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Dai più alti gradi fino agli agenti, reazioni sdegnate...

Publie le domenica 14 settembre 2003 par Open-Publishing

Dai più alti gradi fino agli agenti, reazioni sdegnate dopo la chiusura
delle indagini sui fatti del 2001
Polizia, il giorno della rabbia

Anche De Gennaro furioso per i 73 "avvisi" del G8
Bolzaneto,
per l’accusa
violati
i diritti umani
Genova.

È la caserma del reparto mobile della
polizia, a Bolzaneto. Sterminata distesa di spiazzi
ed edifici tozzi, squadrati sulle rive del Polcevera.
Nei giorni del G8 fu trasformata, per decreto, in
un carcere provvisorio. Quarantatré sono gli avvisi
di conclusione delle indagini sulle violenze
che, secondo l’accusa, avvennero in quergli stanzoni.
I magistrati della procura hanno così ricostruito
l’organigramma delle responsabilità.
Ci sono tre ruoli cosiddetti "apicali", tra gli indagati:
coloro che per il loro ruolo e per la loro
carica avevano la responsabilità di quella struttura.
Sono Alessandro Perugini, all’epoca numero
due della digos genovese. Poi c’è Anna
Poggi, funzionario di polizia. Ancora, l’ispettore
della penitenziaria Antonio Biagio Gugliotta.
Immediatamente sotto di loro quattro ruoli cosiddetti
"preposti".

Due sono poliziotti, Daniela
Maida e Franco Valerio; altri due tenenti dei
carabinieri: Giammarco Braini e Piermatteo
Barucco.
L’elenco continua con una lunga sequenza di
agenti di polizia penitenziaria, di marescialli dell’Arma
e di agenti. Ci sono poi i cosiddetti "esecutori
materiali", dieci in tutto, tra cui spicca il
reato contestato all’assistente capo di polizia
Massimo Pigozzi. Nel documento dei magistrati,
si sostiene che Pigozzi avrebbe rotto una mano
a un arrestato, divaricandogli a forza le le dita.
Indagati anche tra i medici della polizia, come
Giacomo Toccafondi e Aldo Amenta.
Bolzaneto fu un lager, come sostengono i noglobal
che trascorsero lunghe ore in stato di detenzione?
O fu, semplicemente, un luogo dove
furono commessi alcuni soprusi, dettati più dalla
concitazione e dalla confusione di quei momenti,
più che da una vera volontà di colpire, ferire,
offendere? Gli avvisi inviati dalla procura di Genova
non riescono a risolvere l’interrogativo. E
la sensazione che si coglie, confermata anche da
un magistrato del pool che ha indagato sui fatti
di Bolzaneto, è che le violenze furono soprattutto
psicologiche, d’ambiente, piuttosto che fisiche.
Tra i dieci "esecutori materiali", infatti, solo
alcuni sono accusati di fatti di estrema gravità.

C’era, in quei giorni nella caserma del reparto
mobile, un clima di sopruso generalizzato, che
contrasta con la Costituzione e con «l’articolo 3
della convenzione per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, che stabilisce
come nessuno possa essere sottoposto a
torture o a trattamenti inumani e degradanti»;
così affermano i magistrati genovesi.
Canti di "manganello manganello". Domande
imbarazzanti, poste con derisione: «Hai la fidanzata?
E quante volte al mese la s...?». Umiliazioni,
alle quali fu sottoposta una ragazza, «facendola
girare più volte verso destra e verso sinistra con
evidente fine di scherno». Offese: «Dove vai conciato
così? Fai schifo».

M. Men.