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Fsm 2004 - Democrazia e informazione non sono un lusso
Publie le giovedì 22 gennaio 2004 par Open-PublishingIl Movimento Operaio nei primi momenti di vita, fra la fine del secolo XIX e l’inizio del secolo XX, si è organizzato in tre livelli: il Sindacato, il Partito (Socialista e Comunista) e le Cooperative. Queste tre istituzioni puntavano alla costruzione di un nuovo sistema di relazioni sociali in alternativa alla società borghese e capitalistica.
I Sindacati hanno impostato un sistema per bilanciare la prepotenza e l’ambizione dei padroni tramite l’unità dei lavoratori. Le conquiste rispetto alla realtà del lavoro alla fine del secolo XIX sono state notevoli, anche se oggi, spesso, vediamo i sindacati deviare dal loro scopo originale e paradossalmente allearsi al capitale.
Il Partito ha sostenuto storicamente le lotte dei Sindacati ed ha potuto controbattere le mosse politiche dello Stato borghese con il sostegno del voto operaio. Il Partito coordinava gli sforzi dei lavoratori nella realizzazione di un’utopia socialista sotto la bandiera internazionalista. Se oggi sospettiamo della burocrazia partitica nella cosiddetta "sinistra", che ha infiltrato l’utopia e reso il sogno un cumulo di macerie, dobbiamo anche riconoscere la grandezza di molti volti della politica operaia, uomini degni di sognare quell’utopia perché lottavano per concretizzarla.
La Cooperative si sono orientate verso la cultura del lavoro senza sfruttatori e sfruttati. Dovevano educare il lavoratore ad una nuova visione dei rapporti di lavoro nella quale il padrone veniva sostituito dall’Assemblea ed il profitto veniva rimpiazzato dalla solidarietà. Le Cooperative hanno dato a migliaia di lavoratori di quel periodo la speranza di un posto di lavoro fuori delle imprese, che lavoravano in regime schiavista, e l’opportunità di decidere liberamente del loro futuro.
Per renderci conto dell’importanza delle Cooperative nella Rivoluzione del 1917 è sufficiente considerare le parole di Lenin sulla Pravda del giorno 6 Gennaio 1923: "Adesso abbiamo il diritto di dire che il semplice sviluppo della Cooperazione, secondo noi, si identifica con lo sviluppo del socialismo". Poi aggiungeva: "Se possiamo organizzare tutta la popolazione nelle cooperative saremo con i piedi solidamente piantati sul socialismo". Per Lenin il Cooperativismo era la piattaforma per arrivare al socialismo.
La storia del Cooperativismo è stata da sempre associata alle lotte dei lavoratori per trasformare la società. Per esempio, le cooperative di Reggio Emilia, conosciute per la loro capacità di produzione e per la solidità invidiata anche dalle multinazionali, hanno avuto il loro inizio dopo che Scelba, uno sciacallo della politica italiana, ha comandato il licenziamento dei lavoratori comunisti dalla polizia e dalle industrie della difesa. I lavoratori rifiutati dalle aziende sono diventati artigiani e lavoratori autonomi e hanno dato vita alle cooperative, a consorzi e altre forme associative che oggi fanno la ricchezza della regione.
Nel 1963 e poi nel 1973 e anni successivi, mentre tutti parlavano di congiuntura sfavorevole e crisi economica, l’Emilia Romagna prosperava. Gli economisti spiegavano il fenomeno come un caso strano o come un mistero. Ma tutto indica che la situazione di garanzia di lavoro e di stimolo al lavoratore generava - insieme alla presenza amichevole dei Sindacati e di associazioni di tutti i tipi - un clima democratico, di partecipazione. La democrazia delle cooperative, dei cittadini mobilitati per affrontare i problemi sociali bloccava i colpi delle svariate crisi o delle congiunture economiche sfavorevoli. Quale economista di tendenza neo-liberale avrebbe il coraggio di riconoscere quel fenomeno storico?
