Home > Dichiarazioni di Martin Shaw per la stampa
6 giugno 2003
Alle tre del mattino di domenica 1 giugno, un gruppo di affinità composto
da diciassette di noi è partito da Ginevra in direzione di un ponte
strategicamente importante sull’autostrada tra Losanna e Ginevra. Avevamo
preparato il blocco non violento del ponte da giorni, per disturbare il
meeting dei G8, che consideriamo illegittimo. Il nostro scopo era fermare i
delegati che dovevano raggiungere il centro conferenze ad Evian. Le
ricerche effettuate ci avevano confermato che avrebbero dovuto attraversare
questo ponte nel tragitto dai loro alberghi al centro conferenze.
Il piano prevedeva che io e Christina, entrambi scalatori molto esperti, ci
appendessimo ai due lati del ponte, a una singola (ma molto robusta) corda
da arrampicata. Per far questo, la corda a cui eravamo appesi doveva
passare attraverso la carreggiata del ponte, creando dunque un blocco
effettivo della strada. Se le auto fossero passate attraverso la corda,
l’avrebbero rotta, condannando automaticamente me e Christina a una caduta
di 20 metri e quindi ad una potenziale morte.
Dopo esserci mossi nel buio attraverso la valle sotto l’autostrada,
oltrepassando dei rovi e un ruscello, siamo arrivati sotto il ponte, dove
abbiamo concluso gli ultimi preparativi per l’azione e ci siamo nascosti
per completare l’opera il mattino dopo, in attesa di una chiamata di uno
dei nostri che ci dicesse che la carovana dei delagati era stata avvistata
ed era partita. Dopo ore spese a ripassare i piani nell’attesa, abbiamo
ricevuto la chiamata che aspettavamo. Siamo passati all’azione, ognuno con
un proprio ruolo preciso.
Io, insieme con il mio assistente alla corda, sono sceso a valle per
aspettare che mi fosse gettata l’estremità della fune dal ponte in modo da
poter salire fino all’altezza concordata. Nel frattempo gli altri sono
arrivati sul ponte: in dieci hanno bloccato il traffico, usando cartelli e
striscioni per spiegare agli automobilisti che se avessero continuato ad
accellerare avrebbero potuto uccidere due scalatori.
Mentre il traffico veniva bloccato, Christina e i suoi due assistenti hanno
messo a posto la corda. E’ stata presa ogni precauzione possibile per far
sì che l’azione fosse completamente sicura - tra gli altri accorgimenti
pianificati nei giorni di preparazione, sono state messe delle guaine per
evitare che la corda, assicurata alle barriere del ponte (cosa che ha
salvato Christina dalla caduta), si consumasse, e la corda stessa è stata
decorata con bandiere arancioni e argentate in modo da renderla totalmente
visibile agli autisti; inoltre gli striscioni di avviso erano scritti in
francese e dicevano chiaramente che se la corda fosse stata oltrepassata da
qualche mezzo due persone sarebbero morte. Nonappena il traffico è stato
bloccato del tutto, gli assistenti hanno dato a me e a Christina dall’altra
parte del ponte il segnale di iniziare. Io sono salito mentre Christina ha
iniziato a scendere: ci siamo mossi in modo da controbilanciarci l’uno con
l’altra.
Mentre la polizia iniziava a creare confusione in una situazione che fino
ad allora era stata sotto controllo e totalmente calma, Christina ed io
stavamo per raggiungere le nostre posizioni finali. Mi preparavo a rimanere
sospeso sotto il ponte fino a quando non mi avessero tirato giù a forza,
per il motivo che per me il G8 non ha nessun diritto di dettare politiche
economiche globali che mettono inesorabilmente il profitto davanti ai
bisogni della gente e dell’ambiente. Le prime cose che mi vengono in mente
sono la recente ed illegale guerra in Iraq e il problema della
cancellazione del debito per i paesi più poveri.
