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G8:chi ha ordinato questo pestaggio cileno?
Publie le domenica 14 settembre 2003 par Open-PublishingChi ha ordinato questo pestaggio cileno?
di Piero Sansonetti
Sappiamo, con ragionevole certezza, che la polizia italiana, nel luglio del 2001, torturò senza motivo alcune centinaia di persone - commettendo il reato, finora inedito nel nostro Paese di «violazione dei diritti umani fondamentali» - e fabbricò delle prove false per accusare molti innocenti. Chi era a Genova in quei giorni aveva già maturato questa convinzione per conto suo.
Adesso però è la magistratura (lo Stato) che conferma il comportamento delittuoso della polizia (cioè dello Stato). Viene da sorridere amaramente ripensando al dibattito politico di quelle settimane: tutti i partiti chiedevano ai no-global e al feroce Luca Casarini di giustificarsi per le violenze e di fare atto di abiura. Adesso un’autorità dello Stato ci informa che svariati altissimi funzionari della polizia - questori, vicequestori, ufficiali - organizzarono una vera e propria mattanza, ben studiata e realizzata con atroce pignoleria. Proviamo a non farci trascinare dall’indignazione e a ragionare sui problemi nuovi che questo atto giudiziario apre di fronte alla nazione. E che vanno affrontati.
1)La giustizia camminerà per la sua strada. Nessuno deve essere considerato colpevole prima delle sentenze. Bisogna aspettare il rinvio a giudizio e poi il dibattimento. Ci vorranno mesi e anni. Però c’è una questione immediata, che è davanti a noi e preme: la credibilità della Polizia si è sbriciolata. Non è un problema rinviabile perché riguarda il corretto funzionamento di una delle attività principali dello Stato: il controllo dell’ordine pubblico. È evidente che una polizia accusata, ai suoi massimi livelli, di avere permesso o forse progettato azioni di tortura, di calunnia e di inquinamento delle prove, su un palcoscenico internazionale come era quello di Genova 2001 (nel corso di una clamorosa riunione degli otto leader più importanti del mondo ), è una polizia che ha perduto gran parte della propria dignità. Come può assolvere al suo compito se non si prendono provvedimenti immediati? Che fiducia può riscuotere dai cittadini? Provate a immaginare questa situazione: manifestazione dei no-global, scontri, arresti, accuse. Chiunque avrà il diritto di non credere alla versione della polizia e sospettare che le violenze siano state organizzate dallo Stato e le accuse ai manifestanti siano prefabbricate. Come può lavorare con tranquillità, in queste condizioni, il ministero dell’Interno? Qualcuno di voi si sente tranquillo sapendo che oggi ai vertici dell’antiterrorismo c’è un signore che la magistratura sospetta di avere organizzato sedute di tortura e di avere costruito prove contro i torturati?
2)Perché la polizia torni a recuperare la sua credibilità occorrono operazioni di risistemazione al suo interno. Possono i dirigenti operativi che hanno agito a Genova e protagonisti di simili violenze restare al loro posto?
3)I giudici di Genova hanno lavorato sul massacro alla scuola Diaz (la notte tra sabato e domenica) e sulle successive violenze gratuite e vili nella caserma di Bolzaneto. Dunque si sono occupati della polizia. A Genova però c’erano anche i carabinieri e hanno avuto un ruolo piuttosto importante. Forse hanno avuto il ruolo decisivo. Venerdì pomeriggio il 20 luglio del 2001 - i cordoni della polizia erano attestati a difesa della zona-rossa, cioè del centro di Genova che era stato blindato per difendere i capi di Stato del G8. Fino a lì il corteo dei no-global era legale. I carabinieri scavalcarono i cordoni della polizia, si sistemarono trecento metri più avanti, su via Tolemaide, e fecero partire una carica violentissima e immotivata che probabilmente la polizia non prevedeva; poi continuarono per tre ore a imperversare nel quartiere - che avevano completamente sotto controllo - fino al momento in cui uccisero Carlo Giuliani con una revolverata in faccia. Come mai i carabinieri si comportarono così? Come mai nessuno di loro è stato chiamato a rispondere? Come mai l’inchiesta sul carabiniere che ha ucciso Giuliani è stata archiviata? E poi altre due domande. Prima: qualcuno aveva spinto i carabinieri a tenere questo comportamento? Seconda: si innescò a quel punto una gara tra carabinieri e polizia a chi era più zelante, più violento diciamolo con una parola che è tornata in voga in queste ore: più fascista per ragioni politiche oscure e mai chiarite? E fu questa gara a provocare violenze, torture, pestaggi, spari?
4)Non ci sono risposte sicure a tutte queste domande. Ci sono però degli indizi. Uno, per esempio, che è sempre stato sottovalutato. Nella mattina degli scontri più gravi (quelli che portarono alla morte di Carlo Giuliani) nelle centrali operative dei carabinieri di Genova c’erano molti dirigenti di An, da poche settimane partito di governo. Non è una cosa normale che i politici si affianchino i carabinieri in servizio di ordine pubblico. In una delle caserme, quella di Forte San Giuliano (la più importante) c’era un parlamentare d’eccezione: Gianfranco Fini. Il vicepresidente del Consiglio. Lui si giustificò dicendo che era lì a portare la solidarietà. Fini arrivò in caserma alle 9 e mezzo del mattino, gli scontri iniziarono varie ore dopo. Solidarietà preventiva? Oppure il vicepresidente del Consiglio era lì per dare indicazioni, e in qualche modo ispirò il comportamento dei carabinieri? È legittimo sospettarlo, anche se è un’ipotesi gravissima. Che spiegherebbe però lo scavalcamento della polizia da parte dei carabinieri. E questo mette in discussione anche la credibilità del vicepresidente del Consiglio e il suo ruolo attuale.
5)Come si può pensare che il Parlamento non torni ad occuparsi della vicenda? Sono in gioco aspetti decisivi della vita pubblica. Il Parlamento deve accertare le responsabilità politiche e impegnarsi per assicurare al paese che tutto quello che è avvenuto a Genova nel 2001 non potrà più avvenire. Forse deve mettere mano ad una legge sulla tortura (che in Italia non esiste), forse deve preparare norme che permettano sempre di riconoscere i poliziotti in azione di ordine pubblico (come avviene in molti altri paesi del mondo, con la targhetta identificativa ben esposta), forse deve modificare le regole sui fermi e gli arresti e aumentare le garanzie per i cittadini. Il ministro Pisanu ha dichiarato imbarazzato: “Chi ha sbagliato pagherà”. Non vuol dire niente. Noi sappiamo con certezza, ad esempio, che il governo ha sbagliato. Pagherà?
Dall’Unita 13settembre