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ELEZIONI EUROPEE: MANIFESTO ANTICAPITALISTA PER UN’ALTRA EUROPA

Publie le martedì 18 maggio 2004 par Open-Publishing

ELEZIONI EUROPEE: MANIFESTO ANTICAPITALISTA PER UN’ALTRA EUROPA:
SOCIALE, DEMOCRATICA, ECOLOGISTA, FEMMINISTA
PACIFICA E SOLIDALE

Proposto da

Blocco di Sinistra (BE — Portogallo); Alleanza Rosso/Verde (RGA — Danimarca); Partito Socialista Scozzese (SSP — Scozia); RESPECT-Unity List (Inghilterra, Galles); Socialist Workers Party (SWP, Gran Bretagna); Ligue Communiste Révolutionnaire (LCR — Francia); La Gauche (DL/LG, Lussemburgo); EUiA (Catalogna); Espacio Alternativo (Spagna); Coalizione Sinistra Radicale (Grecia)

Il 15 febbraio 2003 ha segnato una data storica: a decine di milioni, sull’intero pianeta, i popoli si sono levati ad impedire la guerra. Quella manifestazione senza precedenti esprimeva tra l’altro un’intensa volontà politica: imporre alle classi dominanti la pace universale, una giustizia equa, la solidarietà internazionale, l’uguaglianza sociale.

Quel giorno segna anche la nascita di un’altra Europa. Questa nuova Europa dal basso si contrappone ormai all’Unione Europea, strumento statuale dell’oligarchia finanziaria e industriale.

Il mondo del lavoro ha ripreso a mobilitarsi. Pressoché in ogni paese, le classi lavoratrici si sono impegnate in manifestazioni e scioperi settoriali, intercategoriali e generali. Dopo l’Italia, la Spagna, la Grecia, la Francia…paesi che hanno svolto un ruolo di punta, anche paesi come la Germania e l’Austria hanno dimostrato una combattività esemplare e hanno scosso le più forti e monolitiche organizzazioni sindacali. L’Agenda 2001 si scontra con un’ostinata resistenza, e Schröder, screditato, è stato costretto a lasciare la presidenza del Partito socialdemocratico (SPD), per salvarlo nelle prossime elezioni.

L’onda d’urto del movimento contro la guerra non è prossima ad esaurirsi. Le manifestazioni, a un anno di distanza da quando Bush ha scatenato la guerra, sono state ancora una volta numerosissime, specie in Spagna, in Italia e in Gran Bretagna. Esse continuano a incidere sulla “politica ufficiale”. Contro ogni aspettativa, Aznar, l’amico di Bush, è stato rovesciato alle elezioni per il rinnovo del parlamento da uno spettacolare intervento di un popolo che si prendeva la rivincita sulla flagrante violazione della massiccia opposizione anti-guerra e la spregevole menzogna di Stato.

La conclusione è chiara: la politica della “guerra permanente” e quella antiliberista sono impopolari e vengono respinte. A governi di destra schiacciati per via popolare succedono governi di centro-sinistra, ma che non rompono con la politica neoliberista e imperialista. La forza sociale dei movimenti contro la guerra e del Forum Sociale Europeo dovrebbe proiettarsi suli terreno politico, nelle elezioni e attraverso la formazione di un movimento politico anticapitalista, ampio e pluralista.

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1. Una vita decente per tutti e tutte, in Europa e nel mondo

Il problema sociale condiziona l’esistenza di milioni di persone; è la loro priorità. Ogni uomo, ogni donna, ha diritto: a un posto di lavoro vero e stabile, a un salario decente, a un reddito sostitutivo che consenta di vivere (in caso di disoccupazione, di malattia o invalidità, come pensionati/e), a un alloggio, all’istruzione e alla formazione professionale, a cure mediche di qualità.

Padroni e governi, alla ricerca del massimo profitto, hanno la pretesa che tutto questo sia “impagabile” e “impraticabile”. Ma dal 1970, la ricchezza prodotta nell’UE (prima dell’ampliamento) è raddoppiata, con una popolazione demograficamente stazionaria. L’enorme salto in avanti della produttività del lavoro (progresso tecnologico, intensificazione del lavoro, organizzazione del processo produttivo) ha recato profitto alla classe dei proprietari. Occorre affrontare l’enorme disuguaglianza sociale attraverso la radicale redistribuzione della ricchezza in favore del mondo del lavoro e del rilancio del settore pubblico. Occorre bloccare la privatizzazione rampante della biosfera, che subordina le nostre vite al profitto capitalistico.

