO DI UN’AZIONE DI PACE
Domani la capitale bosniaca ricorda l’evento
con una delegazione del comune di Canzo e di Beati i costruttori di pace.
Padova, 2 ottobre 2003. Il 3 ottobre 1993 moriva a Sarajevo, ucciso da un
cecchino, Gabriele Moreno Locatelli, volontario di Beati i costruttori di
pace.
Morì colpito a morte da un cecchino nel corso di un’azione di pace,
compiuta con altri quattro volontari, tutti disarmati, mentre cercavano di
attraversare il ponte Vrbanja, dove si fronteggiavano le milizie serbe e
quelle bosniache, portando ai contendenti un messaggio politico, una
bandiera della pace e un pane simbolo di riconciliazione.
Aveva 34 anni ed era originario di Canzo, vicino a Como.
Una delegazione dei "Beati", partita da Padova stamane e della quale fa
parte anche don Albino Bizzotto, presidente dell’associazione, sta
raggiungendo in queste ore la capitale bosniaca per partecipare a una
celebrazione ufficiale voluta dalla Municipalità di Sarajevo e dal Comune
di Canzo. Sul ponte Vrbanja, nei pressi del quale già esiste una strada
intitolata a Locatelli, verrà domani scoperta una lapide e al Teatro dei
Giovani si svolgerà un incontro civile e interreligioso. "Gabriele Moreno è
uno di noi, è un sarajevese" hanno detto in più occasioni gli amici
bosniaci di Beati i Costruttori di Pace.
A dieci anni da quella morte, Beati i Costruttori di Pace ricorda Gabriele
Moreno e il suo sacrificio per la pace. "Quella morte non è stata vana -
commenta don Albino Bizzotto - perché in dieci anni l’impegno della società
civile all’interno dei conflitti ha fatto molta strada. Oggi non è più tabù
entrare nel merito delle guerre, siano esse in Bosnia, in Kosovo, in
Palestina, in Iraq o in Africa. E le azioni di interposizione nonviolenta e
di diplomazia popolare, come quella in cui è rimasto ucciso Gabriele
Moreno, sono diventate la sostanza del movimento per la pace. Crediamo però
necessario ristabilire la verità su quella morte, dopo tutta la sofferenza,
le calunnie e l’isolamento da parte delle altre associazioni pacifiste che
in questi anni come Beati abbiamo dovuto sopportare.
Oggi, a differenza di
quanto è accaduto dieci anni fa, nessuno si sognerebbe di dire che Rachel
Corrie, la pacifista ventitreenne americana schiacciata e uccisa da una
ruspa a Gaza mentre si opponeva all’abbattimento di una casa palestinese,
era una esaltata o aveva alle spalle qualcuno che la voleva mandare a
morire".