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Etnie e nazioni diverse che ha conquistato gli abitanti Arrivederci, indimenticabile Bombay

Publie le giovedì 22 gennaio 2004 par Open-Publishing

Bombaynostra inviataIl Forum scende in città e anche nel suo ultimo atto
sorprende e lascia il segno. Dopo cinque giorni di dibattiti, che si sono
svolti al "Nesco ground" a nord di Bombay, la manifestazione di chiusura
sceglie di marciare nel centro della enorme metropoli indiana, nelle vie
strette e trafficate di quella che è la parte più vecchia della città.
L’appuntamento di partenza è a August Kranti uno dei luoghi con maggiore
significato storico per il movimento indiano: da qui, nell’agosto del 1942,
partì la rivolta contro gli inglesi e la lotta per l’indipendenza. Un luogo
migliore e più simbolico non poteva essere scelto.

Un corteo diverso, quello che ha sfilato per le strade caotiche, tra
negozietti di tutti i generi, (la diversificazione di mercato è un concetto
molto applicato qui in India: chi vende caffè contemporaneamente ospita fax
e fotocopiatrici) in mezzo ad un traffico pazzo e alle mucche che pascolano
lungo i marciapiedi, i dimostranti sono sfilati tra la curiosità degli
abitanti. Una marcia colorata che ha ricalcato l’immagine dell’edizione
indiana del Forum: un insieme di rivendicazioni, di etnie e di paesi
differenti che si sono ritrovati uniti con gli slogan per la pace e la fine
dell’occupazione dell’Iraq.

Nutritissimi, organizzatissimi e molto allegri i gruppi di sud coreani che,
in un centinaio, hanno movimentato il tragitto con corse e cori. Alla fine
la loro spontaneità ha conquistato anche gruppi di indiani che si sono
uniti a loro. L’insieme è stato sorprendente: indiani che gridavano slogan
contro la guerra di Bush in coreano e viceversa. Più ordinati, ma più
numerosi, i tibetani, molti dei quali hanno trovato rifugio proprio qui in
India formando la più grossa comunità del mondo. Anche loro hanno sfilato
per chiedere la fine delle guerre e un Tibet libero.

Il corteo, all’inizio sfilacciato, è andato via via ingrossandosi con
l’arrivo dei delegati e degli occidentali che hanno impiegato un po’ di
tempo per raggiungere il luogo dell’appuntamento a causa delle enormi
distanze che caratterizzano questa città.

A far da cornice alla manifestazione questa metropoli con tutte le sue
contraddizioni: case che all’apparenza non dovrebbero stare più in piedi e
che invece ospitano decine di persone. Molti indiani hanno osservato il
passaggio degli "alteromondialisti" prima con po’ di scetticismo, poi con
un po’ di curiosità e, alla fine, facendosi risucchiare nel fiume che si
andava formando. Quando il corteo si è presentato all’entrata del viale che
porta alla storica Victoria Station, la stazione ferroviaria che sembra una
copia di quella di Londra, la folla era ormai grande.

Lentamente, ma con ordine, le decine di migliaia di partecipanti si sono
accomodati nella Piazza della Libertà, un grande campo allestito dagli
organizzatori per la cerimonia e il concerto di chiusura. Moltissimi gli
italiani presenti, forse i più numerosi tra quelli provenienti dall’altra
parte del mondo. Tantissime le bandiere della pace, e possiamo dire di aver
visto anche bandiere di Rifondazione comunista.

Tra i partecipanti uno stanco ma soddisfatto Vittorio Agnoletto, che si è
unito al corteo dopo aver partecipato ad un sit-in davanti al palazzo del
governatore organizzato dal movimento contro le dighe nel Narmada.
Agnoletto ha così potuto incontrare una delle protagoniste di questo Forum,
Medha Patkar, che gli ha raccontato dell’ultima battaglia intrapresa dal
suo movimento per fermare l’ennesima diga nello stato di Bombay, che il
governo vuole ampliare deportando in massa migliaia di contadini. Spiega
Agnoletto: «Il movimento del Narmada chiede una cosa precisa al movimento,
che denunci questa nuova azione del governo indiano e si unisca alla lotta
dei contadini. Sottoporrò la proposta al Consiglio internazionale proprio
oggi nel nostro incontro di chiusura». Se sarà accolto sarà il primo
tangibile segnale degli effetti che questo Forum potrebbe produrre.

Dal lontano Sud Africa, con un messaggio via tv, l’anziano ma sempre vitale
Nelson Mandela è stato il primo a parlare al popolo alteromondialista.
Dobbiamo consacrare il nostro tempo e le nostre energie all’avvio di una
strategia per combattere la discriminazione che si fonda sulle caste, la
razza, la religione e l’etnia» ha detto il grande leader sudafricano.

L’attivista pakistana Asmaa Jehangir ha arringato la platea con un
intervento applauditissimo: «Vogliamo una globalizzazione democratica - ha
detto -. I militari americani devono tornare a casa. Salutiamo i popoli di
Usa e Gran Bretagna che sono scesi in piazza per dire no alla guerra, ma
abbiamo paura che l’amministrazione americana sia un gigante grasso e
ingordo. La loro politica è la paura, tengono nell’ignoranza la loro gente
con lo spettro del terrorismo».

E’ stata poi la volta dell’anziano presidente indiano Narayanan, primo
"intoccabile" a poter accedere alla carica più alta dello Stato. «Il potere
del popolo è il potere supremo», ha detto, «noi vogliamo la
mondializzazione, ma una mondializzazione che porti una vita migliore per
tutti».

Grande chiusura infine con l’intervento del ministro della Cultura
brasiliano Gilberto Gil. Mentre cala il sipario sul quarto Social forum
mondiale a Davos in Svizzera si apre quello dei banchieri. Due eventi che
poco tempo fa sarebbe stato impossibile mettere a confronto, oggi
rappresentano invece due concezioni alternative del fare politica. E quanto
è accaduto a Bombay lo dimostrerà ben presto.

da liberazione