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La minaccia atomica di Tel Aviv

Publie le sabato 11 ottobre 2003 par Open-Publishing

Sharon: «Colpiremo in ogni modo». Il nucleare militare israeliano
puntato, dal 1967, sulle capitali arabe

MANLIO DINUCCI

«Incoraggiato dall’appoggio americano - scrive Haaretz (8 ottobre) -
Sharon ha detto che Israele colpirà i suoi nemici "in qualsiasi luogo e in
qualsiasi modo"». Non solo la Siria, dunque, ma qualunque altro paese arabo
può essere colpito e «in qualsiasi modo», ossia con qualsiasi arma. Che cosa
egli intenda tutti i governanti lo sanno, anche se tacciono: Israele è
pronto a usare l’arma nucleare. La Bomba segreta, di cui tutti però
conoscono l’esistenza, continua così a svolgere un ruolo di primaria
importanza nelle crisi mediorientali.

La prima volta che le forze armate israeliane misero in campo
l’arsenale nucleare, costituito allora da poche bombe, fu probabilmente nel
1967 durante la Guerra dei sei giorni. L’Egitto, prima della guerra, aveva
cercato di ottenere dall’Unione sovietica armi nucleari, ma Mosca gliele
aveva negate. Le forze israeliane si prepararono di nuovo a usare le armi
nucleari quando, all’inizio della Guerra del Kippur, il 6 ottobre 1973, si
trovarono in difficoltà di fronte all’attacco egiziano e siriano. La
decisione venne presa segretamente, l’8 ottobre, dal primo ministro Golda
Meir e dal ministro della difesa Moshe Dayan: furono approntate 13 testate
nucleari da 20 kiloton per essere lanciate su Egitto e Siria dai missili
Jericho 1 e dai cacciabombardieri forniti dagli Usa. L’intera storia venne
in seguito fatta volutamente filtrare dai servizi segreti israeliani per
avvertire i paesi arabi che Israele aveva le armi nucleari ed era pronto a
usarle.

Ancora nel 1991, durante la prima guerra del Golfo, e nel 2003,
durante la seconda, le forze israeliane si prepararono a usare armi
nucleari. Oltre che nelle crisi, sicuramente gran parte di queste armi viene
tenuta pronta al lancio in qualsiasi momento.

Le forze armate israeliane posseggono, in base a diverse stime, dalle
200 alle 400 testate nucleari. Secondo l’autorevole rivista Jane’s, il loro
arsenale ne comprende circa 400 per una potenza complessiva di 50 megaton,
equivalente a 3.850 bombe di Hiroshima. Si tratta di armi «tattiche» di
bassa potenza, tra cui bombe al neutrone, adatte a colpire obiettivi non
molto distanti senza provocare una eccessiva ricaduta radioattiva su
Israele. Nell’arsenale ci sono però anche armi termonucleari di grossa
potenza, pronte all’uso. Come vettori nucleari, le forze israeliane usano
parte degli oltre 300 caccia F-16, forniti dagli Stati uniti, e 25 F-15
forniti sempre dagli Stati uniti. Questi ultimi sono stati potenziati,
aumentandone il raggio d’azione a 4.450 km e dotandoli di sistemi di guida
più sofisticati.

Gli aerei sono armati anche di missili aria-terra Popeye a testata
nucleare, in grado di penetrare a una certa profondità nel terreno per
distruggere i bunker dei centri di comando. Questo sistema d’arma -
acquistato dall’aeronautica statunitense e impiegato nel 1999, con testate
convenzionali, nella guerra contro la Iugoslavia - viene prodotto, testato e
migliorato attraverso un programma congiunto israelo-statunitense. Un’altra
versione dello stesso missile nucleare, il Popeye Turbo, è stata installata
su tre sottomarini Dolphin, forniti dalla Germania nel 1999-2000. La marina
israeliana può così mantenere in navigazione, sia nel Mediterraneo che nel
Mar Rosso e Golfo persico, ventiquattr’ore su ventiquattro, almeno due
sottomarini armati di missili nucleari.

Si aggiungono a questi vettori nucleari circa 50 missili balistici
Jericho II su rampe di lancio mobili, con una gittata di circa 1.500 km e un
carico bellico di 1 tonnellata. Una versione potenziata del missile, il
Jericho II B, è in grado probabilmente di raggiungere i 2.800 km. Israele
possiede inoltre lo Shavit, il razzo con cui dal 1988 mette in orbita i
satelliti Ofek. Derivato dal missile Jericho II, può a sua volta essere
usato come missile balistico che, con una gittata compresa tra 5.000 e 7.000
chilometri, è in grado di colpire qualsiasi obiettivo in Medio Oriente.

Oltre a sviluppare quantitativamente e qualitativamente il proprio
arsenale nucleare, i governi israeliani hanno cercato con ogni mezzo di
conservare in Medio Oriente il monopolio di tali armi, impedendo che i paesi
arabi sviluppino programmi nucleari, con i quali un giorno potrebbero anche
loro costruirsele. Fu in base a tale strategia, concordata con Washington,
che il 7 giugno 1981 Israele lanciò un attacco di sorpresa contro il
reattore Tammuz-1, che stava per entrare in funzione a Osiraq in Iraq. Un
piano analogo è, con tutta probabilità, già pronto nei confronti dell’Iran,
che il ministro degli esteri israeliano Shalom ha accusato di «voler
sviluppare un’arma nucleare»: «Ciò - ha sottolineato - costituisce una
minaccia non solo per Israele ma per il mondo intero». A lanciare l’allarme
è un governo che, a differenza di quello iraniano, non aderisce al Trattato
di non-proliferazione e, non sottoposto ad alcuna verifica da parte
dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, è l’unico in Medio
Oriente a possedere armi nucleari e a tenerle puntate sugli altri paesi
della regione.