Nella situazione attuale, è possibile dire: s“, la nostra società è in condizioni di creare benessere per tutti, in Europa e nel mondo.

2. Rompere con la politica neoliberista: le nostre vite valgono più dei loro profitti!

L’UE, tramite il Trattato di Maastricht, ha messo in piedi un sistema istituzionale che impone un ferreo condizionamento di bilancio. La Banca Centrale Europea si è eretta a guardiano dell’ortodossia monetarista-neoliberista. Ciò consente di ridurre radicalmente gli stanziamenti per le spese sociali e impedisce una politica economica alternativa. Depauperando la massa della popolazione e il settore sociale e pubblico dello Stato, la privatizzazione diventa inevitabile. Il Capitale trova in questo un ampio campo di lucro. Il suo obiettivo non è il rilancio dell’economia, ma quello di ristabilire il saggio di profitto dei capitali.

Questa politica economica e il suo supporto istituzionale vanno smantellati. Vanno soppressi i criteri di Maastricht e il Patto di Stabilità. Noi, come il movimento sociale internazionale, ci battiamo per una Tobin Tax che rimetta in discussione il capitalismo neoliberista e le sue istituzioni internazionali (FMI, BM…) nonché la speculazione finanziaria, e sostenga un’altra politica sociale.

Ci batteremo, nei nostri paesi e al livello europeo, per l’uguaglianza sociale, la piena occupazione, lo sviluppo dei pubblici servizi, gli investimenti sociali, il salario minimo garantito.

3. Un’Europa pacifica contro la Potenza-Europa

Il Vertice di Lisbona (marzo 2000) ha stabilito come obiettivo dell’UE: diventare l’economia più prestante del mondo! Questo non può basarsi se non sulla forza — economica, monetaria, tecnologica, politica, culturale, mediatica e militare — rispetto alle altre due grandi potenze, gli Stati Uniti e il Giappone, rispetto ai paesi della periferia, rispetto allo stesso mondo del lavoro in seno all’UE. L’UE si è presentata come un imperialismo pacifico, civile, rispettoso della legalità, umanitario, multilateralista, fautore dell’ONU. E, per la prima volta, le classi dominanti che più si identificano con la costruzione dell’Europa si sono conquistate, agli occhi delle popolazioni europee, una certa legittimità, in contrapposizione alla classe dominante americana, e “con l’aiuto” dalla politica di Bush del “né fede né legge”.

Noi non ci facciamo alcuna illusione sul progetto che sta preparando l’Europa. Noi diciamo:

– No alla guerra! L’UE deve respingere la guerra come strumento di soluzione dei conflitti internazionali.

– Rottura con gli USA e con la loro politica di guerra permanente e preventiva “contro il terrorismo”; fuori dalla NATO!

– No all’euromilitarismo in via di costituzione! Ritiro di tutte le truppe euroimperialiste (dell’UE e dei paesi membri)! Niente interventi “militari rapidi” con pretesti umanitari! Sciogliere i corpi europei e le brigate speciali!

– Liquidare tutte le armi di distruzione di massa (nucleari, chimiche)!

– No all’industria europea degli armamenti, no all’esportazione di armi; chiusura delle fabbriche esistenti e loro riconversione nella produzione civile.

4. Sostenere le nostre libertà democratiche

La strategia della “guerra infinita” ha rappresentato una potente leva per aggredire le libertà democratiche e ridurre lo spazio di agibilità delle masse popolari. Creando un’atmosfera permanente di insicurezza e di paura, le classi dominanti vogliono imporci questa scelta: “per garantire la vostra sicurezza occorre restringere le vostre libertà”. é in nome della lotta al terrorismo che Bush ha legalizzato il terrorismo di Stato. E Sharon segue a ruota.

Dal settembre 2001, l’UE aveva sfruttato la “lotta la terrorismo” non per attaccare i gruppi terroristici, che all’epoca non esistevano in Europa, ma per mettere fuori legge, al momento buono, i movimenti sindacali, sociali, femministi, ecologisti, antirazzisti, politici… e le loro iniziative democratiche e alla luce del sole, che si potrebbero considerare “”. Da allora, l’UE rafforza, sul piano europeo, l’armamentario repressivo: il mandato d’arresto europeo, Europol, scambi più celeri e più completi di informazioni, interventi repressivi coordinati, riavvicinamento alla CIA, repressione degli immigrati, creazione di spazi in cui non vige il diritto, ecc., anche se le rivalità tra gli apparati di Stato dei paesi membri frenano questo tipo di operazione.

