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Genova in silenzio per Carlo Giuliani

Publie le mercoledì 23 luglio 2003 par Open-Publishing

Genova in silenzio per Carlo Giuliani
Un quarto d’ora di applausi in piazza Alimonda, bocche tappate al corteo per
ricordare l’omicidio. Tanta indignazione per i silenzi e le impunità,
partecipazione inferiore alle attese alle altre iniziative del movimento.

Risolto il giallo della «ragazza scomparsa» al G8
ANGELO MASTRANDREA
DI RITORNO DA GENOVA

Un solo lungo applauso di un quarto d’ora, occhi lucidi e tanta
indignazione, a testimoniare come la morte di Carlo Giuliani sia una ferita
ancora aperta per chi negli stessi giorni di due anni fa manifestò contro
gli Otto grandi riuniti a Genova. Poi un urlo collettivo, «Carlo è vivo e
lotta insieme a noi, le nostre idee non moriranno mai» e le note
dell’immancabile Bella ciao. Prima, un veloce passaggio del gruppo spagnolo
degli Ska-P, le musiche di Yann Tiersen, già colonna sonora del «Favoloso
mondo di Amelie» e di «Goodbye Lenin», rielaborate da un gruppo locale, e le
parole dal palco di Giuliano Giuliani, padre di Carlo, ancora una volta a
chiedere «verità e giustizia» per i fatti del G8. Di fianco alla chiesa, nel
punto in cui Carlo cadde sotto i colpi del carabiniere Mario Placanica,
fiori, tante lettere e addirittura una sciarpa del Palermo. Qualcuno
accenderà anche un fumogeno. Nella piazza si distribuiscono cerotti bianchi
per tapparsi simbolicamente la bocca contro le impunità, come avevano
chiesto i coniugi Giuliani.

Qualcuno ha già provveduto per conto suo,
qualcun altro pone rimedio con un fazzoletto bianco sul volto. Alle 17,27 di
domenica, l’ora dell’omicidio, la piccola piazza Alimonda è stracolma di
gente e di commozione. Ma questa volta ad accorrere sono stati molti meno
che lo scorso anno. Abbastanza per ricordare un «omicidio di stato», come
nei movimenti è percepita l’uccisione di Carlo, molti meno per poter
affermare che il movimento italiano riparte da Genova per superare l’impasse
del post-guerra in Iraq e del post-referendum sull’estensione dell’articolo
18. D’altronde, le assemblee dei giorni precedenti, dei movimenti sociali
come del Forum sociale europeo fino a quelle di alcune componenti del
movimento, avevano riguardato principalmente aspetti organizzativi. E ai
«tavoli» di discussione, sul Wto come sulla precarietà, ai dibattiti e alle
plenarie hanno partecipato quasi esclusivamente i più militanti. Il grosso
degli anti-G8 è invece arrivato solo per la «festa» di piazza Alimonda, il
successivo corteo silenzioso e il concerto finale.

Così hanno fatto i
bici-G8 partiti due giorni prima da Milano e tanti ragazzi e ragazze, spesso
molto giovani. Tra i 10-15 mila che sfilano su via Tolemaide e corso Torino
spuntano anche striscioni e qualche bandiera: il Forum sociale genovese, il
comitato «verità e giustizia» per Genova, Emergency, Che Guevara, i colori
della Palestina e dell’anarchia. Pochissimi i politici, presenti tutti i
volti noti del movimento, le delegazioni europee, i compagni di Carlo che
già la sera prima avevano esposto uno striscione al laboratorio Buridda, la
vecchia facoltà di Economia e commercio occupata e adibita a media center e
centro di convergenza per i no global in arrivo dal resto d’Italia.

