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E Casarini attacca stampa e polizia

Publie le sabato 6 settembre 2003 par Open-Publishing

http://www.trentinocorrierealpi.quotidianiespresso.it:80/trentinocorrierealpi/arch_06/tn/trentino/piano/anq03.htm

E Casarini attacca stampa e polizia

«Criminalizzati dai giornali. E una compagna è stata colpita»

IL RETROSCENA Rissa alla Baltera con un ferito

di Concetto Vecchio

RIVA. Sul far della sera tutti intorno a Luca Casarini, l’eroe di giornata.
La missione è stata compiuta, «la piazza riconquistata alla democrazia»,
«dispiace solo per Giovanna, finita in ospedale per un colpo di
manganello». «Giovanna come?» chiedono i giornalisti. «Giovanna
Disobbediente, va bene?» dice Casarini, piccato. Tutti ridono, Casarini no.
E’ stufo. I giornalisti che lo seguono da anni dicono che ieri, a Riva,
hanno rivisto il condottiero dei tempi d’oro, «vigoroso, duro, capace però
di guidare il suo esercito alla vittoria senza spargimento di sangue». «E’
bravo, Luca».

Il comandante è uno straccio. Costa una fatica, e tante sigarette, sgolarsi
per ore sotto un sole implacabile, guidando la rivolta. Alla Baltera si
celebra l’ultima conferenza stampa e Casarini e Agnoletto sono seduti sullo
stesso tavolo. Casarini dice: «Noi, che siamo stati descritti per giorni
come i violenti, abbiamo la Giovanna in ospedale. Tre nostri compagni sono
stati denunciati per arma impropria poiché avevano con sé tre caschi. Tre
caschi! E quelli che hanno picchiato Giovanna cosa rischiano? Noi siamo una
parte del movimento, abbiamo deciso di fare la nostra azione, ma siamo
dentro il tutto, non siamo soli, siamo a pieno diritto dentro il movimento.

E soprattutto non vogliamo decidere da soli». «Sì, però oggi hai deciso da
solo» gli dice un signore nascosto tra il pubblico, un new global moderato.
Canarini non può sentirlo. E’ una conferenza stampa antagonista, i relatori
parlano al megafono, non si capisce un’acca, ma c’è una moltitudine di
persone notevole. Nessuno attira le masse come questo rivoluzionario di
Porto Marghera, venerato dai suoi come un Che Guevara. Centinaia di persone
per ascoltarlo, molti seduti per terra. Tra il pubblico ci sono anche tanti
lillipuziani trentini.

C’è il segretario Cgil Dorigatti. E c’è il papà di
Carlo Giuliani. E ci sono gli assessori veneti come Beppe Caccia e
Gianfranco Bettin, prosindaco di Venezia. Quest’ultimo, scrittore civile,
(suo un reportage su Pietro Maso) è intimo di Casarini. «I suoi ragazzi
fanno opere sociali di grande pregio» dice, «come quelle di spendersi per i
barboni. E molti occupano le case non solo per bisogno, ma per credo
politico».

Casarini spiega la sua strategia, che è poi quella di conquistare nuovi
spazi alla democrazia. «Non facciamo esercizi di stile, se pratichiamo la
disobbedienza è perché riteniamo necessario allargare lo spazio esistente
in democrazia. Perché noi, che avanziamo a mani nude, dobbiamo trovarci
davanti la polizia armata di tutto punto, con i manganelli e le pistole?
Contro questo dobbiamo combattere ancora. Ci accusano di avere i caschi.
Giovanna non ce l’aveva il casco. E infatti è finita in ospedale».

In serata lieve rissa alla Baltera tra opposte fazioni di disobbedienti,
una lite frutto della stanchezza: un ferito.