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IRAQ: LA POPOLAZIONE CIVILE, PRIMA DI TUTTO OBBLIGHI DELLE PARTI COINVOLTE IN UN CONFLITTO ARMATO...

Publie le mercoledì 5 maggio 2004 par Open-Publishing

IRAQ: LA POPOLAZIONE CIVILE, PRIMA DI TUTTO
OBBLIGHI DELLE PARTI COINVOLTE IN UN CONFLITTO ARMATO INTERNAZIONALE

Amnesty International chiede a tutti i governi che stanno prendendo parte alla guerra in Iraq di rispettare integralmente le disposizioni del diritto internazionale umanitario, conosciute anche come "leggi di guerra".

Il diritto internazionale umanitario è il corpo di regole e principi che cercano di proteggere coloro che non partecipano alle ostilità, inclusi i combattenti feriti o catturati, limitando i mezzi e i metodi della conduzione delle operazioni militari Lo scopo principale è quello di limitare e prevenire la sofferenza umana durante i conflitti armati. Le Quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 e i due Protocolli Aggiuntivi del 1977 costituiscono i principali strumenti del diritto internazionale umanitario e sono considerati parte del diritto consuetudinario, dunque vincolanti per tutti gli Stati a prescindere dalla ratifica delle Convenzioni.

IL PRINCIPIO DI DISTINZIONE

Uno dei principi - chiave del diritto umanitario internazionale è che devono essere prese tutte le misure possibili per distinguere tra persone e obiettivi civili da un lato, e combattenti e obiettivi militari dall’altro.

L’articolo 48 del I Protocollo Aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra esprime in questo modo il principio di distinzione: "Al fine di assicurare il rispetto e la protezione della popolazione civile e degli obiettivi civili, le Parti in conflitto dovranno in ogni circostanza distinguere tra popolazione civile e combattenti, e tra obiettivi civili e militari e conseguentemente dovranno dirigere le loro operazioni solo contro obiettivi militari".

L’articolo 52 afferma che "gli obiettivi civili sono tutti gli obiettivi che non sono obiettivi militari". Questi ultimi sono descritti dal successivo articolo 53 come segue: "Quegli obiettivi che per la loro natura, locazione, scopo o uso danno un effettivo contributo all’azione militare e quelli la cui totale o parziale distruzione, cattura o neutralizzazione, nelle circostanze del momento, offrono un chiaro vantaggio militare". Nel caso in cui non sia chiaro che un obiettivo è utilizzato per scopi militari, lo stesso articolo precisa che "si dovrà presumere che non lo sia".

ATTACCHI INDISCRIMINATI E SPROPORZIONATI

I governi coinvolti nella guerra devono impartire chiare istruzioni alle loro forze armate affinché evitino attacchi contro la popolazione civile od obiettivi civili, attacchi in cui non sia possibile distinguere gli obiettivi militari da quelli civili e attacchi che, pur avendo obiettivi militari, abbiano un impatto sproporzionato sulla popolazione civile.

L’articolo 51 (4) del I Protocollo Aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 1949 proibisce attacchi indiscriminati, inclusi "quelli che impiegano un metodo o mezzo di combattimento che non può essere diretto a uno specifico obiettivo militare" e "quelli che impiegano un metodo o mezzo di combattimento i cui effetti non possono essere limitati come richiesto dal Protocollo". Gli attacchi indiscriminati "hanno la caratteristica di colpire obiettivi militari e la popolazione civile od obiettivi civili senza distinzione".

A sua volta l’articolo 51 (5) proibisce attacchi "che si prevede possano causare perdite accidentali di vite civili, il ferimento di civili, danni a obiettivi civili, o una combinazione di questi elementi, che potrebbero risultare eccessivi rispetto al vantaggio militare diretto e concreto" conseguito da tale attacco.

L’articolo 57 (2) specifica le misure precauzionali che devono essere predisposte dalle parti che dirigono un attacco. Il paragrafo (b) specifica che "un attacco deve essere cancellato o sospeso" se appare chiaro che esso è assume la natura prevista dall’articolo 51 (5).

L’articolo 51 (2) proibisce attacchi "il cui scopo principale sia di diffondere il terrore tra la popolazione civile" (nostra enfasi).