Il capitalismo è in difficoltà. Dal basso, è screditato e, ancora una volta, apertamente e massicciamente contestato. Allora, si restringono i margini o si reprimono i movimenti e le mobilitazioni. Difendere ed estendere le libertà democratiche minacciate ridiventa una necessità rilevante.

5. Difendere gli/le immigrati/e e il diritto d’asilo! Contro l’Europa-Fortezza, contro l’estrema destra!

Milioni di lavoratori e di lavoratrici nel mondo sono vittime della globalizzazione capitalista o della repressione degli Stati. Essi/e sopravvivono in condizioni di continuo degrado. Alcuni/e tentano disperatamente di entrare clandestinamente nelle cittadelle imperialiste. L’UE, con il Trattato di Schengen, aveva eretto una fortezza vera e propria. In seguito, i padroni dell’UE hanno chiesto e ottenuto un’immigrazione legale selezionata in base al bisogno di una manodopera malleabile. Si tratta di un disconoscimento scandaloso della cittadinanza. é un meccanismo di esclusione dall’all’accesso ai diritti e ai servizi.

Il risultato è una situazione umanamente intollerabile per i lavoratori e le lavoratrici immigrati/e. Al tempo stesso, si sviluppa un’aspra concorrenza tra i lavoratori nativi più poveri e gli immigrati senza diritti né difesa. é questo conflitto latente che sfrutta l’estrema destra (e all’occorrenza anche i partiti tradizionali di destra e di sinistra) per seminare xenofobia, razzismo, odio.

– Noi siamo per la libera circolazione delle persone e per l’annullamento del Trattato di Schengen, per concedere pari diritti (sindacali, elettorali, di cittadinanza…) agli immigrati, rilanciando un’infrastruttura sociale e servizi sociali di qualità.

– Noi ci opponiamo a qualsiasi forma di xenofobia e di razzismo, di origine statale o popolare che siano. Occorre battersi perché gli/le immigrati/e — uomini e donne — non subiscano discriminazione a livello salariale, delle condizioni di vita e di lavoro. Si tratta di una priorità sociale e politica, nonché morale, per il movimento sociale e sindacale…

– Noi siamo solidali con chi richiede asilo, con tutti coloro che vengono repressi e devono scappare perché si battono per la libertà, per i loro diritti, le loro convinzioni ideologiche e religiose, le loro condizioni di vita, la democrazia, le loro aspirazioni sociali e rivoluzionarie.

6. No alla Costituzione antidemocratica del Capitale multinazionale

La battaglia per la Costituzione dell’UE punta a porre fine alle incoerenze dell’apparato statale dell’UE. Si tratta della volontà dell’oligarchia finanziaria-industriale e di alcuni grandi Stati imperialisti.

In primo luogo, infatti, questi hanno bisogno di una sistema di governo forte al servizio della Potenza-Europa. L’apparato statale è fortemente intinto di una democrazia semiautoritaria, il potere esecutivo europeo non eletto (Consiglio dei ministri, Commissione, BCE) domina completamente il parlamento eletto a suffragio universale, ma posto sotto tutela. Esso mina ogni norma e istituzione democratica.

In secondo luogo, la Costituzione stabilisce, per molti anni, i principi del capitalismo di oggi: primato assoluto del mercato, della salvaguardia della proprietà privata dei mezzi di produzione e di scambio, nonché della politica monetarista-neoliberista. In compenso, c’è la soppressione al livello europeo del diritto del lavoro, delle normative sociali condizionanti e dei contratti collettivi intercategoriali. Le politiche finanziarie, monetarie ed economiche saranno fortemente accentrate e agganciate, in alto, al progetto europeo. Ne risulta l’incessante concorrenza tra le classi lavoratrici dei paesi membri, che spinge “spontaneamente” al deterioramento delle condizioni di vita e di lavoro.

