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Gioco di prestigio (elettorale) sulle tasse

Publie le sabato 8 maggio 2004 par Open-Publishing

Berlusconi tenta di distrarre l’attenzione dall’Iraq e promette di ridurre la pressione fiscale
senza tagliare scuola, sanità, sicurezza e welfare

I suoi alleati, però, non ci credono

Annuncia, anticipa, promette. Però nel dettaglio non entra, sui lineamenti della imminente riforma
fiscale fioccano ipotesi e indiscrezioni, nessuna delle quali confermata dai soli governanti che
conoscano davvero il progetto: Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti. Di certo della riforma non
discuterà oggi il consiglio dei ministri. Prima è necessario il vertice di maggioranza, non ancora
convocato. Poi, la settimana prossima, ottenuto il fondamentale semaforo verde dei leader del
centrodestra, il governo provvederà a ratificare. Silvio Berlusconi morde il freno.

Impaziente già dà per
cosa fatta la stoica riduzione. «Nella quotidiana lotta all’Italia degli sprechi e dei privilegi -
racconta - crediamo di aver individuato quali siano le spese da tagliare. Il progetto dovrebbe
consentire un taglio di spese pari a un punto del Pil: 12,5 miliardi di euro». Dove colpiranno le
forbici di Silvio e Giulio resta un segreto. Il cavaliere anticipa però che non si toccheranno «la
scuola, la sanità, la spesa sociale», e meno che mai «la sicurezza, che è uno degli obiettivi
primari del governo». Finiranno sotto le cesoie solo «sprechi e privilegi». Senza ulteriori
specificazioni. Quindi dal cilindro del presidente-prestigiatore usciranno, come da antica promessa, le due
aliquote al 33 e 23%. Tutto molto più semplice. Tutto infinitamente più economico.

La strategia del premier non potrebbe essere più chiara. Si tratta in primo luogo di spostare il
fulcro dell’attenzione, in fase pre-elettorale, dalla disastrosa spedizione irachena all’assai più
conveniente fronte del fisco. L’accoppiata vincente sarebbe qui rappresentata dalla richiesta del
«silenzio stampa», che servirà pure a non mettere in pericolo gli ostaggi, ma intanto riduce la
presenza televisiva del conflitto in Iraq, e da una campagna propagandistica martellante sulla
riforma fiscale.

La realizzazione della promessa più ambiziosa tra le tante dispensate dal premier dovrebbe poi
accreditare il valore della longevità del governo, una carta sulla quale Berlusconi ha puntato molto
ma per il momento senza il successo sperato. Una volta dimostrato che la «stabilità» non è un
vuoto record ma permette davvero di realizzare il programma annunciato, tutto, nelle speranze di
Berlusconi dovrebbe però cambiare. Non a caso, proprio mentre illustra l’imminente taglio delle tasse,
specifica che «è difficile non ammettere l’importanza della stabilità, che ci permetterà di essere
non solo l’esecutivo più longevo della storia della republica, ma anche il primo e unico a
mantenere le promesse fatte agli elettori».

Infine una campagna elettorale centrata tutta sul fisco dovrebbe stringere all’angolo gli
avversari, costringendoli a rivestire i panni scomodi e quanto mai impopolari dei paladini delle tasse.

Sulla carta, la strategia di palazzo Chigi è tra le più astute e vincenti. Nella pratica le cose
potrebbero rivelarsi assai meno brillanti. Ad accogliere con scetticismo e malumore i fragorosi
annunci del cavaliere non sono solo i sindacati (nella fattispecie hanno avanzato ieri dubbi in
quantità industriale Epifani per la Cgil e Pezzotta per la Cisl), non è solo l’opposizione (alla cui
incredulità hanno dato voce soprattutto Fassino per la Quercia, Letta per la Margherita e
Bertinotti, l’unico a denunciare il progetto di avvantaggiare ancora una volta le fasce sociali già
privilegiate). Ma dubitano anche e soprattutto i soci della Casa delle libertà. L’Udc in coro, per una
volta includendo il centrista più berlusconiano che ci sia, il ministro Giovanardi, ripete
martellante che sì, benissimo, figurarsi se non vogliamo tutti la diminuzione delle tasse, però per
spellarci le mani aspettiamo di vedere dove intendono prendere i fondi necessari Berlusconi e Tremonti.

Scettica anche An, che si riserve di commentare il piano quando sarà un po’ meno vago. Ma per quanto
riguarda An le indiscrezioni che circolano, se confermate, si rivelerebbero a dir poco
problematiche. Nonostante le promesse, che re Silvio non lesina mai, la maxiriforma finirebbe infatti per
penalizzare proprio quel ceto medio che Fini e il suo partito si sono impegnati a difendere ad ogni
costo. Se necessario, si sussura a mezza bocca, anche mettendo in crisi il governo per varare dopo
le elezioni un Berlusconi-bis.

Il Manifesto