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Iran: battagia per la democrazia.

Publie le lunedì 30 giugno 2003 par Open-Publishing

L’Iran e’ il piu’ estremo dei paesi del medioriente. Estremo per posizione geografica, per dimensioni, per sistema politico.

Da quando l’ex Persia ha preso questa denominazione e’ stato inserito nel novero di quei paesi nemici dell’Occidente. Con la recente guerra al terrorismo di Bush e dopo l’invasione dell’Iraq l’Iran e’ divenuto l’altra faccia della medaglia mediorientale.

Se in Palestina si giocano le ultime carte di una partita che deve avere una sola possibile fine, in Iran sta succedendo qualcosa di altrettanto importante.

Dal 10 giugno scorso gli studenti, ma poi anche gli operai, sono scesi in piazza contro il progetto di privatizzazione delle universita’, ma da subito contro il regime degli ayatollah giudicato inadeguato a guidare una societa’ civile ormai rivolta al futuro.

Una societa’ civile che e’ si occidentalizzata per consumi e bisogni, ma e’ fortemente radicate nella cultura iraniana ed islamica. Il vero attrito non e’ tanto tra globalizzazione e cultura locale, ma piuttosto tra chi vuole separare nettamente politica e religione e chi invece insiste per volerle unite.

Solo 2 settimane fa il noto opinionista del NewYork Times, William Safire, sosteneva che il regime iraniano non poteva venire a patti, o per lo meno rispondere all’ondata di contestazione studentesca, perche’ la societa’ e’ spaccata in due tra fondamentalismo e modernita’.
Aprire alle istanze progressiste avrebbe portato comunque ad una probabile rivolta ben piu’ ampia di quello che vediamo oggi.

D’altronde sempre il NewYork Times ci informa (Student Arrests Spark Defiance in Iran, 29/06/03) che il regime degli ayatollah ha scelto la via della repressione, forse convnvito che si possa riportare indietro in eterno le lancette della storia ad un improbabile status quo.

4.000 fermi, dei quali 2.000 ancora in essere, dimostrano il terrore, ormai panico, del regime per una protesta che coinvolge probabilmente molto piu’ degli 8.000 studenti dichiarati.

Allahbadashti, uno dei pochi leader studenteschi non ancora incarcerati, sottolinea come in questa crisi il regime di Khamenei abbia completamente perso la propria legittimita’. Considerazione che ci fa supporre che la strada intrapresa con queste proteste e’ senza ritorno ed il tentativo di ripristinare l’equilibrio fondamentalismo vs modernismo e’ ormai una pia speranza.

D’altronde Ali Ghaderi, leader dell’opposizione Fedaian in esilio, intervistato dal sito informationguerrilla.org parla di regime allo sbando e protesta ancora viva e sostenuta da settori economici importanti quali quello petrolifero e tessile.

Ghaderi e’ convinto che ormai la protesta sia incontrollabile e rimarca con forza che non e’ una rivoluzione eterodiretta e finanziata dagli USA, ma lo sbocco di 10 anni di continui attriti (ed aggiustamenti) tra la societa’ civile e gli ayatollah.

La posta in gioco pero’ e’ molto piu’ alta di un semplice avvicendamento al potere: una teocrazia non puo’ sopravvivere in presenza di due verita’. Non sorprende infatti che nella preghiera del 27 giugno l’Imam di Teheran abbia accusato gli studenti e gli operai in lotta di essere negatori di Dio dando mano libera ai pasdaran.
D’altronde tra i 4.000 studenti arrestati, non si sa piu’ nulla di 560, che macabramente si inizia a chiamare desaparecidos.

Anche se la repressione da’ l’impressione di aver fiaccato le proteste, tutti sanno che e’ il 9 luglio la data cruciale. L’opposizione ha gia’ detto che, con o senza autorizzazioni, sara’ in corteo a Teheran. Il 9 luglio del 1999 il regime iraniano affogo’ nel sangue una delle piu’ imponenti ondate di proteste studentesche, la commemorazione di questa data rischia di essere la miccia che inneschera’ una serie di eventi il cui esito rimane difficilmente ipotizzabile.

Il silenzio dei media, dei governi e dei movimenti occidentali non puo’ spiegarsi flebilmente con la sosta dell’attivita’ politica nei mesi estivi.
Non e’ possibile perdere un appuntamento con la storia di questa portate solo perche’ gli USA guardano favorevolmente al cambio di regime.

Un movimento internazionale capace di smuovere le coscienze occidentali e di dare un appiglio all’incerto Khatami, leader sinora dell’ala modernista del regime, non solo e’ necessario, ma doveroso. Un Iran capace di uscire dal fondamentalismo religioso con le sue sole forze puo’ essere un esempio, un modello per tutte le giovani democrazie islamiche.

Un Iran che si modernizzasse a seguito di moti di piazza e di spinte sociali sarebbe la piu’ forte risposta al disegno conquista e modella con cui Bush tenta di trasformare l’Iraq.

Se un altro mondo e’ possibile questo non deve tollerare i fondamentalismi religiosi, economici ed ideologici.