ARMI INDISCRIMINATE

Come già ricordato, l’articolo 51 (4) del I Protocollo alle Convenzioni di Ginevra proibisce gli attacchi "che impiegano un metodo o mezzo di combattimento i cui effetti non possono essere limitati come richiesto dal Protocollo"

L’effetto indiscriminato di un’arma può derivare da vari fattori: le sue caratteristiche, le intenzioni e la preparazione professionale di chi la impiega e le circostanze delle operazioni in cui essa è usata.

Amnesty International si oppone all’uso di armi intrinsecamente indiscriminate come le armi biologiche, chimiche e nucleari e le mine anti-persona. Amnesty International chiede inoltre la sospensione dell’uso di bombe a grappolo e di bombe all’uranio impoverito.

"SCUDI UMANI"

Il I Protocollo alle Convenzioni di Ginevra, all’articolo 51 (7), proibisce l’uso di tattiche come l’uso di scudi umani, per impedire un attacco nei confronti di obiettivi militari. Esso specifica inoltre che anche se una parte si ripara dietro a civili, questa violazione del diritto internazionale "non solleverà le parti in conflitto dai loro obblighi legali rispetto alla tutela della popolazione civile e dei civili".

Inoltre, l’articolo 50 (3) stabilisce che "la presenza tra la popolazione civile di individui che non sono classificabili come civili non toglie alla popolazione il suo carattere civile".

RAPPRESAGLIE

Il I Protocollo alle Convenzioni di Ginevra vieta espressamente ogni attacco diretto contro civili, compresi gli attacchi lanciati come rappresaglia. L’articolo 51 (6) stabilisce che "gli attacchi contro la popolazione civile o contro obiettivi civili attraverso rappresaglie sono proibiti". Il I Protocollo proibisce inoltre attacchi contro obiettivi civili (articolo 52.1), beni culturali e luoghi religiosi (articolo 53.c), obiettivi indispensabili per la sopravvivenza della popolazione civile (articolo 54.4), l’ambiente naturale (articolo 55.2) ed opere e installazioni contenenti materiali e sostanze pericolose (articolo 56.4).

Oltre a tutelare i civili e gli obiettivi civili dalle rappresaglie, il I Protocollo proibisce rappresaglie contro altri non combattenti, come i feriti, gli ammalati, i naufraghi, le strutture mediche e il loro personale. Inoltre, la Terza Convenzione di Ginevra vieta "misure di rappresaglia contro i prigionieri di guerra".

TRATTAMENTO DEI PRIGIONIERI DI GUERRA

L’articolo 13 della Terza Convenzione di Ginevra stabilisce che "i prigionieri di guerra devono essere trattati umanamente in ogni circostanza" e "devono essere protetti in ogni circostanza, soprattutto nei confronti di atti di violenza e intimidazione, degli insulti e della curiosità del pubblico". L’articolo 14 aggiunge che "i prigionieri di guerra hanno diritto in ogni circostanza al rispetto della propria persona e del proprio onore".

La tortura e i maltrattamenti nei confronti dei prigionieri di guerra costituiscono una "grave violazione della Convenzione" (articolo 130).

L’articolo 4 definisce le categorie che hanno diritto allo status di "prigioniero di guerra":

1. gli appartenenti alle forze armate di una parte in conflitto, così come gli appartenenti a milizie o corpi volontari che fanno parte di tali forze armate;

2. gli appartenenti ad altre milizie o altri corpi volontari, compresi i movimenti organizzati di resistenza, di una parte in conflitto e che operano all’interno o all’esterno del proprio territorio, anche se questo è occupato, purché soddisfino le seguenti condizioni:

 operare sotto il comando di una persone responsabile dei propri sottoposti;

 avere segni distintivi riconoscibili a distanza;

 portare apertamente armi;

 condurre le operazioni militari secondo le leggi e le consuetudini di guerra;

3. gli appartenenti a forze armate regolari che professino fedeltà a un governo o una autorità che non sia riconosciuta dalle forze che detengono i prigionieri.

L’articolo 5 precisa che "nel caso sorgesse un dubbio se una persona, avendo commesso un atto di belligeranza ed essendo caduta nelle mani del nemico, appartenga a una delle categorie elencate nell’articolo 4, questa persona dovrà beneficiare della protezione della presente Convenzione fino a quando il suo status non verrà determinato da un tribunale competente."