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La verità non si archivia

Publie le domenica 14 settembre 2003 par Open-Publishing

Diaz e Bolzaneto: verso il rinvio a giudizio di 73 funzionari e agenti

La verità non si archivia

Ci sarà finalmente un pubblico dibattimento per le violenze di polizia alla
Diaz e a Bolzaneto, nel luglio 2001, quando, secondo le denunce di
cittadini e movimenti, venne sospeso lo stato di diritto.
Proprio ieri la procura di Genova ha depositato l’avviso di chiusura
indagini a 73 tra dirigenti, funzionari e agenti di diverse forze
dell’ordine e ad alcuni medici. Questi i capi d’imputazione: abuso
d’ufficio, abuso d’autorità sugli arrestati, lesioni, percosse, ingiurie,
minacce, violenza privata ai quali si sommano falso e calunnia, per
l’accoltellamento inventato di un agente nella Diaz e per le molotov false,
e omissione di referto per i quattro medici presenti a Bolzaneto, caserma
della celere tramutata in carcere temporaneo per le retate del G8 dal
ministro Castelli.

L’avviso di chiusura indagini è l’atto che precede la richiesta di rinvio a
giudizio. Gli indagati hanno 20 giorni per chiedere nuovi accertamenti.
Tecnicamente è possibile qualche archiviazione. «Ma stavolta sarebbe
sorprendente se non ci fosse un rinvio a giudizio», commenta Lorenzo
Guadagnucci, giornalista fiorentino ferito gravemente nell’ala della scuola
divenuta dormitorio per molti manifestanti. Nell’altro edificio, dov’era il
media center, il raid fu bloccato per la presenza di un’europarlamentare
del Prc ma solo dopo il trafugamento dei computer dei legali di movimento.
Gli avvisi si riferiscono agli avvenimenti tra il 20 e 22 luglio 2001
subito dopo l’uccisione di Carlo Giuliani e dopo le cariche immotivate al
corteo del 21. 43 avvisi riguardano le vicende nel centro di detenzione che
il ministro Castelli visitò "senza notare nulla di strano". Gli altri sono
per l’irruzione nella scuola e la fabbricazione di false prove per
giustificare quella che il dottor Sgalla, all’epoca portavoce del capo
della polizia De Gennaro, definì «una normale perquisizione» mentre
sbarrava la strada, come mostra anche uno dei numerosi film sugli eventi -
a parlamentari e legali regolarmente nominati.

In realtà, all’interno della scuola, decine di persone furono violentemente
pestate, ferite, insultate, arrestate senza ragione visto che nessuno dei
fermi fu convalidato. La polizia parlò subito di «fitta sassaiola»
all’indirizzo di alcune volanti che avrebbe determinato la necessità di
un’irruzione, spuntò un celerino (Massimo Nucera) col giubbotto "spellato"
che disse di essere stato accoltellato da un’ombra in un’aula buia, furono
mostrate due molotov rudimentali e sequestrati un paio di temperini da
campeggio e gli attrezzi edili del cantiere in corso nell’edificio.
Ventisei mesi di indagini, condotte dai pm Zucca e Cardona, getteranno ampi
dubbi sulle versioni ufficiali ma è ancora tutta da chiarire la catena di
comando dopo le disinvolte versioni di ministri e comandanti alla
commissione conoscitiva bicamerale senza reali poteri che operò nelle
settimane successive ai fatti. «Sono 26 mesi che la Casa delle libertà
respinge al mittente le richieste per una effettiva inchiesta
parlamentare», spiega Giovanni Russo Spena, deputato di Rifondazione per il
quale «l’esito delle indagini riconosce la veridicità delle controinchieste
del movimento».

Nell’elenco degli indagati per Bolzaneto ci sono anche guardie carcerarie,
medici e l’allora vice capo della Digos, Alessandro Perugini, più celebre
per il video che lo immortala mentre pare prendere a calci un minorenne
retto da alcuni agenti. Per la Diaz, la novità è l’abuso d’ufficio
contestato all’attuale capo dell’antiterrorismo Francesco Gratteri, al suo
vice Gianni Luperi, al bolognese Lorenzo Murgolo e a diversi funzionari
(tra cui l’allora capo della digos genovese, Spartaco Mortola, e l’ex vice
di Gratteri allo Sco, Gilberto Caldarozzi) che firmarono i verbali di
quella notte. Vincenzo Canterini, capo del reparto mobile di Roma, il suo
vice Michelangelo Fournier e nove capisquadra sono indagati per concorso in
lesioni gravi. Non ancora identificati gli agenti che operarono travisati
nella scuola e nella caserma-lager.

«E’ un primo risultato - dice Laura Tartarini, avvocata genovese del Glf -
ora ci dovranno spiegare il perché di quelle violenze e chi le decise.
Anche se tutti gli indagati sono ancora al loro posto se non addirittura
promossi». La stessa amara constatazione dei disobbedienti che, in un
comunicato, ricordano il teorema giudiziario che ha portato in carcere 23
militanti con l’incredibile accusa di associazione sovversiva per i fatti
di Genova e avvertono dei rischi per la manifestazione del 4 ottobre a Roma
contro la Convenzione europea se «i pretoriani dell’Impero» dovessero
riproporre la faccia truce mostrata a Genova e, pochi giorni fa, in un
paesino della Bassa Padovana cuore del collegio elettorale di Ascierto, il
deputato di An, maresciallo dei cc, che accompagnò Fini nella sala
operativa dei cc di Genova quel maledetto 20 luglio.

Checchino Antonini