Home > La nonviolenza, opzione matura ed efficace
Caro Sandro, cara Rina, da laico e materialista, non credo che esistano valori assoluti, al di
sopra di quelli che gli uomini e le donne costruiscono nella storia. Lo stesso campo dei valori è un
campo di lotta, di conflitti, di rapporti di forza. Il ripudio della guerra, impostosi alla metà
del Novecento, e così spesso ipocritamente aggirato, è stato dichiaratamente rimesso in discussione
all’inizio del nuovo secolo.
Le acquisizioni etiche che delineano un modello di civiltà non sono
irreversibili. Pure, il complesso e contraddittorio cammino dell’umanità ha prodotto principi di
convivenza e di civiltà, scaturiti da lotte, rivoluzioni e anche da ripetute sconfitte che hanno
preparato vittorie.
Il "non uccidere" non era inscritto nella natura umana ab aeterno, eppure ha finito con
l’affermarsi come principio basilare dell’etica e della convivenza civile, sebbene limitato da deroghe più o
meno numerose che ne giustificano la violazione. In questo senso credo che la nonviolenza debba
essere assunta come un carattere fondativo del progetto di società a cui alludiamo.
L’essere comunista nella nostra epoca significa anche essere, in quanto anticapitalista,
radicalmente ecologista, femminista, pacifista e nonviolento. Non si tratta dunque di una giudizio
retrospettivo e tanto meno retroattivo. La Resistenza armata è stata una scelta indiscutibilmente giusta;
ma va anche colto dialetticamente, nella nostra prospettiva, il dibattito che è esistito fra i
resistenti (a partire dal Pci) sulla necessaria alterità di concezione dell’uso della forza rispetto
ai nazifascisti, e sui limiti da porre conseguentemente all’esercizio stesso della violenza.
Non
si tratta neanche di una pretesa di giudicare le forme di lotta che concretamente si dispiegano
oggi nelle diverse realtà del mondo, soppesandole sulla base di criteri precostituiti. Si tratta di
far prevalere una spinta alla coerenza fra i caratteri del processo rivoluzionario e l’ideale di
civiltà che prefiguriamo, di superare nella pratica e nella cultura politica la separazioni dei due
tempi, que
llo dei mezzi e quello dei fini. Una coerenza che non esigiamo assoluta, ma visibile e credibile,
ricercata mediante l’accumulo di esperienza, la discussione e la condivisione.
Non stiamo parlando di un annuncio profetico, del sogno di un’utopia. La nonviolenza è un’opzione
che diventa matura ed efficace nell’epoca in cui i signori della guerra hanno un monopolio della
violenza inoppugnabile sul piano militare. La risposta terrorista non solo è moralmente
riprovevole, non solo è incapace di sconfiggere la guerra, ma la rafforza e la propaga con effetti
devastanti. Noi dobbiamo certamente distinguere fra il terrorismo e le forme legittime di resistenza armata
a una forza occupante, sancite dal diritto internazionale (o da ciò che ne resta). Ma non è questo
il punto.
Il punto è che la prospettiva avanzata dell’alternativa mondiale oggi è rappresentata da
un soggetto internazionale - il movimento per la pace e per "un altro mondo possibile" - che per
cultura, modalità e apparato simbolico rende credibile e praticabile l’esercizio di massa della
nonviolenza.
A questo movimento ci rapportiamo indicando nella nonviolenza l’opzione politica fondamentale. Che
è anche disobbedienza, boicottaggio, occupazione, picchetto, miriade di forme di lotta, di
resistenza e di opposizione. Forme che esaltano e moltiplicano esperienze che pure sono appartenute,
eccome, al movimento operaio.
E poi discutiamo in concreto, volta per volta. Io per esempio c’ero a Roma il 4 ottobre, e non
penso che privilegiare il fronteggiamento della polizia davanti alla "zona rossa" anche a costo
dell’autoscioglimento di un grande corteo sia stato un successo politico. Come non credo che sia stato
tale lo schieramento dei - e delle - disobbedienti con caschi, fazzoletti e scudi. Non scopro
niente di nuovo se dico che le forme di lotta, sul piano concreto e simbolico, devono interloquire
fecondamente con i caratteri di massa del movimento.
La partecipazione popolare ai blocchi stradali
in Basilicata ha scoraggiato qualsiasi velleità di intervento da parte delle forze dell’ordine. Le
pur durissime azioni di lotta dei ferrotramvieri hanno dimostrato, finora, una impensabile tenuta
nei rapporti di consenso con i cittadini e gli utenti. E ciò dovrebbe essere di lezione.