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da "il manifesto" 8-10-2003
LA NOTTE BRAVA DEI MARINES
(Benevento)
Soldati Usa massacrano 4 giovani. La polizia li lascia fare
Bastoni e cinepresa L’aggressione è avvenuta in due riprese con tanto di
caccia all’uomo. Le vittime: «Abbiamo chiesto aiuto al 113 ma ci hanno
risposto di rivolgerci al consolato americano. Mentre ci picchiavano
riprendevano il pestaggio con una macchina digitale»
FRANCESCA PILLA
NAPOLI
Prima sono stati inseguiti a piedi e pestati, poi è iniziata la caccia
all’uomo in automobile, e dopo essere stati speronati e sbattuti
fuoristrada sono stati assaliti, picchiati ancora e ripresi con una
telecamera. Si è trattato di un raid all’apparenza senza una ragione,
quello che nella notte tra sabato e domenica scorsa, quattro marines,
appartenenti alle forze militari Usa in Campania, hanno portato avanti
nelle campagne beneventane ai danni di un gruppo di ragazzi poco più che
ventenni. La presenza di una telecamera farebbe pensare a una bravata da
commentare poi con altri militari comodamente seduti davanti il
videoregistratore, ma saranno le indagini a chiarire meglio la dinamica dei
fatti. Non è la prima volta che i soldati americani delle basi statunitensi
in Campania escono a far baldoria nei bar di periferia, provocando risse o
prendendo di mira gruppetti di giovani isolati. Il pestaggio dello scorso
week end è avvenuto anche grazie al mancato intervento delle forze
dell’ordine. Le vittime dell’aggressione quando hanno telefonato alla
vicina stazione di polizia chiedendo aiuto, hanno infatti ottenuto una
secca risposta: «Rivolgetevi al consolato».
Eppure se non se ne fossero lavate le mani, le forze dell’ordine avrebbero
potuto impedire la seconda aggressione degli americani, che in un’ora di
«ordinaria follia», non si sono accontentati di un solo «attacco» alla
comitiva napoletana, ma hanno deciso un secondo pestaggio dopo una
forsennata corsa in macchina.
La serata per i cinque amici era iniziata nel migliore dei modi dopo aver
deciso di partire da Napoli per andare alla sagra del fungo porcino che
ogni anno apre i battenti in ottobre nel piccolo paese di Cusano Mutri
(Bn). Buon vino e ogni specialità beneventana a base di funghi avevano
accompagnato la gita dei giovani. Al ritorno la brutta sorpresa. Carmine,
uno dei ragazzi vittime dell’aggressione, accetta un passaggio per
recuperare l’automobile lasciata in paese, mentre gli altri amici (tre
ragazzi e una ragazza) decidono di aspettarlo sul ciglio della strada. Dopo
qualche minuto un’Alfa 145 rossa, targata A.F.I. (Allied Forces Italy), con
una sonora sgommata gli chiude il passo. Escono quattro marines con in mano
mazze e bastoni, ridono e prendono in giro il gruppo. Uno dei quattro urla:
«I’m blind, i don’t see you» (Sono cieco e non riesco a vederti»), quindi
si avvicina a Angelo, uno dei ragazzi napoletani e inizia a bastonarlo.
Agli altri militari basta uno sguardo d’intesa, si danno il tempo «one,
two...», e partono rabbiosi contro la comitiva, risparmiando solo la
ragazza. Calci pugni e colpi di bastone, i giovani hanno la peggio, mentre
un marine munito di telecamera digitale riprende la scena. Pochi
interminabili minuti e i soldati montano sull’Alfa ripartendo a tutta
velocità. Ma non finisce qui. «Abbiamo subito telefonato alla polizia -
racconta Angelo - ma ci hanno detto di rivolgerci al consolato perché non
era loro competenza. E’ assurdo».
Così i giovani recuperano le autovetture e scappano dirigendosi verso la
stazione di polizia più vicina. Sulla strada però incontrano nuovamente i
marines, ne scaturisce un inseguimento ad alta velocità; la macchina A.F.I.
riesce a mandare fuoristrada l’Alfa 33 con a bordo Carmine e Dario. Bastoni
alla mano i marines sfondano i vetri della macchina e proseguono il pestaggio.
Finalmente vanno via. Carmine ha gli occhi gonfi e all’ospedale gli
confermano la frattura di entrambi gli zigomi, mentre gli altri riportano
contusioni su tutto il corpo. «Abbiamo denunciato l’accaduto - spiega
Angelo - ma il nostro avvocato non ci ha dato molte speranze. E’ difficile
portarli in tribunale per tentato omicidio. Eppure è un miracolo se siamo
ancora vivi».