Nonostante la potenzialità del fenomeno cooperativo è vero che lo stesso Partito Comunista Italiano poche volte si è ricordato di includere il Cooperativismo come tema dei congressi e delle campagne politiche. Il Fascismo, però, ha avvertito il pericolo rappresentato dalle Cooperative ed ha cercato di distruggerlo appropriandosi del loro patrimonio. Dopo la Liberazione, superato il nazifascismo, è stata la Resistenza a introdurre l’Articolo 45 della Costituzione Italiana, che dispone sulla Cooperazione legittimandola come "senza finalità di lucro e di speculazione privata".
I partiti detti "democratici" di centro sinistra o di centro destra non hanno mai dato rilievo al Cooperativismo e oggi non si comportano diversamente. Riservano alla Cooperazione una retorica vuota di significato perché la loro vera ispirazione è il neo liberalismo, un mondo controllato dalle aziende nell’ossessiva ricerca del profitto. La Cooperazione non fa parte della loro cultura perché vedono il Capitalismo come una sorta di processo naturale che coinvolge tutte le attività umane. Secondo la mentalità neo liberale, le Cooperative dovrebbero comportarsi ed essere trattata da imprese secondo i canoni del capitalismo.
Perfino gli organi rappresentativi della Cooperazione italiana a volte, paradossalmente, insistono in una trasformazione dello spirito delle cooperative verso l’impresa. Alla fine del 1983 un congresso di cooperative italiane ha deciso di adottare il moto "cambiare l’organizzazione dei soci lavoratori organizzati in cooperative ad imprese cooperative formate da soci lavoratori", a indicare il nuovo carattere che vogliono dare alla Cooperazione questi signori di elegante mentalità neo liberale. A cosa servirebbe un tale disegno? A trasformare i soci lavoratori in azionisti e le Cooperative in aziende nel senso stretto della parola. Se una Cooperativa dev’essere un’impresa come qualunque altra avrà lo stesso profilo di un’azienda: scambierà la solidarietà con la concorrenza. Ma, dovuto all’origine diversa, le Cooperative trasformate in aziende finiscono per arrecare più danni alle altre Cooperative che alle vere aziende concorrenti.
Quando le Cooperative cominciano a comportarsi come imprese rischiano la perdita d’identità, non saranno né aziende né cooperative. Evolveranno in una sorta di limbo nel quale l’idea del lucro sostituisce la persona, l’essere umano. Poi, perché continuare ad essere Cooperative se, in pratica, queste funzionano come aziende? Soltanto per avvalersi delle agevolazioni fiscali storicamente conquistate dalle vere cooperative come fanno gli imprenditori disonesti che fondano aziende travestite da cooperative?
I neo liberali del centro sinistra italiano hanno cercato di separare la Cooperazione dall’Associazionismo chiamandola Terzo Settore o Settore No Profit. Questa distinzione cerca di allineare le cooperative con le aziende comuni. Per cosa? Probabilmente per preparare una futura legislazione che modifichi lo status delle cooperative, facendo perdere loro il diritto che l’attuale legge italiana concede: la possibilità di reinvestire il profitto e di pagare meno tasse.
La conclusione è che le cooperative devono difendere la loro diversità giuridica per mantenere la diversità dal punto di vista fiscale. Però per mantenere la loro diversità giuridica è necessario che siano diverse, senza credere alle sirene della Lega delle Cooperative Italiane e ai politici neo liberali di centro destra e di centro sinistra, che esaltano un capitalismo popolare e il ruolo predominante delle finanze in una impresa cooperativa. Una Cooperativa non è un’azienda.
Un altro aspetto fondamentale della Cooperazione vera è l’attenzione al sociale, al rispetto per la cittadinanza, per l’economia popolare. È molto grave, per esempio, che alcune Cooperative Abitative di Bologna si comportino come vere aziende del settore immobiliare. L’iscrizione di soci serve soltanto per far vendere case a prezzo di mercato e non per unire i cittadini con la finalità di costruire insieme la propria casa, affrontando i costi e risparmiando il profitto del mercato e della speculazione edilizia.