Tre poliziotti si sono presi la briga di scoprire cosa stesse succedendo
esattamente, e con i loro occhi hanno seguito la corda fino all’estremità a
cui ero appeso; li ho salutati e ho gridato "Bonjour!". L’ho fatto per
cercare di stabilire un rapporto amichevole, dal momento che mi aspettavo
che un gruppo di poliziotti scalatori sarebbero stati chiamati, avrebbero
analizzato la situazione prima di muoversi e ci avrebbero fatto scendere in
sicurezza. In tutti i miei molti anni di esperienza come scalatore, non mi
è mai capitato che a qualcuno sia venuto in mente di toccare le corde a cui
ero appeso. Ma in un momento ho sentito come se la corda fosse stata
tagliata. Nei 25 metri di caduta ho pensato "Oddio, hanno tagliato quella
cazzo di corda!"
Sono rimasto coscente durante tutto l’accaduto. Mi ricordo di aver toccato
terra; sono caduto in un torrente piccolo e roccioso al fondo della valle.
Sono caduto grossomodo sulla sinistra, prima coi piedi e poi con il resto
del corpo; la mia testa è finita nella pozza più profonda del torrente, per
il resto molto basso, e questo probabilmente mi ha salvato la vita. Sono
rimasto stordito dal dolore nell’acqua gelata, e cercavo con le mani di
portarmi con la testa e con il torace fuori dall’acqua; ero completamente
avvolto dalla corda che era caduta giù insieme a me. Capivo che Christina
era ancora appesa alla corda dall’altra parte, ma non avevo nessun indizio
che mi facesse capire che non era caduta solamente per lo sforzo dei nostri
amici sul ponte, che avevano afferrato la corda e la stavano tenendo per
salvarla. Ero stupefatto di non essere morto, non ho perso coscienza
nemmeno per un secondo. In ogni caso, ero distrutto dal dolore,
specialmente alle gambe, alla zona lombare e al bacino.
Sono rimasto nel torrente per un bel po’, diventando sempre più freddo. Ero
preoccupato della mia spina dorsale e non sapevo come comportarmi. Non
sapevo se dovevo muovermi o no, ma la corrente del torrente mi muoveva
comunque. A un certo punto ho deciso che era meglio cercare di uscire
dall’acqua, percui ho cercato di trascinarmi su una rocia, ma non ho potuto
fare molto. La prima persona a raggiungermi è stato il mio assistente alla
corda, che si era messo in attesa lì vicino sotto il ponte. Da sopra il
ponte, il medico del nostro gruppo si era precipitato a valle: lei e altri
due ragazzi del mio gruppo rimasti a valle sono venuti ad aiutarmi. C’erano
anche molti militari che, dopo una lunga discussione in francese, sono
venuti a dare una mano per tirarmi fuori dal torrente. Il dolore,
specialmente alla gamba sinistra, sui glutei e all’anca, ora era tremendo.
Mi hanno spostato in una zona erbosa sopra al torrente, e qui ho ricevuto
la prima assistenza medica dalla nostra dottoressa, e poi, dopo una lunga
attesa, dai medici del servizio di emergenza svizzero. Più tardi sono stato
portato via elicottero al CHUV (un ospedale di Losanna).
Sembra che le autorità stiano creando un sacco di difficoltà ai miei amici
che lavorano in Svizzera e cercano di aiutarmi ora che sono in
convalescenza. C’è una guardia fissa di piantone fuori dalla mia stanza,
che lascia passare solo pochissima gente, e controlla ogni foglio che entra
prima che io possa leggerlo, e c’è un divieto totale di ingresso per i
media. Parlando in termini strettamente medici, sto ricevendo un’ottima
assistenza dai dottori qui in Svizzera, e vorrei davvero che i milioni di
persone al mondo che non hanno un’adeguata assistenza medica, grazie alle
politiche imposte dal gruppo dei G8 attraverso le istituzioni finanziarie
internazionali, potessero avere accesso allo stesso trattamento che ho
ricevuto io qui.
