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Genova, 30mila imbavagliati a chiedere verità e giustizia

Publie le mercoledì 23 luglio 2003 par Open-Publishing

Sulle orme di Carlo

Genova nostro inviato

Ancora una volta Piazza Alimonda è piena all’inverosimile intorno a quel
tratto d’asfalto dove cadde Carlo Giuliani. Stavolta, però, sono tutti
imbavagliati per capovolgere il segno di un’archiviazione che vorrebbe
zittire la battaglia di memoria, verità e giustizia mai interrotta da quel
20 luglio 2001 quando, alle 17.27, un proiettile partito da una jeep dei
carabinieri ammazzò un ragazzo minuto, giovanissimo, coinvolto negli
scontri innescati da quegli stessi militari che alcune ore prima avevano
caricato a freddo il corteo dei disobbedienti che scendeva dal Carlini,
regolarmente autorizzato, per contestare la zona rossa.

Inutile cercare tracce di questo nella sentenza che scagiona il carabiniere
Placanica. Queste cose il corteo le sa. Grazie al lavoro delle
controinchieste. Grazie alla tenacia di Haidi, Giuliano ed Elena. Grazie al
comitato "Piazza Carlo Giuliani" per cui ora il nome del ventitreenne
genovese è lo stesso di una scuola per 620 bambini del Saharawi,
dell’adozione decennale di centinaia di bimbi dei Sud del mondo, di
un’ambulanza attrezzata che gira nel ponente genovese.

Un silenzio assordante cala dopo 12 minuti di applausi e pugni chiusi,
lacrime e abbracci nell’ora dello sparo scandita dalle sirene del porto.
Anziché procedere verso il centro della città, il corteo muove stavolta per
Via Tolemaide, dove scattò la trappola per decine di persone poi torturate
a Bolzaneto. Poi ripercorre a ritroso la strada di Carlo che, quel mattino,
era passato per Piazza Da Novi e Corso Torino, dove erano partite le prime
cariche a seminare scompiglio e terrore nella piazza tematica di operai e
contadini già sconvolta dalla marcetta dei tamburini in tuta nera. Verso il
mare, quando inizia a suonare una banda, il corteo calca le orme di chi fu
inseguito, pestato, intossicato dai gas, insultato da forze dell’ordine
apparentemente impazzite il giorno dopo l’uccisione di Carlo. Un brivido
scuote parecchi quando si sente l’elicottero ma è solo quello della
protezione civile, non sparerà lacrimogeni, stavolta.

A guidare la marcia lo striscione degli amici scritto per la prima
commemorazione, poi ci sono i comitati "Verità e giustizia per Genova" - di
vittime e familiari della Diaz e di Bolzaneto - e "Piazza Carlo Giuliani",
centinaia gli stranieri del forum sociale greco, britannici di Globalise
resistance e francesi, austriaci, spagnoli tra i quali i musicisti del
gruppo Ska P. I fiati e le grancasse del Torchiera, cascina milanese
occupata, intonano marce balcaniche e Bella Ciao e l’Internazionale mentre
sfilano i forum sociali genovesi e fiorentino, le bandiere della pace,
Medicina democratica, Attac, Legambiente, Cobas, Sin. Cobas, Rdb, le
federazioni liguri di Rifondazione con militanti, dirigenti e
amministratori locali, centri sociali toscani, liguri e lombardi, anarchici
genovesi e dal Ponte della Ghisolfa e il camion del Buridda da cui
trasmettono i pirati di Radio Babylon. Tra la folla, i personaggi
conosciuti dai tempi del Genoa social forum: Agnoletto, Bolini, Tartarini,
Nicotra, Bernocchi, Muhlbauer, Bruno, don Gallo, Enrica Bartesaghi,
Paladini, Mecozzi, Massimiliano Morettini, Fabbris, Chiara Cassurino alcuni
parlamentari del centrosinistra, i deputati di Rifondazione Ramon Mantovani
e Graziella Mascia. E anche volti di chi quel giorno non c’era, come il
console dei portuali Batini.

A conti fatti saranno 30mila tra corteo e concerto finale alla Fiera con
Modena City Ramblers, Casa del Vento e altri. Molti di più di quanto ci si
aspettasse sebbene non ci fossero treni speciali e pullman. Ne viene fuori
il quadro di partecipanti che si sono autorganizzati, senza appartenenze
predefinite, che in questi anni non hanno smesso di prendere parte alle
tante mobilitazioni. La città li ha accolti coi negozi aperti e ha
partecipato alle iniziative. Non così la giunta comunale che è rimasta
indifferente a questa umanità già vista ai cancelli della Fiat di Termini
Imerese, al Fse di Firenze, al 15 febbraio romano. Gente che scrive
messaggi a Carlo sui muri e che, alla fine, si mette a dormire in macchina
prima di ripartire mentre le file di veicoli delle forze dell’ordine si
incolonnano e lasciano anch’essi la città. Non prima di aver incassato
l’ironico applauso dei manifestanti. Haidi e Giuliano ringraziano e vengono
ringraziati, baciati, applauditi. Alla fine è stato quello che volevano
loro: una festa per il diritto alla vita di tutti, grazie a Carlo.

Checchino Antonini