Nelle periferie urbane il problema abitativo continua ad essere drammatico: il 75% degli italiani abita in affitto e tanti non dispongono di mezzi per prendere una casa, cio’ e’ dovuto al costo elevato dell’edilizia mentre le Cooperative Abitative continuano a costruire case per pochi privilegiati.
Nel caso delle Cooperative di Consumo, la Cooperazione deve lottare per la diminuzione dei prezzi e non per allinearli con quelli praticati dalle grandi aziende di distribuzione. La lotta per il risparmio popolare era la funzione originaria delle Cooperative di Consumo. La Cooperazione dovrebbe essere uno strumento di equilibrio dei prezzi di mercato, un deterrente alla speculazione, uno strumento dell’economia popolare.
Cooperative senza un profilo etico sociale dovrebbero rinunziare al titolo Cooperativa.
Per la Lega delle Cooperative Italiane, l’organo nazionale che dovrebbe rappresentare la Cooperazione in Italia, le Cooperative, paradossalmente, devono entrare nell’ottica della pura e semplice competizione come fanno le aziende. L’espansione delle Cooperative, secondo la Lega, dev’essere come quella delle aziende: illimitata, come il cancro. Secondo questa mentalità le Cooperative possono invadere altri territori senza pensare due volte alle conseguenze. Per esempio, fare come Manutencoop, di Bologna, che ha scavalcato la Cooperativa Sociale Noncello, di Pordenone, in un normale appalto per la pulizia di un ospedale di Pordenone, rendendo disoccupati disabili e persone in situazione di disagio.
Una Cooperazione reale è legata al territorio. L’espansione dev’essere limitata alla regione dove la Cooperativa esiste, anche se, per la solidarietà (non per il profitto, sia chiaro), i limiti possono trascendere i limiti del paese, in nome degli interessi dell’Umanità. Una Cooperativa non può dimenticare che le sue radici affondano nella solidarietà. Se la Cooperativa trova delle opportunità di lavoro in un dato territorio, lontano dalla regione dove esiste, deve costituire un consorzio con una Cooperativa locale. La mano d’opera, la popolazione e l’interesse del territorio sono prevalenti sul profitto.
Una Cooperativa non può allontanare i soci dalle decisioni fondamentali della vita sociale. La democrazia interna è assolutamente fondamentale per distinguere una Cooperativa da una azienda capitalista. L’Assemblea dei soci dev’essere sovrana. I soci devono prendere in mano la capacità di decidere, di partecipare, di dare il contributo per definire le vie più interessanti al corpo sociale.
Le imprese capitalistiche spesso adoperano un sistema di management della produzione (Total Quality Control) dove l’adesione dei lavoratori allo spirito dell’impresa è fondamentale. Le Cooperative italiane naturalmente hanno avuto questo potenziale grazie alla loro caratteristica democratica, orizzontale e solidale. Però sono arrivate in alcuni casi a detestare la partecipazione dei soci e l’etica del lavoro solidale. Sono diventate delle vere aziende con le caratteristiche dell’organizzazione capitalistica, a cominciare dallo sfruttamento dei lavoratori per alimentare il lusso dei veri padroni: i direttori, il Consiglio d’Amministrazione, gli impiegati di concetto e via dicendo.
La democrazia non è un lusso, è il sangue del Movimento Cooperativo. Nell’autentica Cooperativa ogni socio ha il diritto ad un solo voto nell’Assemblea, non importa quante quote possieda. Vale il voto come persona, non come azionista.