In terzo luogo, la Costituzione avvia ed organizza l’euromilitarismo, indispensabile risvolto dell’imperialismo europeo: sistematico incremento delle spese militari, industria europea degli armamenti, conservazione del legame con la NATO, ma con l’avvio di un’autonomia militare europea; inserimento nella lotta ininterrotta al “terrorismo”.

In quarto luogo, il rafforzamento dell’ esecutivo europeo (la Commissione europea, il Consiglio europeo, la Conferenza intergovernativa, la BCE) accresce il deficit di democrazia e la gerarchia istituzionale. L’esecutivo europeo controllerà con maggior forza gli apparati esecutivi nazionali, i principali Stati membri imporranno le loro scelte agli altri Stati membri piccoli e medi, e ogni singolo Stato nazionale avrà sempre mano libera per trattare ciascuno i singoli “piccoli” popoli.

La Costituzione, antidemocratica, corrisponde perfettamente al metodo di lavoro prescelto per elaborarla: a porte chiuse, con un personale affidabile e accuratamente selezionato, diretto da alcune “Eminenze di Stato”. Quel che è certo è che la Costituzione non emana assolutamente dal volere dei popoli!

Per tutte queste ragioni, noi siamo contrari a questa Costituzione dell’UE. Non è legittima, non è democratica, è profondamente antisociale! Non si può riformare; va respinta!

A questo scopo, noi sosteniamo l’organizzazione di referendum popolari.

Noi lavoriamo per un’altra società e un’altra Europa: sociale e democratica, ecologista e femminista, pacifica e solidale. Sta ai popoli e alle nazioni d’Europa decidere in che modo e secondo quali principi e istituzioni vogliono vivere insieme. Per noi, tutti i poteri emanano dal popolo sovrano.

Noi riconosciamo il diritto democratico delle “nazioni senza Stato” di decidere il loro avvenire e siamo solidali con le forze di sinistra che lottano in questa direzione, a prescindere dal giudizio politico.

Dal momento che la campagna elettorale coinciderà con la preparazione a porte chiuse della Conferenza intergovernativa “costituente”, avremo l’occasione di denunciare questa pseudocostituzione e di presentare le nostre alternative.

7. Rompere con il social-liberismo! Un’altra Europa è possibile!

Certo, ma questo richiederà una straordinaria mobilitazione di tutte le forze progressiste. Se, infatti, i governi sono indeboliti, l’UE è diventata, nonostante le sue molteplici crisi, una forza imperialista temibile sulla scena mondiale e in grado di demolire le conquiste sociali e democratiche frutto di un secolo e mezzo di lotte delle classi lavoratrici. Questa UE è innanzitutto il progetto della borghesia e dei suoi partiti. Questo però non avrebbe mai potuto vincere senza la collaborazione attiva di Blair, Schröder, Jospin, Gonzales…, vale a dire della socialdemocrazia europea. Questi personaggi sono stati al potere per molti anni. Hanno dominato insieme e per parecchi anni i governi nazionali e le istanze dell’UE (la Commissione, il Consiglio e la stessa BCE). Tuttavia, anziché rompere con il neoliberismo, sono diventati loro stessi social-liberisti! E non vi è nulla che stia ad indicare che cambieranno campo.

Non si uscirà gradualmente dal sistema neoliberista e imperialista. Saranno necessari una rottura politica radicale, una strategia e un programma alternativi, anticapitalisti.

La nascita del Forum sociale europeo (FSE) fornisce un quadro europeo, democratico e unitario, per un nuovo movimento di emancipazione su scala europea. Esso rappresenta ormai una forza sociale, che dovrà imporsi sul terreno politico. Sotto la sua pressione, i sindacati tradizionali (soprattutto la CES), che per un ventennio si sono allineati all’UE e alla politica neoliberista, ritrovano la strada dell’azione, senza tuttavia sviluppare una strategia coerente e convincente per invertire la marcia e fornire una reale alternativa.

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Bruxelles, 29 aprile 2004


Sottoscrittori

Blocco di Sinistra (BE — Portogallo); Alleanza Rosso/Verde (RGA — Danimarca); Partito Socialista Scozzese (SSP — Scozia); RESPECT-Unity List (Inghilterra, Galles); Socialist Workers Party (SWP, Gran Bretagna); Ligue Communiste Révolutionnaire (LCR — Francia); La Gauche (DL/LG, Lussemburgo); EUiA (Catalogna); Espacio Alternativo (Spagna); Coalizione Sinistra Radicale (Grecia)