Nessun
corteo separato come lo scorso anno ma solo una presenza defilata per i
«compagni dell’Inmensa», centro sociale genovese che ci teneva a smarcarsi
dalle «celebrazioni ufficiali», come si legge in un volantino affisso sui
muri della città. Ma c’è chi ha voluto ricordare Carlo in un modo diverso.
Come gli sgomberati del Rebeldìa di Pisa in assemblea nelle stesse ore, i
Disobbedienti che a Riva del Garda hanno srotolato da una torre nel centro
cittadino striscioni contro la riunione del Wto che si svolgerà lì dal 4 al
6 settembre e che propongono che il 20 luglio si trasformi in una giornata
europea di azioni diffuse, i 200 tedeschi in presidio davanti all’ambasciata
italiana a Berlino.

Il sentimento diffuso, a due anni dai fatti, è che ci sia una volontà di
occultare responsabilità e omissioni, politiche e personali. E che,
nonostante la proliferazione di filmati, foto e testimonianze, diversi
episodi risultino ancora poco chiari. Mentre gli unici a pagare potrebbero
essere ancora una volta solo i manifestanti: per una trentina di loro le
indagini sono in dirittura d’arrivo, qualcuno langue in carcere da ben otto
mesi e rischia davvero grosso. E’ il caso di Francesco «Jimmy» Puglisi,
recluso a Messina.

Alla vigilia dell’anniversario, il comitato piazza Carlo Giuliani aveva
lanciato un provocatorio invito al capo della polizia Gianni de Gennaro, al
comandante del I reparto mobile di Roma Vincenzo Canterini, all’ex questore
di Genova Francesco Colucci e al ministro della giustizia Roberto Castelli.
La richiesta di un incontro pubblico ovviamente non è stata neanche degnata
di una risposta, così come le domande che il comitato intendeva rivolgere ai
massimi responsabili dell’ordine pubblico nei giorni del G8. Domande
scomode, del tipo «signor Castelli, come mai lei ha dichiarato davanti al
comitato parlamentare d’indagine che "il campo di concentramento è
oggettivamente un termine che non ha un’accezione negativa di per sé"?».

A
Canterini si chiedeva invece come mai «in un’intervista del 16 gennaio ha
richiesto un’inchiesta parlamentare sui fatti di Genova per chiarire tra
l’altro "la presenza di esponenti politici in una sala operativa e non
nell’altra"». E all’ex questore «come mai a distanza di due anni non risulta
che nessuno dei poliziotti coinvolti abbia subito provvedimenti
disciplinari», mentre a De Gennaro perché se nel febbraio 2001 aveva emanato
una circolare sull’uso dei lacrimogeni solo come «rimedio estremo per
fronteggiare situazioni di particolare gravità» poi in due giorni, tra il 20
e il 21 luglio del 2001, ne sono stati lanciati addirittura 6.152.

Misteri che con ogni probabilità rimarranno tali, così come mai si accerterà
la verità giudiziaria sull’omicidio di Carlo Giuliani, dopo l’archiviazione
dell’inchiesta su Placanica. E’ per questo che c’è chi, come il verde Paolo
Cento, continua a chiedere ciclicamente l’istituzione di una commissione
parlamentare d’inchiesta, puntualmente inascoltato. Ancora ieri, si è
tornato a riparlare del «delitto fantasma» di una manifestante ripresa
esanime durante gli scontri, e della quale da allora non si è mai più saputo
nulla. Interrogazioni parlamentari e l’attenzione di Amnesty international
non avevano contribuito a risolvere il giallo. Il pm genovese Enrico Zucca
avrebbe ora risolto il caso, riuscendo a ottenere il filmato completo,
composto di due registrazioni.

La prima è quella nota di una giovane,
maglietta grigia, pantaloni neri e scarpe da ginnastica chiare, che si
allontana dagli scontri piuttosto spaventata ma viene colpita probabilmente
con un manganello e cade a terra. La seconda mostra la giovane esanime che
viene portata via ammanettata dai carabinieri. «Soccorsa» secondo la
versione ufficiale, «una vicenda che non può essere messa a tacere» per
Paolo Cento, per il quale sulla vicenda il ministro dell’interno Pisanu
(allora il ministro era Scajola) dovrebbe riferire in Parlamento.