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Iran, Berlusconi postino di Bush

Publie le venerdì 1 agosto 2003 par Open-Publishing

Iran, Berlusconi postino di Bush
di Bruno Marolo

George Bush ha chiesto a Silvio Berlusconi di
togliergli le castagne dal fuoco in Iran. Ha troppi
guai, in America e all’estero, per minacciare di
guerra i due paesi intenti a produrre sotto il suo
naso le armi atomiche che Saddam Hussein non ha mai
avuto. Cerca aiuto in tutto il mondo, chiama a
raccolta i fedelissimi, implora la Cina di fare
pressioni sulla Corea del Nord e l’Europa di aiutarlo
a convincere l’Iran al disarmo. In Europa, per sua
fortuna, c’è un presidente di turno pronto a
recapitare i suoi messaggi, e a sostenere i suoi
interessi.

«Nel mio ranch in Texas - ha rivelato Bush - ho
passato un po’ di tempo con Silvio Berlusconi e gli ho
parlato della necessità che l’Europa mandi all’Iran un
messaggio molto chiaro, insieme agli Stati Uniti.
Ricorderete anche che ho parlato al mio amico, il
presidente russo Vladimir Putin, della necessità di
stare attento al desiderio degli iraniani di avere
un’arma nucleare».

Per un’ora, nel giardino delle rose della Casa Bianca,
il presidente americano ha sopportato senza battere
ciglio il sole di luglio che gli martellava in faccia
mentre la stampa lo martellava di domande. Aveva preso
stoicamente posizione in piena luce, in giacca e
cravatta, per offrire una inquadratura migliore alle
televisioni. Si preparava a partire per un mese intero
di vacanze in Texas e sapeva di lasciarsi alle spalle
una nazione preoccupata per le guerre senza fine e
l’economia in crisi. Aveva preso visione dell’ultimo
sondaggio, secondo cui soltanto il 47% degli elettori
ha intenzione di votare ancora per lui l’anno
prossimo. Doveva rispondere e lo ha fatto a modo suo,
cercando di nascondere gli scandali sotto la bandiera
del patriottismo e assicurando che la guerra continua
ma egli non ha intenzione di attaccare altri paesi.

«Credo veramente - ha detto - che possiamo risolvere
pacificamente i problemi con l’Iran. Credo però che ci
vorrà uno sforzo collettivo delle nazioni, in tutto il
mondo e particolarmente in Europa, per lavorare con
gli Stati Uniti e parlare chiaramente al governo
iraniano». Ha aggiunto che «sarebbe molto utile» se
l’Iran restituisse i dirigenti di Al Qaeda arrestati
ai paesi di origine, dove probabilmente potrebbero
essere interrogati da agenti americani. Sembra di
capire che questo tipo di favori farebbe perdonare
anche i progetti nucleari. I tempi in cui Bush
inventava l’«asse del male» sono lontani. Oggi il
presidente Usa un tono dimesso anche nei confronti
della alla Corea del Nord, che ha messo in funzione un
secondo impianto per la produzione di armi nucleari:
«Ho appena parlato con il presidente cinese Hu Jintao,
gli ho chiesto di aiutarmi a convincere i nordcoreani
che fabbricare queste armi non è nel loro interesse».

Questa rassegnazione, questa voglia di pace,
contrastano con l’aggressività di Bush quando si
affronta il tema dell’Iraq, dove non c’erano armi
nucleari e dove l’occupazione americana si scontra con
una ostinata resistenza. Di fronte all’accusa di avere
travisato le valutazioni dei suoi stessi servizi
segreti per giustificare la guerra, il presidente ha
risposto a muso duro: «Mi assumo la responsabilità
personale per tutto quello che dico. In Iraq i nostri
investigatori sono alla ricerca delle armi proibite e
scopriranno la verità. Non crederò mai
all’autocontrollo e alla buona volontà di nemici
pericolosi quando sono in gioco le vite dei cittadini
americani».

Non si fidava dell’Iraq, dove non c’erano armi di
sterminio e gli ispettori dell’Onu vigilavano, ma è
costretto a fidarsi dell’Iran e della Corea del Nord,
dove le armi sono quasi sicuramente presenti e gli
ispettori assenti. Ma l’eco delle sue incaute parole
davanti al Congresso non si spegne. Nella conferenza
stampa di ieri qualcuno ha domandato se la consigliera
per la sicurezza nazionale Condoleezza Rice subirà le
conseguenze per non avere tenuto conto dei rapporti
dei servizi segreti, che avevano messo in guardia la
Casa Bianca contro le voci infondate su un tentativo
dell’Iraq di acquistare nel Niger l’Uranio per una
bomba nucleare. «Condolezza Rice - ha risposto Bush -
è una persona sincera e favolosa. L’America è
fortunata di averla come consigliera per la sicurezza
nazionale. Punto e basta».

La signora Rice aveva ben altre ambizioni prima dello
scandalo. Sperava di diventare governatore della
California, o addirittura di sostituire Dick Cheney
come vice presidente degli Stati Uniti. La storia
dell’uranio del Niger ha lasciato aperte tre
possibilità. O Condoleezza Rice non ha letto i
rapporti dei servizi segreti su un tema vitale per la
sicurezza nazionale, e allora non è all’altezza del
suo incarico. Oppure li ha letti e non li ha capiti,
il che sarebbe peggio. Oppure ancora li ha letti e li
ha capiti, ma ha fatto finta di nulla per ragioni
politiche, ma gli elettori americani non tollerano
questo genere di calcoli. Il posto della consigliera
per la sicurezza nazionale è sicuro almeno fino alle
elezioni dell’anno prossimo, ma la sua carriera non
andrà oltre. Punto e basta.