Comunque non sono affatto contento che le autorità vogliano rimpatriarmi
così velocemente. Non mi sento pronto per partire, c’è bisogno di un’altra
operazione per stabilizzare le mie condizioni. Sarebbe molto conveniente
per lo Stato Svizzero che non rimanessi più nel loro paese, in modo da
poter annebbiare le controversie legali di colpevolezza se dovessero
sopraggiungere complicazioni mediche una volta che venissi curato in un
altro paese. Sembra che ci sia un desiderio da parte del Governo Svizzero
di far passare l’intero evento come un "incidente". Sono completamente
sicuro che la polizia sapeva che ero sospeso alla corda; secondo me questo
evento non può essere considerato come un incidente.
Non c’è stata alcuna offerta da parte della Polizia o del Governo Svizzero
di coprire parte delle spese mediche e legali che sto affrontando. Infatti
il mio gruppo di supporto sta fronteggiando molte difficoltà cercando fra i
precedenti nei patti internazionali fra Svizzera e Unione Europea,
ricevendo informazioni profondamente contrastanti da varie Agenzie
Svizzere.
Attualmente stiamo lavorando per montare un caso legale contro la Polizia e
lo Stato Svizzero, per recuperare i costi medici e per risarcimento, e per
rivendicare la crescente impunità dello stato e delle sue forze esecutive.
Il piano, nello spirito dell’azione diretta non violenta , era di creare un
blocco con la corda, ovviamente confidando nel fatto che la polizia e i
loro governi si preoccupassero più della vita umana che del traffico. Ma il
primo giugno non è stato il caso nostro, e il solo motivo per cui sto
ancora raccontando è un puro e semplice colpo di fortuna, unito alla
sorprendente e rapida reazione da parte dei miei amici sul ponte, e alla
bravura dei medici dell’emergenza che si sono presi cura di me fin
dall’incidente.
Martin Shaw CHUV Hospital Losanna Svizzera
"Sono davvero parecchio arrabbiato per le difficoltà che continuano ad
avere i miei amici che cercano di entrare nella stanza per salutarmi.
Capisco la delicatezza della situazione, con la necessità di rispettare i
bisogni degli altri pazienti, ma mi pare repressivo che solo tre persone
possano farmi visita, anche durante le ore di visita ufficiali. Piazzare
una guardia alla porta, che controlla e identifica chi mi viene a fare
visita è una pratica chiaramente repressiva e antidemocratica, e una
limitazione alle mie libertà civili." Martin Shaw sulle condizioni
ospedaliere
"E’ un fondamento di ogni stato democratico che ogni libero individuo abbia
libertà di parlare con la stampa. Ieri, nonostante le mie proteste, una
giornalista che mi stava intervistando è stata tirata via dalla mia stanza
a spinte, anche se mi era venuta a trovare durante le ore concordate per le
visite. Sembra una decisione politica piuttosto che medica, quella di
imporre il blocco ai media. Mi pare inaccettabile essere trattato in questo
modo...lo Stato Svizzero sta forse cercando di seppellire tutta questa
storia??" Martin Shaw e l’accesso ai media
"E’ parecchio frustrante sapere di dover passare i prossimi 6 mesi a letto,
e di dover affrontare dopo altri 3 mesi di cure mediche pesanti. Tutto
questo grazie alle azioni irresponsabili della polizia svizzera, e dei loro
inaccontentabili manovratori. Questa storia è solo una delle migliaia di
atti di repressione politica che capitano ogni giorno nel mondo. Se non
altro io sono stato abbastanza fortunato da aver avuto accesso a strutture
ospedaliere occidentali, diversamente dalla maggioranza delle persone nel
mondo, a cui le politiche neoliberiste dei G8 e dei loro partner
corporativi negano i più fondamentali diritti umani." Martin Shaw sulle sue
fortune occidentali
"Alimentano guerre illegali nel nome della libertà e della democrazia, e
allo stesso tempo reprimono violentemente tutti quelli che chiedono a gran
voce la verà libertà" Martin Shaw sulla repressione globale