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Il nostro referendum

Publie le martedì 17 giugno 2003 par Open-Publishing

Abbiamo perso il referendum.
Un referendum che sentivamo profondamente NOSTRO, che avevamo
sostenuto fin
dall’inizio, raccogliendo le firme prima e poi costituendoci
in comitato per
il Sì. In maniera unitaria, al di la’ delle differenze, TUTTI
i delegati
sindacali della nostra azienda sia iscritti alla Cisl di
Pezzotta piuttosto
che alla CGIL di Cofferati, avevano compreso il valore del
referendum. E
siamo stati FIERI di esserci trovati in compagnia della Fiom,
della Cgil,
dei Cobas,dell’Arci, dei Social Forum come di tanta parte
della societa’
civile e del cattolicesimo solidale. Non citiamo volutamente
i partiti che
hanno sostenuto il Sì (con i loro indubbi meriti) perchè
siamo arcistufi di
sentir parlare di "referendum di Bertinotti".
Rispettiamo, ovviamente, la volontà popolare, anche se
espressa con una
modalità, quella dell’astensione, che, pur legittima,
mortifica la funzione
del referendum.
Interpretare correttamente questa volontà sarà il passatempo
preferito(e
spesso inutile) dei commentatori.
L’unica cosa certa e’ che le ragioni che un ampio fronte trasversale
portava a sostegno dell’ipotesi astensionista verranno presentati come
ragioni vincenti.
Rivediamole insieme queste ragioni "vincenti" del fronte astensionista
trasversale (da D’Amato a Fassino, da La Russa a Scalfari) e
vediamone le
conseguenze:

1- il referendum sarebbe stato una regolamento di conti interno alla
sinistra
Se fosse così (fortunatamente non e’ così) avrebbe "vinto" la sinistra
liberista(che ama definirsi "riformista") contro quella non
liberista (che
viene definita "massimalista" ).
Questa sinistra liberista condivide con la destra liberista
il subordinare
l’utilità sociale alle esigenze d’impresa, ritenendo che solo le
agevolazioni all’impresa ed ai suoi proprietari (riduzioni di
costi, sgravi
fiscali, flessibilità nel mercato di lavoro, deregolamentazione ecc.)
possano ripristinare un ciclo virtuoso economico a beneficio
di tutti. In
questa ottica una maggiore tutela dei lavoratori a tempo indeterminato
(nonchè dei precari di ogni tipo) viene vista come
"disastrosa" mentre una
maggiore modulazione delle regole esistenti (inclusa la
deroga all’art.18
contenuta nella legge delega) e’ una "sana riforma" e la
distruzione della
previdenza pubblica una "riforma strutturale".

2- la vittoria dei Sì sarebbe stata un disastro per lo
sviluppo economico
Dicevano lo stesso quando e’ stato introdotto la Statuto dei
Lavoratori o la
settimana lavorativa di 40 ore. Lo sviluppo evidentemente non
lo sapeva dato
che dopo queste riforme ha continuato a crescere! Ma che
vergogna mettere in
contrapposizione l’estensione di tutele e lo sviluppo economico! Cosa
c’entra lo sviluppo con l’arbitrio di cacciare via un lavoratore
ingiustamente, dandogli 6 mesi di stipendio? E’ questo
modello, rozzo e
brutale, di relazioni interpersonali che avrebbe vinto?

3- la vittoria dei Sì avrebbe aumentato il ricorso al lavoro
nero(ovvero
aumentato i disoccupati, impedito nuove assunzioni, colpito
l’artigianato
ecc)
C’e’ il piccolo dettaglio che la situazione così come è, e
come rimarrà a
causa della vittoria del fronte trasversale astensionista , ha fatto
esplodere un processo permanente di esternalizzazioni(l’80%
delle imprese
sono sotto i 15 dipendenti) e subappalti a cascata verso una
flessibilita’
sempre maggiore, un lavoro sempre più grigio(co.co.co,
interinali, tempo
parziali, autonomi...), al cui fondo c’e’ proprio il lavoro
nero(che e’
aumentato, non diminuito, in questi anni di "riforme") che e’ il vero
elemento fondante della nostra economia a scapito
dell’innovazione e della
ricerca.

Tutti quelli che si sono astenuti aderiscono davvero a
queste tesi? NOI NON
LO CREDIAMO. Crediamo invece di non essere stati capaci di
far capire il
contenuto di merito e le opportunità offerte dal referendum.
MA NON E’ CHE
L’INIZIO. Come dice Epifani gli undici milioni di Sì "danno
la forza per
continuare a lavorare perchè sia possibile dare ai lavoratori
i diritti che
si aspettano". E tutti noi continueremo a lavorare con la massima
determinazione insieme agli UNDICI MILIONI di italiani che
hanno votato Sì e
che si sono visti scippare la vittoria, per costruire una
nuova stagione dei
diritti e della pace.

Tonio Rossa
delle Rappresentanze Sindacali Unitarie Wind di Bologna