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Giuliani: «Sarò a Riva in nome di Carlo»
Il padre del giovane ucciso: «Spero
che Colucci ora lasci manifestare»
Giuliano Giuliani, padre di Carlo, il ragazzo ucciso in piazza Alimonda a Genova, durante il
G8 di due anni fa
Di PIERANGELO GIOVANETTI
Ci sarà anche lui a Riva del Garda al controvertice dei no global. Giuliano Giuliani, padre di
Carlo, il giovane ucciso due anni in piazza Alimonda a Genova, durante il G8, parteciperà al
controforum della Baltera e al corteo che da Arco si snoderà a Riva, sabato 6 settembre. «Lo faccio per
Carlo, perché le sue battaglie possano andare avanti», dice. «Ma lo faccio perché con la generosità
di questo grande movimento possiamo cambiare il mondo». Quanto al vertice dei ministri degli
esteri, Giuliani ribadisce: «È illegale e non democratico, perché non affronta minimamente i problemi
reali che ci sono nel mondo». E sulle possibili violenze a Riva del Garda, aggiunge: «A Genova la
violenza l’hanno organizzata loro, i vertici della politica, i servizi. Mi auguro che Colucci a
Riva svolga il ruolo che a Genova non ha svolto».
Giuliani, perché dice che il vertice dei ministri europei di Riva è illegale?
«L’illegalità del vertice di Riva non sta nella forma, nel fatto che i ministri si trovino per
discutere. L’illegalità sta nel fatto che non affrontano i problemi gravissimi là dove esistono, ed
esistono nella fascia dei Paesi poveri, quelli esclusi dalla fascia dello sviluppo. E se non
affrontano quei problemi lì, non li risolvono neanche qui da noi. Difatti le fasce di povertà aumentano
anche da noi, le tutele dei deboli sono ignorate. Tutto questo è frutto di politiche scellerate,
di attenzione solo al potere finanziario, ai grandi gruppi, fuori da ogni regola. Ecco perché
queste riunioni non hanno legittimità, perché non affrontano le vere questioni del mondo, i problemi
reali. E l’unico modo per far risaltare questo, è contestarli».
Insomma, condivide la «disobbedienza» di Luca Casarini e i tentativi di bloccare il vertice.
«Io non sono per la violenza. Ma violenza è quella delle multinazionali che privano la gente dei
presidi sanitari. A questa violenza si risponde con la partecipazione democratica, con la
mobilitazione, con la voglia di cambiare. Noi abbiamo solo la forza delle nostre parole da contrapporre.
Loro hanno i giornali, le televisioni. Noi con la nostra mobilitazione convinceremo la gente che è
possibile un cambiamento della politica nazionale, europea, mondiale».
Non teme che questi proclami e inviti alla «disobbedienza» scateneranno atti di teppismo e
tafferugli, che a sua volta richiameranno reazioni violente da parte delle forze dell’ordine?
«Se a Riva non si organizzeranno le cose che sono state organizzate a Genova, non succederà nulla.
Perché a Genova la violenza l’hanno organizzata loro. L’esperienza vissuta, le testimonianze, le
fotografie, le riprese filmate, mi hanno dato questa ferma convinzione».
Loro chi?
«I vertici dell’ordine pubblico, i servizi. Il questore Colucci prima del vertice aveva discusso
alcune condizioni, poi invece si è fatto passare sulla testa decisioni altrui. Non ha svolto il
ruolo che avrebbe dovuto svolgere. Doveva garantire la libertà di manifestare, il diritto di
esprimere democraticamente il proprio dissenso anche radicale dalle scelte che vengono fatte. A Genova
abbiamo assistito a scene disgustose che hanno visto protagoniste le forze dell’ordine, specialmente
i carabinieri. Per fortuna non tutti sono così, e all’interno della polizia di Stato ci sono tante
persone che svolgono con dignità il proprio compito».
Ma la disobbedienza di Casarini, che lei condivide, non rischia di scivolare in violenza?
«La disobbedienza, quando investe personalmente la disponibilità delle persone, è una cosa da
rispettare. Quando hanno cercato di fermare i treni che portavano le armi, l’hanno fatto con i propri
corpi. Quella è disobbedienza meritevole del massimo rispetto e di considerazione».
È il ricordo di suo figlio Carlo che la spinge a venire a Riva?
«È un atto di rispetto per le scelte fatte da mio figlio. Quella di Carlo è una ferita che non si
rimarginerà mai. Ma a Riva vengo anche perché delle promesse fatte dai capi di stato a Genova,
nessuna è stata mantenuta. Nonostante la repressione, il tentativo di spaccare il movimento, di
isolarlo dalla rispettabilità e dal giudizio positivo dell’opinione pubblica, questa resistenza va
avanti».