Gli stipendi dei soci lavoratori devono essere pubblicati e non nascosti in nome della privacy. La segretezza degli stipendi è tipica delle aziende per poter manipolare i dipendenti. Le differenze salariali non devono essere grandi, in nome dell’uguaglianza nel corpo sociale. Ognuno deve guadagnare per mantenere un’esistenza degna. Non è tollerabile l’idea di membri della direzione di una Cooperativa alla guida di macchine di lusso o che abitano in ville mentre i soci lavoratori, che generano la ricchezza, non guadagnano a sufficienza per sostentarsi.
Nelle false Cooperative gli stipendi dei soci lavoratori sono quasi sempre minori di quanto previsto nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro delle Cooperative. Ore di lavoro, turni e riposi sono anche altri punti di discrepanza. Molte volte queste situazioni sono stimolate dagli stessi appalti, che, anche se realizzati da enti pubblici, non prevedono il rispetto del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro delle Cooperative: vince il minor prezzo e basta. È ovvio che una Cooperativa "pirata" è in grado di offrire prezzi stracciati negli appalti, perché risparmia su quello che un’altra Cooperativa che rispetta i termini del Contratto spende.
Le Cooperative dovrebbero rispettare il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, ma lo Stato dovrebbe anche onorare i suoi compiti di garante della legge e dell’interesse pubblico: un appalto pubblico vinto da una Cooperativa che non applica il Contratto Collettivo Nazionale delle Cooperative è come minimo un attentato all’etica e alla moralità.
Per le Cooperative è rischioso crescere: a) in rapporto di esclusività con l’amministrazione pubblica e con le forze politiche al potere; b) all’ombra di una sorta di mercato protetto dove non esiste (o vi è impedita) la concorrenza, ma esiste soltanto un accordo per dividere la torta. Cambiamenti nell’orientamento politico dominante possono significare il fallimento di queste cooperative commensali.
Per difendersi dall’aggressività delle imprese capitalistiche e per proteggersi dalla disonestà dei politici, le Cooperative possono ricorrere alla strategia della costituzione dei consorzi, associandosi in grandi blocchi all’interno dei quali le Cooperative componenti scambiano lavori e sconti significativi nei prezzi di servizi e prodotti. I Consigli d’Amministrazione delle Cooperative partecipanti ai consorzi, formati in maniera trasversale con rappresentanti delle Cooperative sorelle, esercitano la sorveglianza per garantire la fedeltà ad un profilo etico.
Con il peso economico ottenuto con la creazione di un consorzio le Cooperative possono diventare un punto di riferimento nella dinamica finanziaria del loro territorio. Per esempio, possono scegliere e dare prestigio agli Istituti di credito locali e idonei eticamente compatibili con i principi universali della Cooperazione evitando gli affari con banche coinvolte con il traffico d’armi e altre nefandezze. Possono diventare un fattore determinante nello stabilire una politica di prezzi giusti e di rispetto del consumatore e della cittadinanza in generale.
Un altro aspetto molto importante per le Cooperative in consorzio è la formazione di un sistema di news management per gestire i rapporti con i media e mantenere l’opinione pubblica informata sul loro lavoro e sugli aspetti sociali associati alle attività svolte dalle stesse Coop. Le imprese capitalistiche e il mondo della politica, sovente, manipolano la stampa e lo fanno tramite l’offerta di materiale preconfezionato ai giornalisti che, per mestiere, vivono alla ricerca di novità. Perciò è necessario controbattere le forze del neo liberalismo tramite la creazione di un flusso permanente d’informazione destinato a rendere gli elettori e consumatori coscienti dell’importanza sociale delle Cooperative.
Le Cooperative esistono perché le persone si associano per creare un lavoro e per rendere migliore la loro condizione di vita. Questa è la regola più importante nella vita di una Cooperativa, in rapporto ai soci e in rapporto agli utenti dei servizi della stessa Cooperativa.
Difendere la Cooperazione fa parte della lotta per una società solidale, per la cittadinanza e per l’uguaglianza dei diritti. Non solo per una provincia, regione o paese, ma per l’Umanità.
Intervento al workshop di Itaca, Mumbai, 19 gennaio 2004.
Cooperativa Itaca